Cin – Cin Buon Anno!!

Un amico senza umorismo è come lo champagne senza bollicine.
(Nadine de Rothschild)

Spumante o champagne

Quando mi cimento a scrivere sul blog….verifico che sempre più spesso la mente volge il disio…
Che sia diventato diversamente adolescente?

Si tirava a far tardi, ma per noi piccoli era una fatica reggere i tempi dei genitori. L’occhio diventava piccino e tendeva a chiudersi in una fessura impercettibile. Ma dovevo resistere, perché ancora non era arrivato il pezzo forte della serata: all’improvviso si spegnevano le luci e, nel silenzio, il tremolio delle candele con i loro fiochi barlumi annunciava il momento tanto atteso.

Come d’incanto il sonno svaniva. Eravamo tutti con lo sguardo attento rivolto alla porta. Un “ooh” di stupore accompagnava l’ingresso di quella meraviglia che presto sarebbe stata fatta a fette. Ma io aspettavo qualcos’altro.

Le bollicine.

Mi incuriosiva quel continuo generarsi di miriadi di perle d’aria che dal fondo del bicchiere salivano verso l’alto. Come poteva essere? Alla fine, dopo essermi inutilmente spremuto le meningi senza essere riuscito a darmi una risposta esauriente, concludevo che forse era meglio assaggiare quella meraviglia, piuttosto che guardarla.

Ah, che buono lo spumante.

A quei tempi non sapevo ci fosse un distinguo tra spumante, prosecco e champagne. Per me era il vino delle bollicine, delle feste, degli anniversari, dei momenti speciali. L’anticipazione dei botti di capodanno. Oggi rappresenta anche un momento di promesse non dette che sgorgano nell’intimità del brindisi e nella complicità degli sguardi. L’attimo fugace per scambiarsi un impegno, davanti a un calice scintillante. La stretta di mano simulata dal congiunto tintinnio dei bicchieri (divenuta ottima alternativa in questo periodo di distanziamento) . Il timore dello sguardo dissimulato dietro il cristallo velato d’effervescenza. Le esitazioni vaporizzate nel sapore delle bollicine.

Suggello raffinato di tutte le feste.

A chi tirare il collo? Prosecco o champagne?

Entrambi sono spumanti, ovvero vini che presentano una pressione superiore almeno a 3 bar. Tuttavia le differenze sono tantissime: hanno in comune praticamente solo le bollicine. Diversa è l’area geografica, i metodi di vinificazione, l’uvaggio, i tempi di conservazione e produzione.

Il blasonato champagne è più evocativo per certi eventi e sarebbe provinciale e ingiusto non ammetterne la supremazia. Prodotto seguendo rigide norme, proviene da un territorio poco esteso, a circa 150 Km da Parigi. Si avvale solo di uve molto acide da vitigni di Pinot bianco e nero e Chardonnay. Affinché si formino le bollicine occorre che il vino fermenti due volte. Nello champagne la seconda fermentazione avviene nella bottiglia (metodo Champenoise).

Lo spumante è una categoria allargata, comprensiva di tutte le tipologie di vini spumantizzati, compreso lo spumante Prosecco. Le nostre zone di produzione sono più estese (per lo più Franciacorta, Trentino, Veneto, Piemonte) e si utilizzano uve di moscato, verdicchio, prosecco. La seconda fermentazione può avvenire in bottiglia (metodo classico) o nei tini (metodo Charmat). Meno dispendioso, lo spumante offre valide alternative grazie a prodotti di qualità ed eleganti.

Al riguardo prestare attenzione alle indicazioni presenti in etichetta: DOC (Denominazione di Origine Controllata). DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita), VCPRD (Vino di Qualità Prodotto in Regioni Determinate). Depone per uno Spumante di qualità: il metodo classico, la data di sboccatura, l’indicazione dell’annata, la fermentazione naturale (senza aggiunta di gas). Il valore energetico del vino correla con il suo grado alcolico e con il contenuto di zucchero (un conto è extra brut, un altro è dry) e non col colore. Più facile comunque trovare vini dolci tra i bianchi.

