Cin – Cin Buon Anno!!

Un amico senza umorismo è come lo champagne senza bollicine.
(Nadine de Rothschild)

Spumante o champagne

Quando mi cimento a scrivere sul blog….verifico che sempre più spesso la mente volge il disio…
Che sia diventato diversamente adolescente?

Si tirava a far tardi, ma per noi piccoli era una fatica reggere i tempi dei genitori. L’occhio diventava piccino e tendeva a chiudersi in una fessura impercettibile. Ma dovevo resistere, perché ancora non era arrivato il pezzo forte della serata: all’improvviso si spegnevano le luci e, nel silenzio, il tremolio delle candele con i loro fiochi barlumi annunciava il momento tanto atteso.

Come d’incanto il sonno svaniva. Eravamo tutti con lo sguardo attento rivolto alla porta. Un “ooh” di stupore accompagnava l’ingresso di quella meraviglia che presto sarebbe stata fatta a fette. Ma io aspettavo qualcos’altro.

Le bollicine.

Mi incuriosiva quel continuo generarsi di miriadi di perle d’aria che dal fondo del bicchiere salivano verso l’alto. Come poteva essere? Alla fine, dopo essermi inutilmente spremuto le meningi senza essere riuscito a darmi una risposta esauriente, concludevo che forse era meglio assaggiare quella meraviglia, piuttosto che guardarla.

Ah, che buono lo spumante.

A quei tempi non sapevo ci fosse un distinguo tra spumante, prosecco e champagne. Per me era il vino delle bollicine, delle feste, degli anniversari, dei momenti speciali. L’anticipazione dei botti di capodanno. Oggi rappresenta anche un momento di promesse non dette che sgorgano nell’intimità del brindisi e nella complicità degli sguardi. L’attimo fugace per scambiarsi un impegno, davanti a un calice scintillante. La stretta di mano simulata dal congiunto tintinnio dei bicchieri (divenuta ottima alternativa in questo periodo di distanziamento) . Il timore dello sguardo dissimulato dietro il cristallo velato d’effervescenza. Le esitazioni vaporizzate nel sapore delle bollicine.

Suggello raffinato di tutte le feste.

A chi tirare il collo? Prosecco o champagne?

Entrambi sono spumanti, ovvero vini che presentano una pressione superiore almeno a 3 bar. Tuttavia le differenze sono tantissime: hanno in comune praticamente solo le bollicine. Diversa è l’area geografica, i metodi di vinificazione, l’uvaggio, i tempi di conservazione e produzione.

Il blasonato champagne è più evocativo per certi eventi e sarebbe provinciale e ingiusto non ammetterne la supremazia. Prodotto seguendo rigide norme, proviene da un territorio poco esteso, a circa 150 Km da Parigi. Si avvale solo di uve molto acide da vitigni di Pinot bianco e nero e Chardonnay. Affinché si formino le bollicine occorre che il vino fermenti due volte. Nello champagne la seconda fermentazione avviene nella bottiglia (metodo Champenoise).

Lo spumante è una categoria allargata, comprensiva di tutte le tipologie di vini spumantizzati, compreso lo spumante Prosecco. Le nostre zone di produzione sono più estese (per lo più Franciacorta, Trentino, Veneto, Piemonte) e si utilizzano uve di moscato, verdicchio, prosecco. La seconda fermentazione può avvenire in bottiglia (metodo classico) o nei tini (metodo Charmat). Meno dispendioso, lo spumante offre valide alternative grazie a prodotti di qualità ed eleganti.

Al riguardo prestare attenzione alle indicazioni presenti in etichetta: DOC (Denominazione di Origine Controllata). DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita), VCPRD (Vino di Qualità Prodotto in Regioni Determinate). Depone per uno Spumante di qualità: il metodo classico, la data di sboccatura, l’indicazione dell’annata, la fermentazione naturale (senza aggiunta di gas). Il valore energetico del vino correla con il suo grado alcolico e con il contenuto di zucchero (un conto è extra brut, un altro è dry) e non col colore. Più facile comunque trovare vini dolci tra i bianchi.

