Cibo ed emozioni

Ciò che pensiamo genera emozioni,
ma lo fa anche ciò che mangiamo.
Montse Bradford

Se te lo concedi puoi rinunciarvi.
Se non te lo concedi sarà irrinunciabile!
Oscar Wilde

L’uomo è ciò che mangia.
L. Feuerbach

Il rapporto tra cibo ed emozioni si instaura nelle primissime fasi della vita e rimane per tutta l’esistenza. Basti pensare al bambino appena nato il cui primo istinto è quello di attaccarsi al seno della madre. Altri successivi rapporti significativi sono legati all’allattamento, allo svezzamento e a tutti i vissuti emotivi che condizionano queste esperienze.

Fin dall’inizio, quindi, il mangiare non soddisfa solo un bisogno fisiologico ma è anche un’occasione d’incontro, di comunicazione. Ed è anche un bisogno di cura, di scambio e di affetto.

Da adulti, i pasti sono un punto di riferimento importante, scandiscono i ritmi della nostra giornata. Ogni evento importante della nostra vita è spesso accompagnato da occasioni gastronomiche attraverso le quali socializziamo e festeggiamo.

I piaceri della gola, poi, sono da sempre legati ai piaceri della sfera sessuale. Il sesso ed il cibo sono due necessità legate al piacere e al nutrimento in senso sia emotivo che fisico. Hanno in comune aspetti simbolici tra cui anche quello della socialità, espresso dalla condivisione del piacere con gli altri.

Ma perché quando ci assale una fame irrefrenabile cerchiamo i carboidrati e i dolci? La ragione principale è che questi sono gli alimenti più direttamente connessi al circuito del piacere. I carboidrati stimolano il cervello a produrre la serotonina, nota anche come “l’ormone della felicità”, che genera un’immediata sensazione di buon umore. Pertanto, non solo le emozioni possono influenzare le nostre abitudini alimentari ma, anche, gli stessi alimenti hanno delle ricadute sul nostro stato emotivo.

Veniamo a noi…

Per te il cibo ha una funzione calmante o rassicurante? Mangi per lenire la rabbia o la tristezza? Mangi di più quando sei stressata? Oppure non sai controllarti quando ti annoi? Se è così vuol dire che, in tutti questi casi, utilizzi il cibo per regolare le emozioni.

Il rapporto fra cibo, motivazione ed emozioni è davvero complesso e si è scoperto che il legame tra emozioni e cibo è più forte nelle persone che soffrono di obesità rispetto a chi non ne soffre. Ma anche e più semplicemente, in chi segue una dieta.

Le emozioni non sono di per sé il fattore scatenante del sovrappeso, piuttosto lo è il modo in cui vengono gestite e affrontate.

E tu, quale atteggiamento hai nei confronti delle emozioni sgradite? Fai di tutto per rimuoverle, per non entrarvi in contatto, non sapendo come affrontarle? Ed è per questo che ti rivolgi al cibo? Se la risposta è affermativa, purtroppo, in questo modo, rischi di perdere il controllo.

Che fare, dunque? Sembra paradossale, ma, per regolare le emozioni, è meglio assumere l’atteggiamento opposto, ovvero non sopprimerle, con l’ intento di farne esperienza, senza provare a modificarle, evitarle o “guarirle”.

L’assunto di base è che le emozioni sono eventi naturali e la funzione psicologica del cibo è spesso sottovalutata o addirittura ignorata, ma essa è una delle principali ragioni per le quali i risultati non arrivano o non si stabilizzano. E, di per sé, la dieta ci priva di un mezzo di controllo delle emozioni.

Molti soggetti in sovrappeso, o obesi, hanno una vera e propria dipendenza dal cibo (food addiction), paragonabile a quella da fumo, gioco d’azzardo o alcool.

Le analogie tra questi gruppi di soggetti sarebbero riscontrabili sia a livello comportamentale (uso della “sostanza” per sedare emozioni negative, meccanismi di ricompensa, spinta all’assunzione di cibo, elevata sensibilità verso stimoli che scatenano la ricerca di sostanze o cibo) sia a livello delle strutture cerebrali implicate.