Per semplificare, una semplice distinzione in base al residuo zuccherino

  • se la quantità di zucchero è inferiore ai 3 grammi/litro, lo spumante è chiamato Pas Dosè, Dosaggio Zero o Brut Nature.
  • Se lo zucchero è compreso tra 3 e 6 grammi/litro si parla di EXTRABRUT.
  • Tra 6 e 12 grammi/litro troviamo i BRUT, che comprendono la maggior parte degli spumante metodo classico.
  • Tra 12 e 17 grammi/litro si includono gli EXTRA DRY o EXTRA SEC.
  • Valori tra i 17 e i 32 grammi/litro abbracciano i DRY, SEC, o ASCIUTTO
  • Tra i 32 ed i 50 grammi/litro si ottengono i DEMI-SEC o MEDIUM DRY.
  • La quantità di zucchero superiore ai 50 grammi/litro annovera gli spumante Dolce o DOUX.

Un inciso che è per me motivo di orgoglio: le colline del prosecco di Valdobbiadene e Conegliano sono diventate patrimonio mondiale dell’umanità.

Buona regola

Non servirli troppo freddi e, che si tratti di champagne o spumante, mai eccedere con la quantità.

Dato il periodo, sforziamoci di essere meno pignoli e più elastici.

Non ci si soffermerà sulla perfezione della temperatura ideale né su eventuali cadute di stile nel frangente “brindisi” di fine anno: sui tipi di bicchieri (flûte, coppa, tulipano); sul modo di impugnare il bicchiere, sulla maniera in cui si versa il vino; sulla modalità di apertura della bottiglia, che dovrebbe essere accompagnata da un “sospiro” e non certo da un non raffinato botto che rovinerebbe l’aspetto e la persistenza della spuma o perlage.

Nel darvi appuntamento al prossimo venerdì, con il desiderio di lasciarci alle spalle questo sciagurato 2020, vi auguro un felice ANNO NUOVO, naturalmente con un amichevolissimo CIN CIN.

A proposito: sapevate che cin cin è l’esclamazione più comune in italiano all’atto del brindisi?
Ha origini cinesi: deriva infatti da qǐng qǐng (请请; Wade-Giles: ch’ing ch’ing), che significa “prego, prego”, promosso nell’uso anche per la somiglianza onomatopeica con il suono prodotto dal battere due bicchieri tra loro.

Siccome il 2020 è stato un anno per molti aspetti indigesto, venerdì prossimo affronto volentieri, come auspicio, argomenti su una corretta digestione.

Dolci natalizi

Il Natale non è solo il momento della gioia, ma anche della riflessione.
(Winston Churchill)

Flashback di un passato ormai lontano

Sera. Il momento che più apprezzavo, per la magia che sapeva trasmettere. Al buio, si entrava nella sala, dove avevano dimora il presepe e l’albero natalizio.

Mia sorella ed io evitavamo di accendere la luce per meglio assaporare l’atmosfera che donavano alla stanza i luccichii delle mille lampadine colorate dalle tonalità variabili. Così il viso di mia sorella si trasformava di volta in volta nell’azzurra fatina di Cenerentola, nella rossa strega di Biancaneve….

Dal piano della credenza i vari sacchetti di dolciumi facevano bella mostra accanto alla figura maestosa di quei dolci nuovi, venuto da lontano: il panettone e il pandoro.

Il consumismo ha ucciso il Natale?

A distanza di mezzo secolo mi chiedo: “Il consumismo ha ucciso il Natale? È avvertibile ancora la tradizione o si tratta di una festa che assume sempre di più le sembianze di festa pagana, incentrata sullo scambio dei regali, per lo più compulsivi?”.

Affiorano ancora alla mente immagini di svariati Natali fa, quando, ancora bimbo, indossavo sempre i pantaloni corti. Dopo un’attesa estenuante e carica di aspettative, era finalmente arrivata la mattina di Natale. Alcuni giochi, dolciumi e frutta facevano il loro figurone sul tavolo della sala da pranzo.

Regali attesi per mesi, scelti con estrema gioia. Trepidazione, attesa, ansia, felicità, a volte un po’ di delusione (mancava sempre uno dei regali preferiti…).

La città era addobbata a festa, ma lo sfarzo non era ancora vertiginoso e sprecone. Si percepiva un senso di pace diffuso, di sacralità.

Rischio però di incorrere nella “laudatio temporis acti”, fornendo una visione troppo fosca dell’oggi e dipingendo un ritratto dei tempi andati filtrato dal rosa della nostalgia. La malinconia di un altro modus vivendi potrebbe essere comprensibile solo a chi, come me, è diversamente giovane. Sta a noi invece adattarci ai cambiamenti e cercare di fare del nostro meglio, sempre. Per noi e per gli altri.


