La cura dell’uva

La volpe delle volpi.
Una vera volpe chiama acerba non solo l’uva che non può raggiungere,
ma anche quella che ha raggiunto e portato via agli altri.

Friedrich Nietzsche.

Diceva un giorno il pero all’uva;
«Oh, disgraziata, tu morirai schiacciata!
L’uva rispose; «È vero: ma all’uom che mi calpesta fo poi girar la testa.

L. Carrier

La strada veniva chiusa con cassette di legno e le mogli aiutavano i mariti a trasportare i cesti di frutta che poi venivano messi in bella mostra sopra i banchi. Intorno le stadere a completare l’arredo. Le bancarelle si arricchivano di mille sfumature di colore, chicchi che andavano dal giallo al verdognolo, passando per il rosso intenso che quasi arrivava al nero. Ma erano rappresentati anche toni rosso rubino con riflessi violacei, ed il tutto a formare grappoli più o meno alati, corti o lunghi, spargoli o ad acini fitti, cilindrici, conici, piramidali.

L’uva conserva, intatti, il fascino e la simbologia antica, ed è protagonista di un vero e proprio rituale depurativo noto come “cura dell’uva”. Già dal secolo scorso era molto in voga fra i nobili dedicarsi alla cura dell’uva (Traubenkur) e, in una zona corrispondente all’attuale Alto Garda Trentino, questa abitudine non è mai tramontata.

“Nullam prius sacra vite severis arborem” è il millenario motto di Orazio che conserva tuttora la sua validità.

Un’alimentazione a prevalente apporto di alimenti di origine animale e povera di frutta e verdura espone l’organismo ad un aumento di acidità che gli acidi organici contenuti nell’uva tendono invece a regolare, riducendo anche i processi di fermentazione intestinale e favorendo la depurazione.

La cura

Una delle principali indicazioni terapeutiche della cura dell’uva è dovuta alla sua ricchezza in acidi organici: malico, citrico, tartarico, glicolico. Questi acidi, oltre a donare all’uva un gradevole sapore acidulo, entrano nel processo, vitale per l’organismo umano, di regolazione dell’equilibrio acido-base. In particolare, l’acido tartarico contrasta i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento mentre il glicolico rende la pelle liscia e compatta.

Il mese più adatto per questa pratica è ovviamente settembre, grazie alla grande varietà di uva disponibile in quel periodo. Per i seguaci più rigorosi dell’ampeloterapia la cura consiste nel consumare quasi esclusivamente uva.

La pratica più diffusa prevede che, per tre giorni di seguito, si mangino esclusivamente acini d’uva per un massimo totale di 2 Kg ripartiti nei tre pasti principali. Il consumo deve essere progressivo e accompagnato dall’assunzione di quantità abbondanti di liquidi, circa1.5 litri di acqua oligominerale e/o tisane non zuccherate, a piacere.

Si parte il primo giorno con 500 g d’uva, il secondo si sale a 1 Kg, il terzo si arriva a 2 Kg. L’uva deve essere appena colta e ben matura. E’ meglio utilizzare l’uva da vino piuttosto che quella da tavola, ben lavata ma senza togliere quel prezioso e sottile rivestimento ceroso, la pruina, ricco di enzimi e lieviti preziosi. E’ sempre preferibile il consumo della bacca d’uva intera, con buccia, polpa e vinaccioli, perché, come già ribadito, ciascuna componente è portatrice di salutari principi nutritivi.

Sebbene il sapore amarognolo e astringente dei semi d’uva non sia gradevole, i vinaccioli dovrebbero essere masticati accuratamente, magari assieme ad una piccola porzione di pane, preferibilmente un po’ raffermo. Questo facilita l’assorbimento degli acidi grassi polinsaturi in essi contenuti, preziosissimi per la loro azione protettiva del sistema cardiovascolare. Per coloro che non tollerano l’azione della lignina, dei vinaccioli e dell’emicellulosa della buccia, si raccomanda l’assunzione del succo, sempre nei modi e tempi descritti.