Per semplificare, una semplice distinzione in base al residuo zuccherino

  • se la quantità di zucchero è inferiore ai 3 grammi/litro, lo spumante è chiamato Pas Dosè, Dosaggio Zero o Brut Nature.
  • Se lo zucchero è compreso tra 3 e 6 grammi/litro si parla di EXTRABRUT.
  • Tra 6 e 12 grammi/litro troviamo i BRUT, che comprendono la maggior parte degli spumante metodo classico.
  • Tra 12 e 17 grammi/litro si includono gli EXTRA DRY o EXTRA SEC.
  • Valori tra i 17 e i 32 grammi/litro abbracciano i DRY, SEC, o ASCIUTTO
  • Tra i 32 ed i 50 grammi/litro si ottengono i DEMI-SEC o MEDIUM DRY.
  • La quantità di zucchero superiore ai 50 grammi/litro annovera gli spumante Dolce o DOUX.

Un inciso che è per me motivo di orgoglio: le colline del prosecco di Valdobbiadene e Conegliano sono diventate patrimonio mondiale dell’umanità.

Buona regola

Non servirli troppo freddi e, che si tratti di champagne o spumante, mai eccedere con la quantità.

Dato il periodo, sforziamoci di essere meno pignoli e più elastici.

Non ci si soffermerà sulla perfezione della temperatura ideale né su eventuali cadute di stile nel frangente “brindisi” di fine anno: sui tipi di bicchieri (flûte, coppa, tulipano); sul modo di impugnare il bicchiere, sulla maniera in cui si versa il vino; sulla modalità di apertura della bottiglia, che dovrebbe essere accompagnata da un “sospiro” e non certo da un non raffinato botto che rovinerebbe l’aspetto e la persistenza della spuma o perlage.

Nel darvi appuntamento al prossimo venerdì, con il desiderio di lasciarci alle spalle questo sciagurato 2020, vi auguro un felice ANNO NUOVO, naturalmente con un amichevolissimo CIN CIN.

A proposito: sapevate che cin cin è l’esclamazione più comune in italiano all’atto del brindisi?
Ha origini cinesi: deriva infatti da qǐng qǐng (请请; Wade-Giles: ch’ing ch’ing), che significa “prego, prego”, promosso nell’uso anche per la somiglianza onomatopeica con il suono prodotto dal battere due bicchieri tra loro.

Siccome il 2020 è stato un anno per molti aspetti indigesto, venerdì prossimo affronto volentieri, come auspicio, argomenti su una corretta digestione.

Dolci natalizi

Il Natale non è solo il momento della gioia, ma anche della riflessione.
(Winston Churchill)

Flashback di un passato ormai lontano

Sera. Il momento che più apprezzavo, per la magia che sapeva trasmettere. Al buio, si entrava nella sala, dove avevano dimora il presepe e l’albero natalizio.

Mia sorella ed io evitavamo di accendere la luce per meglio assaporare l’atmosfera che donavano alla stanza i luccichii delle mille lampadine colorate dalle tonalità variabili. Così il viso di mia sorella si trasformava di volta in volta nell’azzurra fatina di Cenerentola, nella rossa strega di Biancaneve….

Dal piano della credenza i vari sacchetti di dolciumi facevano bella mostra accanto alla figura maestosa di quei dolci nuovi, venuto da lontano: il panettone e il pandoro.

Il consumismo ha ucciso il Natale?

A distanza di mezzo secolo mi chiedo: “Il consumismo ha ucciso il Natale? È avvertibile ancora la tradizione o si tratta di una festa che assume sempre di più le sembianze di festa pagana, incentrata sullo scambio dei regali, per lo più compulsivi?”.

Affiorano ancora alla mente immagini di svariati Natali fa, quando, ancora bimbo, indossavo sempre i pantaloni corti. Dopo un’attesa estenuante e carica di aspettative, era finalmente arrivata la mattina di Natale. Alcuni giochi, dolciumi e frutta facevano il loro figurone sul tavolo della sala da pranzo.

Regali attesi per mesi, scelti con estrema gioia. Trepidazione, attesa, ansia, felicità, a volte un po’ di delusione (mancava sempre uno dei regali preferiti…).

La città era addobbata a festa, ma lo sfarzo non era ancora vertiginoso e sprecone. Si percepiva un senso di pace diffuso, di sacralità.