Da dietologo, anch’io mi adatto.

Per indole professionale sono sempre “negoziante” ma reputo che anche il dietologo più arcigno in questo periodo debba essere indulgente, memore dell’antico monito che “Non si ingrassa mai solo da Natale a Capodanno, bensì da Capodanno a Natale”.

Perciò, invece che dilungarmi in consigli dietologici, voglio parlarvi dei dolci tipici di questo periodo. Prima però, una piccola premessa: “aguzza la vista”.

Ritorno sull’importanza di leggere attentamente l’etichetta. Per fregiarsi del titolo, i prodotti originali devono obbligatoriamente utilizzare farina di frumento, zucchero, uova fresche (di I qualità, categoria A) con almeno il 4% di tuorlo nel prodotto finito, il 16% di burro (che diviene il 20% nel pandoro) e lievito naturale. Inoltre, devono essere assolutamente privi di conservanti. Nei “sosia” il burro viene spesso sostituito da margarine, solitamente a base di olii tropicali, di palma o cocco e si usano aromi particolari che ricordano, sia pur vagamente, il sapore particolare del burro.

Tra panettone vero e sosia la differenza nel prezzo è rilevante ma, proprio sulla base delle considerazioni appena esposte, non converrebbe mangiarne un po’ di meno e privilegiare la qualità, almeno a Natale?

La lunga durata della lievitazione, oltre a garantire morbidezza duratura nel tempo, permette di non ricorrere ad additivi in quanto il lievito naturale produce esso stesso sostanze antimicrobiche.

Accanto alle versioni “classiche” di panettone e pandoro, vi sono anche versioni speciali e arricchite con farciture, ripieni, glassature e decorazioni che comunque dovranno contenere almeno il 50% dell’impasto base. Ogni variazione rispetto alla ricetta classica deve essere sempre riportata in etichetta, per consentire così al consumatore di comprendere agevolmente le reali caratteristiche del prodotto che lo differenziano dalla versione classica. Ad esempio si leggerà: “Panettone senza canditi, ricoperto di cioccolato con farcitura alla crema e nocciola”.

Di solito le versioni farcite, oltre un numero elevato di ingredienti e additivi, sono più ricche di grassi e calorie, soprattutto quando si tratta di panettoni con creme al cioccolato o ricoperti. Ma soprattutto, vale la pena scegliere la versione “arricchita” quando sono in vendita quelli con ingredienti semplici e di qualità?

Come dolce, il panettone non è altamente saziante: se ne può mangiare una grande quantità prima di sentirsi sfamati.

Panettone e pandoro apportano mediamente dalle 380 alle 450 Kcal per 100 g di prodotto, a seconda degli ingredienti utilizzati e naturalmente, nei giorni non più di festa, devono essere assunti con minore libertà. Ma, ripeto, in questo periodo anche il dietologo se ne fa una ragione.

Il pandoro, dalla raffinata semplicità e l’inconfondibile aroma alla vaniglia, risulta essere un po’ più calorico. Ciò è dovuto al suo più alto contenuto di burro. Per contro il panettone ha una presenza maggiore di zuccheri, dovuta ai canditi, di buona qualità se non sono piccoli e duri (arancia e cedro) e all’uvetta in esso contenuti e che devono essere distribuiti in modo uniforme e in quantità non inferiore al 20% dell’impasto.

Orbene, mangiati in maniera moderata e senza esagerazione, si può serenamente sostenere che a livello qualitativo e nutrizionale pari sono. Contengono entrambi ingredienti genuini e sono un alimento equilibrato di cui con parsimonia possiamo deliziarci anche in altri periodi dell’anno.

Al prossimo venerdì, in cui vi fornirò dei consigli su come “annaffiare” questi dolci.

Agrumi

Il sole in inverno…
(parte seconda)

“Così, quando la tua mano strizza
l’emisfero del tagliato limone sul tuo piatto,
un universo d’oro tu spargi, un giallo calice di miracoli.”

(Pablo Neruda)

Il mondo degli agrumi è talmente vasto e articolato che ogni suo aspetto, culturale (e anche colturale 😀) potrebbe essere da solo oggetto di un intero volume. Proviamo a vedere a uno a uno in dettaglio gli altri agrumi.