Da tenere in considerazione che un Kg di uva dà lo stesso contributo energetico di 700 g di succo fresco d’uva, ovvero 620 Kcalorie. Mi ripeto: l’uva è uno scrigno di sali minerali, soprattutto magnesio, potassio e ferro. Contiene molti tannini (ad azione astringente, antinfiammatoria ed antiossidante) e un flavonoide, la quercetina. Soprattutto la varietà rossa è fonte privilegiata di polifenoli e del potente antiossidante resveratrolo, che, tra l’altro, fortifica il sistema immunitario e protegge dal fotoinvecchiamento. Dal canto loro, gli antocianosidi racchiusi negli acini fungono da angioprotettori diminuendo la permeabilità dei capillari e aumentandone la resistenza.

L’ampeloterapia non è un regime dimagrante in senso stretto. Essa riduce piuttosto il carico di tossine, permette agli organi emuntori di svolgere la funzione depurativa in modo più efficiente, aiutando di riflesso il metabolismo e favorendo il drenaggio di liquidi. Praticata, come di norma, per brevissimi periodi, può aiutare a smaltire anche 1-2 Kg di peso. Tuttavia non si tratta di una perdita di grasso ma di liquidi.

Personalmente ritengo, però, che, anche se seguita solo per pochi giorni, questa pratica non sia affatto salutare, e non solo per i diabetici, proprio perché contiene zuccheri semplici in abbondanza. Altre varianti prevedono che si mangi almeno un Kg di uva al giorno, per 2 giorni a settimana e per tre settimane consecutive. Altre versioni ancora più prolungate di questa dieta consentono di inserire anche altri tipi di alimenti quali i cereali integrali, i latti vegetali, minestroni non amidacei e tagli magri di pesce o carne. L’uva rimane comunque il pilastro dell’alimentazione giornaliera.

In tal caso, se non si è diabetici, e sempre per un periodo circoscritto, nulla osta ad una dieta con uva a colazione e negli spuntini giornalieri……pasta o riso a pranzo, pesce o carne a cena, verdure sia cotte sia crude e un buon olio evo. Ma in questo caso, perché no, anche olio di vinacciolo.

Arrivederci alla prossima settimana: si va a vendemmiar.

UVA

Il sole, con tutti quei pianeti che gli girano attorno e da lui dipendono, può ancora far maturare una manciata di grappoli d’uva come se non avesse nient’altro da fare nell’universo.
Galileo Galilei.


Non starò a rimpiangere le rose appassite a una lieve primavera.
Mi è cara anche l’uva sui tralci a filari maturata su un pendio.
Aleksandr Puskin


Una volpe affamata, come vide pendere da un pergolato dei grappoli d’uva, si provò ad afferrarli, ma non le riusciva.
Allontanandosi allora disse tra sé “Mah, sono ancora acerbi”.
Così anche certi uomini, non riuscendo a venire a capo dei loro progetti per impotenza, accusano le circostanze.
Esopo. La volpe e l’uva.

Metafora della umana imperfezione che solo un osservatore sensibile come Fedro, quasi un precursore di Fellini, Leone, Ford, poteva rappresentare in modo così accurato e sottile. La scelta della trama e dei protagonisti completa quell’arte di raccontare le debolezze umane senza colpevolizzare nessuno, pur essendo tutti in parte responsabili.
Da un lato la volpe, emblema della furbizia umana, della inventiva e della capacità di sbarcare il lunario a spese degli altri; dall’altra l’uva, frutto carico di significati ancestrali.

Forma perfetta, gusto unico, goccia concentrata della forza del sole, rappresentata anche nella mitica cornucopia.

Nota fin dall’ antichità, la vite è una pianta diffusa in tutto il mondo e apprezzatissima per il frutto che produce: l’uva. Gli antichi definivano l’UVA la regina dei frutti proprio per le sue tante qualità.