Rischio però di incorrere nella “laudatio temporis acti”, fornendo una visione troppo fosca dell’oggi e dipingendo un ritratto dei tempi andati filtrato dal rosa della nostalgia. La malinconia di un altro modus vivendi potrebbe essere comprensibile solo a chi, come me, è diversamente giovane. Sta a noi invece adattarci ai cambiamenti e cercare di fare del nostro meglio, sempre. Per noi e per gli altri.


Da dietologo, anch’io mi adatto.

Per indole professionale sono sempre “negoziante” ma reputo che anche il dietologo più arcigno in questo periodo debba essere indulgente, memore dell’antico monito che “Non si ingrassa mai solo da Natale a Capodanno, bensì da Capodanno a Natale”.

Perciò, invece che dilungarmi in consigli dietologici, voglio parlarvi dei dolci tipici di questo periodo. Prima però, una piccola premessa: “aguzza la vista”.

Ritorno sull’importanza di leggere attentamente l’etichetta. Per fregiarsi del titolo, i prodotti originali devono obbligatoriamente utilizzare farina di frumento, zucchero, uova fresche (di I qualità, categoria A) con almeno il 4% di tuorlo nel prodotto finito, il 16% di burro (che diviene il 20% nel pandoro) e lievito naturale. Inoltre, devono essere assolutamente privi di conservanti. Nei “sosia” il burro viene spesso sostituito da margarine, solitamente a base di olii tropicali, di palma o cocco e si usano aromi particolari che ricordano, sia pur vagamente, il sapore particolare del burro.

Tra panettone vero e sosia la differenza nel prezzo è rilevante ma, proprio sulla base delle considerazioni appena esposte, non converrebbe mangiarne un po’ di meno e privilegiare la qualità, almeno a Natale?

La lunga durata della lievitazione, oltre a garantire morbidezza duratura nel tempo, permette di non ricorrere ad additivi in quanto il lievito naturale produce esso stesso sostanze antimicrobiche.

Accanto alle versioni “classiche” di panettone e pandoro, vi sono anche versioni speciali e arricchite con farciture, ripieni, glassature e decorazioni che comunque dovranno contenere almeno il 50% dell’impasto base. Ogni variazione rispetto alla ricetta classica deve essere sempre riportata in etichetta, per consentire così al consumatore di comprendere agevolmente le reali caratteristiche del prodotto che lo differenziano dalla versione classica. Ad esempio si leggerà: “Panettone senza canditi, ricoperto di cioccolato con farcitura alla crema e nocciola”.

Di solito le versioni farcite, oltre un numero elevato di ingredienti e additivi, sono più ricche di grassi e calorie, soprattutto quando si tratta di panettoni con creme al cioccolato o ricoperti. Ma soprattutto, vale la pena scegliere la versione “arricchita” quando sono in vendita quelli con ingredienti semplici e di qualità?

Come dolce, il panettone non è altamente saziante: se ne può mangiare una grande quantità prima di sentirsi sfamati.

Panettone e pandoro apportano mediamente dalle 380 alle 450 Kcal per 100 g di prodotto, a seconda degli ingredienti utilizzati e naturalmente, nei giorni non più di festa, devono essere assunti con minore libertà. Ma, ripeto, in questo periodo anche il dietologo se ne fa una ragione.

Il pandoro, dalla raffinata semplicità e l’inconfondibile aroma alla vaniglia, risulta essere un po’ più calorico. Ciò è dovuto al suo più alto contenuto di burro. Per contro il panettone ha una presenza maggiore di zuccheri, dovuta ai canditi, di buona qualità se non sono piccoli e duri (arancia e cedro) e all’uvetta in esso contenuti e che devono essere distribuiti in modo uniforme e in quantità non inferiore al 20% dell’impasto.

Orbene, mangiati in maniera moderata e senza esagerazione, si può serenamente sostenere che a livello qualitativo e nutrizionale pari sono. Contengono entrambi ingredienti genuini e sono un alimento equilibrato di cui con parsimonia possiamo deliziarci anche in altri periodi dell’anno.

Al prossimo venerdì, in cui vi fornirò dei consigli su come “annaffiare” questi dolci.