Il limone

Il limone. Originario dell’Estremo Oriente, è una specie rifiorente, portando contemporaneamente sulla stessa pianta fiori e frutti in diversi stadi di maturazione. Così si hanno frutti specifici per ogni fioritura. Agrume dal bassissimo apporto calorico, (vanta solo 11 calorie per 100 g di frutto), è ricco invece di oli essenziali, di acido citrico, di acido malico, di vitamina del gruppo A e B, di sali minerali (potassio in particolare). Grazie alle sue proprietà alcalinizzanti e depurative, va benissimo per chi segue una dieta ricca di proteine, specie animali.

Al di là di quello che si può immaginare dal sapore, è un frutto a bassa acidità. Gli acidi organici di cui è ricco (soprattutto l’acido citrico) una volta entrati nell’organismo si trasformano in componenti che contrastano le secrezioni acide, sempre a patto di non esagerare con le quantità ingerite. Contiene anche un’altra vitamina, la meno conosciuta citrina (vitamina P) che rinforza i capillari.

Il succo di limone, grazie al citrato di potassio, sembra impedire la formazione e facilitare lo scioglimento di alcuni calcoli renali, oltre ad essere un concentrato milleusi in ambito gastronomico.

I puristi sostengono, a proposito di limone e cucina, che non si dovrebbe mettere troppo succo di limone sulla frittura o sui pesci, né sulle verdure. L’agro va dosato con grande attenzione e perizia ed il succo di limone, come il sale e l’aceto, è un elemento che “cuoce” i cibi, rovinando, se in eccesso, la freschezza delle verdure e la carne delicata del pesce. Il succo di limone, infatti, viene frequentemente usato nelle marinature, in particolare nel caso della selvaggina o delle carni scure, per togliere la sensazione di selvatico e rendere la carne più morbida.

Altri usi in cucina: per evitare che i carciofi puliti anneriscano, immergeteli in acqua acidulata con succo di limone. Per eliminare l’odore del cavolfiore, durante la bollitura, mettete mezzo limone nell’acqua di cottura.

Il limone è un esaltatore di sapidità, per cui richiede meno sodio per il condimento.


Il mandarino

Ai tempi del celeste impero cinese, “mandarino” era il titolo degli alti dignitari di corte, che spiccavano per doti di equilibrio e saggezza.

Oltre a fibre, contiene anche vitamina C (buona fonte ma meno dell’arancia, 40 mg versus 60 mg), calcio e potassio.

Il mandarino è il frutto fresco più ricco di zuccheri (oltre il 17%) e quindi di calorie, 72 per 100 g. Questa caratteristica, associata all’indice di sazietà piuttosto basso, fa del mandarino un frutto di cui non abusare e di cui vanno valutate sempre le quantità assunte. Infatti, non è difficile mangiare 1 kg di mandarini, per un totale di oltre 500 calorie.

La sua buccia contiene una sostanza antiossidante, il terpene limonene, e un olio essenziale utilizzato per produrre sciroppi e profumi. Unica “pecca” sono purtroppo la miriade di semini.

Il mandarancio

Per gli amici Clementina. Nato dall’ibridazione del mandarino con l’arancio, il mandarancio, privo di semi e dal gusto dolce, è nato in Occidente alla fine del XIX secolo ad opera di tal frate Clement, da cui il nome “clementina”. L’aspetto esterno è quello del mandarino, l’aroma invece nasce dalla mescolanza di quello dell’arancia e quello del mandarino. Come gli agrumi da cui deriva, è naturalmente ricco di vitamina C.


Il pompelmo

Ottenuto da un incrocio tra arancia e pummelo (un agrume con molti semi, prodotto in Brasile), è ricco di preziose sostanze antiossidanti come i flavonoidi, fibre e vitamine A, B e C.

L’estratto dei semi di pompelmo è considerato un vero antibiotico naturale che rafforza le difese naturali. Il pompelmo però, non deve MAI essere assunto insieme a farmaci perché in grado di incrementare la biodisponibilità del principio attivo contenuto in alcuni farmaci, creando una sorta di sovradosaggio.


Il cedro

Il “malum citreum”, ossia il cedro, è l’agrume più grande ed è originario del Medio Oriente. Ha poca polpa ed un sapore meno acido del limone; contiene vitamina C in grandi quantità, zuccheri, fibre e sali minerali.

Solo in tempi relativamente recenti è stato utilizzato nella produzione alimentare. Liquori ed infusi si ricavano dalla scorza ricchissima di essenze di gusto citrico, gradevolmente penetranti. Del cedro si usa anche il succo per le bibite, mentre la scorza è usata per la preparazione dei canditi.