Anche oggi, essa mantiene intatta la sua fama sia in campo alimentare sia in campo cosmetico.

L’acino d’uva è composto da 3 parti: buccia, polpa e semi.

La buccia

La buccia contiene acqua, zucchero, sostanze con proprietà antiossidanti quali polifenoli, ceramidi, emicellulosa e fibre che favoriscono nel corpo umano il transito intestinale del cibo e un graduale assorbimento del glucosio presente, per lo più, nella polpa, evitando bruschi innalzamenti del tasso di glicemia.

La buccia è ricoperta da un sottile strato ceroso, la pruina, che impedisce l’evaporazione dell’acqua ed accoglie enzimi oltre a una vasta popolazione di lieviti
(Saccharomices), responsabili del passaggio dell’uva a vino.

La buccia è una delle parti migliori dell’acino, proprio perché, dovendo difenderlo dagli attacchi dell’aria, dalla luce, dalle differenze di temperatura e dalle infiltrazioni microbiche, trasferisce a noi che la mangiamo il suo potere antiossidante.

È per questo motivo che sbucciare l’acino d’uva non è una mossa corretta sotto il profilo salutistico.

La polpa

La polpa, che costituisce circa l’85% dell’intero acino, contiene acqua e una generosa quantità di
carboidrati semplici: glucosio, fruttosio e mannosio, che vengono assimilati velocemente dall’intestino
senza passare attraverso il processo della digestione.

I diabetici dovrebbero pertanto premurarsi di mangiare uva a fine pasto, in modo che gli altri alimenti limitino l’assorbimento dello zucchero.

La polpa è ricca anche di minerali come manganese, magnesio, potassio, ferro, fosforo e acidi organici come acido acetico, citrico, formico, malico, tartarico, glicolico, che, oltre a donare all’uva un gradevole sapore acidulo, entrano nel processo , vitale per l’organismo umano , di regolazione dell’equilibrio acido base, riducono i processi di fermentazione nell’intestino e favoriscono la depurazione.

L’acido tartarico, in particolare, contrasta i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento e il glicolico rende la pelle liscia e compatta. Scarso è il tenore sia di vitamina C sia di vitamina A. Rientra nella media il contenuto di B1, B2, Pp.

I semi

All’interno della polpa troviamo semi oleaginosi, detti vinaccioli, che, come le foglie, non si mangiano.

Contengono elevati valori di acidi grassi polinsaturi (per il 70% acido linoleico, un acido grasso polinsaturo
essenziale che interviene nel trasporto e nel metabolismo del colesterolo, aiutando a ridurne
l’eccesso), vitamina E, enzimi, fibra alimentare.

Dai vinaccioli si ottiene uno dei migliori oli, tra quelli di semi, indicato sia per la cottura (a causa del suo elevato punto di fumo), sia per il condimento a crudo. Per beneficiare dei suoi principi nutritivi è necessario acquistare solo olio di vinacciolo spremuto a freddo, non raffinato e va consumato , appunto , a crudo.

Uva bianca, rossa e nera

Per categoria filosofica si distingue in base al colore (bianca, rossa, nera), ma anche in base al tempo di maturazione, al luogo di produzione e al consumo (da vino o da tavola).

L’uva da pasto ha la buccia sottile ma resistente, acini grossi e succosi ed un sapore decisamente dolce.

Frutto energetico tra i più ricchi di zuccheri (15 g per etto, con circa 60 Kcal per 100 g, indipendentemente dal colore) non è tuttavia un frutto proibitivo per chi ha problemi di linea, a patto che un chicco non tiri l’altro…

Contiene molti sali minerali, come il calcio, il ferro, il fosforo, lo iodio, il magnesio, il manganese; acidi organici, quali l’acido acetico, citrico, formico, malico, tartarico.

Sarebbe buona norma mangiarla prima di ogni pasto per via alle sue proprietà “depurative naturali”.

La prossima settimana affronteremo il tema della “cura dell’uva”.