Il lime

Originario dell’India, se ne trovano di 2 varietà: una con polpa molto agra (usato per canditi) e una più dolce (usato in cucina).

Solo una citazione per Bergamotto, Mapo, Chinotto,Kumquat, Finger Lime, Limequats, Kaffir Lime, Arancia amara, di cui sarò lieto di parlarvi qualora ne foste interessati.

Domanda trabocchetto

Avete mai mangiato una marmellata di fragole? Ve lo dico io: no. Perché ne siamo così sicuri?

Semplicemente perché non esiste: sebbene molti sbaglino, in realtà possiamo parlare di marmellata solo se è di agrumi. Insomma, più in là vedremo poi di fare un po’ di chiarezza sulla differenza tra marmellata, confettura e composta.

Intanto, per asciugarvi la bocca dall’agrodolce succo di agrumi, e siccome Natale è alle porte, vi svelo già che la prossima settimana parleremo di… Dolci natalizi

Agrumi

“Sai tu la terra ove i cedri fioriscono?
Splendon tra le brune foglie arance d’oro
pel cielo azzurro spira un dolce zeffiro
umil germoglia il mirto, alto l’alloro.”
(Goethe)

Il Sole in Inverno
Raggio di sole in bella mostra sulla tavola in cucina.

Erano una delizia soprattutto quando fuori, già buio, ero seduto al tavolo accompagnato dai rivali quaderni di scuola, e a farli diventare preziose spremute per proteggermi dalle insidie invernali ci pensava mia madre. Con la quale, dovevo poi combattere sul numero di cucchiaini di zucchero da versare nel bicchiere.
Io preferivo quelle rosse dal gusto più forte e più intenso; e gli scherzi con la buccia che strizzavo negli occhi di mia sorella; e le rincorse intorno al tavolo che si concludevano con il solito scappellotto della mamma.

Ed ancora…
Le bucce messe ad arrostire sulla brace che sprigionavano intensi profumi prodotti dagli oli essenziali, impregnando l’aria del caratteristico aroma degli inverni passati davanti al focolare. Così il pensiero vola in Sicilia, alla Conca d’Oro, alla vallata degli alberi delle arance, ai valori di verghiana filosofia, alla meridionalità, alla famiglia, alla terra. Anche al giorno d’oggi un’arancia sul tavolo è una bella immagine, evoca ristoro e sembra profumare la stanza. E nel cuore dell’inverno, ci porta negli occhi immagini di terre assolate, di alberi fioriti, di colori vividi e accesi.

Arance, mandarini, limoni, pompelmi e cedri sono frutti dissetanti, energetici e ricchi di vitamine e gli agrumi sono i protagonisti della nostra tavola nel periodo invernale. Provengono da piante della famiglia del “citrus”, contengono l’80-90% di acqua, piccole quantità di zucchero, in prevalenza fruttosio, buone quantità di acidi organici, in particolare l’acido citrico, dosi discrete di sali minerali come calcio, potassio, zinco e vitamina C in grande quantità.


L’arancia

Amica arancia, scrigno di vitamina C, che rimane attiva solo nei vegetali freschi e crudi. Viene distrutta durante una lunga conservazione oppure durante l’esposizione a temperature sopra i 50 gradi. La vitamina C gradisce il freddo, non il caldo. Ecco allora che l’amica arancia compare sulle nostre tavole in tardo autunno ed in inverno, quando vi è scarsa disponibilità di frutta e verdura fresca da consumare cruda. Un apporto quotidiano di agrumi durante il periodo invernale esalta le difese immunitarie e potenzia le resistenze del corpo umano contro agenti fisici ed ambientali. Non è comunque la panacea contro influenze e raffreddori: aiuta a prevenirli, ma a malattia in corso è scarsamente o affatto efficace.

Madre Natura non lascia nulla al caso. Accanto alla vitamina C nelle arance vi sono i flavonoidi, pigmenti vegetali creatori delle splendide sfumature giallo-rosso della polpa. L’azione simultanea della vitamina C e dei flavonoidi esercita un intervento rigeneratore sul collagene, il tessuto di sostegno della cute, il cui cedimento può portare alla formazione di pieghe, rughe, smagliature, inestetismi vari; produce infine una migliore permeabilità della parete dei capillari combattendone la fragilità.

Perché hanno un sapore aspro?

Agrumi lo dice già la parola: frutti con sapore acido, “pungente”. È l’acido citrico il principale creatore dell’acidità delle arance, assieme ad altri acidi organici: tartarico, malico, fumarico. Esso ha un preciso ruolo protettivo della vitamina C contenuta nella polpa della arancia e migliora anche l’assorbimento di calcio, magnesio e ferro. Da qui il consiglio di consumare arance o spremuta fresca durante i pasti principali.

Carta d’identità nutrizionale dell’arancia: 100g apportano mediamente 34 Kcal con un contributo di 7.4 g di carboidrati.

Per chi segue un regime alimentare ipocalorico è consigliabile gustare il frutto intero e non spremuto, perché fornisce una maggiore quantità di fibra che aumenta il senso di sazietà. Se spremuta, la fibra sminuzzata è meno efficace nell’allontanare la sensazione di fame. La spremuta fresca resta largamente da preferire rispetto alle bibite e ai succhi di frutta confezionati.

Il succo di arancia aiuta ad aumentare i livelli di citrato nelle urine e a ridurre la cristallizzazione dell’acido urico e dell’ossalato di calcio.

Se sbucciando l’arancia hai l’abitudine di togliere la pellicola bianca che rimane attaccata al frutto, commetti un errore. Si, perché in quella pellicola bianca apparentemente inutile, si concentra la pectina, che accelera il transito intestinale degli alimenti, prevenendo la stipsi e creando un’appagante sensazione di sazietà.

Invece la buccia contiene sostanze aromatiche, i terpeni, che bloccano la sintesi del colesterolo. La buccia però, nella filiera alimentare, è trattata chimicamente e quindi non edibile.

In base alle dimensioni si distinguono in arance da tavola (dalla buccia grossa e facilmente asportabile) e da spremuta (a buccia sottile). In base al colore della polpa troviamo arance bionde o sanguigne. Il vivace colore della buccia rappresenta anche una specie di filtro capace di fermare la luce del sole, che, se riesce a penetrare, degrada la preziosa vitamina C.

E allora, bionde o sanguigne?

Vanno bene tutte e due. Se proprio bisogna scegliere, le rosse contengono più flavonoidi e caroteni e hanno quindi un maggior potere antiossidante contro i radicali liberi. Sono le più ricche di sostanze antiossidanti chiamate antocianine, in grado di proteggere le nostre cellule e di evitare che si “arrugginiscano”.

E gli altri agrumi? Tutto qui?

Ovviamente no. Ma vi rimando al post della prossima settimana per la continuazione 😀

ARRIVARE IN FORMA ALLE FESTE

Nuovo Articolo su Natural Style

Nella pubblicazione del mese di dicembre 2020, da pag. 64 troverete una mia collaborazione all’articolo intitolato “ARRIVARE IN FORMA ALLE FESTE” (vedi qui le pagine)

Troverete buoni consigli per provare ad arrivare a Natale in forma ed in armonia.
Vi consiglierò poi come rimediare a qualche stravizio con un menù “detox” del giorno dopo.

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Superfood

Esempio di Superfood e di frutti dimenticati

“Chicchi lucenti e di un bel colore rosso acceso, dolci e un po’ aciduli,
piccoli gioielli che riescono a illuminare l’autunno.”

Carlo Bogliotti

Ebbene sì, con questo post torniamo a parlare di frutti di stagione. La citazione può aiutarvi a capire qual è il primo frutto di cui parleremo…

Le Melagrane

Sono i frutti del melograno e vengono annoverati oggi tra i Superfood (ovvero, prodotti dotati di cospicue sostanze nutritive utili che, integrati ad una dieta equilibrata, apportano benefici alla salute).

La pianta, originaria del Medio Oriente, è molto diffusa nei paesi del Mediterraneo ed è simbolo di bellezza e fertilità. Se non fosse per la difficoltà di mangiarle, le melagrane sarebbero anche un frutto piuttosto ricco di calorie: ben 63 Kcal con quasi il 16% di zuccheri. Esse si caratterizzano tuttavia per avere una scorza, all’interno della quale si raccolgono i succosi arilli rossi che si sviluppano attorno ai semini.

Sgranare questo frutto è un lavoro abbastanza impegnativo e la parte edibile è solo il 59%, ma se vi può sembrare difficile o scomodo utilizzarle allora, ecco a voi un video per sgranarli più facilmente!

La melagrana ha enormi proprietà antiossidanti, in quanto ricca di vitamina C, acido gallico, granatina, punicacorteina, punicafolina, punicalina, delfinidina e soprattutto acido ellagico (definito anche composto nutraceutico, dagli effetti benefici sull’obesità e le sue complicanze metaboliche).

Citato dalla Bibbia come uno dei sette frutti della terra promessa, era già noto agli Egiziani e anche ai Greci. La mitologia greca racconta che il melograno è una pianta sacra per le divinità Giunone e Venere ed è presente anche nel mito di Persefone per spiegare l’alternanza delle stagioni. Esso rappresentava anche l’energia vitale, dato che il suo colore rosso ricorda quello del sangue. Nella tradizione italiana il melograno è diventato sinonimo di buon auspicio economico oltre che di fertilità.

Un cenno ai frutti antichi

L’intento divulgativo punta i riflettori sui frutti genuini “dimenticati”, alcuni dal passato leggendario. Proviamo a tutelare la biodiversità di questi cibi per i nostri nipoti?

È difficile rendersi conto di quanto sia complessa la storia che c’è dietro un semplice cibo consumato tutti i giorni e di quanto faticoso lavoro sia necessario affinché quel semplice cibo arrivi nel nostro piatto. Questa mancanza di consapevolezza ci porta spesso a non dare importanza alle nostre abitudini alimentari, a non pensare che mangiare o non mangiare determinati cibi faccia la differenza, sia per la nostra salute, sia per l’ambiente in cui viviamo. Mi piace scriverne affinché vengano non solo ricordati, ma anche riscoperti in modo innovativo, consapevole della loro bontà e delle loro proprietà benefiche, un vero condensato di proprietà nutraceutiche (si definisce nutraceutico un alimento o una parte di esso con comprovati effetti protettivi sulla salute psicofisica dell’individuo).

Sono prodotti della terra che fanno parte purtroppo spesso solo dei ricordi, in quanto superati da alberi maggiormente produttivi più utili alla produzione industriale. Oggi anche la conservabilità è un’altra caratteristica determinante: alcuni frutti sono stati dimenticati a favore di quelli che si mantengono meglio e che non si rovinano facilmente.

Tra i frutti antichi cito
Gelsi, sorbo, susine, giuggiole, chinotti, corbezzoli, nespole azzeruole, mele cotogne, pere volpine, corniole.

Una menzione particolare merita la carruba.

La Carruba

Anch’essa è uno dei frutti dimenticati e, come tale, molto difficile da reperire in commercio, a meno di non abitare in luoghi dove cresce spontaneamente. Conviene acquistarla abbastanza fresca, poiché dopo qualche settimana di conservazione non perfetta la polpa diventa secca e quasi immangiabile. La marmellata di carrube è una crema spalmabile. Non a caso la carruba è utilizzata come surrogato del cacao.

Le carrube erano un tempo la classica merenda dei bimbi più poveri che trascorrevano le giornate a giocare per strada. Oggi sono state declassate a mangime per maiali e cavalli che, a quanto pare, ne sono ghiotti. 

La carruba sarebbe un cibo saziante e tornerebbe utile nelle diete per facilitare la perdita di peso, grazie anche al discreto contenuto di fibre alimentari.

La farina di semi di carrube ha funzione gelificante ed addensante e trova impiego nell’industria dolciaria e delle conserve alimentari. È utile anche contro la diarrea grazie alla sua capacità di assorbire l’acqua.

Storicamente era conosciuta come pane di San Giovanni ed associata alla figura di San Giovanni Battista. Si narra fosse l’alimento consumato dall’evangelista nei periodi di meditazione nel deserto. Questo frutto, che viene fatto rientrare nella famiglia delle leguminose, è piuttosto calorico: circa 210 calorie per 100 grammi.
La gomma di carrube svolge un’azione benefica nel trattamento del reflusso gastroesofageo e attenua anche i sintomi del colon irritabile.

Grazie alla ricchezza in fibre e alla gelificazione del contenuto intestinale, le carrube diminuiscono l’assorbimento lipidico, soprattutto del colesterolo alimentare e modulano l’assorbimento dei carboidrati riducendo l’impennata glicemica. Hanno inoltre una funzione prebiotica, nutrendo la flora batterica intestinale.

Vi rimando al prossimo ..White Friday del Dr. Bianco.
Discuteremo di frutta e vitamina C. Devo fare i nomi?