In questi processi, è coinvolto in particolare l’ipotalamo, una regione molto complessa del cervello, vero e proprio centro di comando nella regolazione dell’assunzione di cibo. Diversi studi effettuati con la risonanza magnetica hanno evidenziato nelle persone obese un rilascio maggiore di dopamina (neurotrasmettitore legato al senso di soddisfazione e appagamento personale) in risposta a immagini di cibo palatabile, rispetto ai soggetti normopeso. La dipendenza però non scatterebbe davanti a cibi sani, come frutta e verdura, ma davanti al cosiddetto cibo-spazzatura.

Nei casi più gravi si può arrivare a sviluppare un disturbo, definito “binge eating disorder” (BED), ovvero “disturbo da alimentazione incontrollata”, che si manifesta quando si assume un’elevata quantità di cibo e, insieme, si sperimenta un senso di perdita di controllo sull’atto del mangiare.

Come fare ad uscire da questa spirale di tentazioni, resistere al richiamo del cibo-spazzatura e dimagrire in modo duraturo? Innanzitutto facciamo chiarezza su un punto fondamentale, ovvero su come riconoscere le differenze tra fame fisica e fame emozionale.

La fame fisica

La fame fisica arriva gradualmente e può essere posticipata. Non è specifica e può essere soddisfatta attraverso diversi tipi di alimenti. Non provoca senso di colpa. Una volta che la fame è stata soddisfatta ci si ferma. È basata sul mangiare come necessità ed è caratterizzata da scelte volontarie e da una consapevolezza nel mangiare.

La fame emotiva

La fame emotiva invece è improvvisa e urgente. È insistente e molto specifica: ad esempio si desidera solo la pizza, il gelato. Non si attenua nemmeno se ci sente sazi e ha ,come conseguenza, il senso di colpa.

In questi casi l’approccio deve essere multifattoriale. Può essere molto utile, anche in caso di “semplice” sovrappeso ma con alle spalle una storia di tentativi falliti di diete o dimagrimenti e recupero di peso ciclico, un supporto psicologico.

Attenzione: le diete possono essere davvero efficaci e diventare una buona abitudine di vita, ma ci vuole sempre un po’ di tempo per vedere i primi risultati, anche fino a sei mesi. Non si può pensare di cambiare il proprio stile alimentare da un giorno all’altro. Il primo consiglio è individuare il primo passo da compiere e poi proseguire “step by step” ovvero gradino dopo gradino.

La spesa

Questo passo può iniziare già al momento della spesa.
E’ importante andare al supermercato dopo aver già mangiato, così da non essere condizionati dalla fame nell’effettuare le scelte alimentari.
Importante, poi, è fare la lista della spesa, scrivendo le cose che si dovrebbero mangiare. In questo modo sarà più facile resistere al richiamo di cibi non previsti nella dieta.

Mangiare lentamente

Un altro suggerimento è mangiare lentamente. Provare a calcolare quanto tempo si impiega per mangiare, perché il senso di sazietà arriva al cervello dopo circa 20 minuti.

L’importanza della prima colazione

Fondamentale, poi, è non saltare mai la prima colazione. Partire con il piede giusto, da un lato aiuta le performance mentali (al lavoro o a scuola) e dall’altro permette di arrivare meno affamati all’ora di pranzo.

La prossima settimana proverò a motivarvi a fare seriamente la dieta.

Cibo spazzatura

Spazziamo via il cibo spazzatura.
Il problema più grande è la perdita del valore simbolico dei cibi.
Sono diventati commodities,
beni di consumo senza anima.
(Carlo Petrini)

Non mangiate nessuna cosa
che la vostra bisnonna
non avrebbe riconosciuto come cibo.
(Michael Pollan)

Viviamo in un mondo in cui la limonata
è costituita da aromi artificiali
e la cera per i mobili è costituita da limoni veri.
(Alfred E. Newman)

Sia nell’accordarmi sulle proposte dietetiche, sia nel divulgarle, ho adottato la politica di formulare le frasi in positivo per essere sicuro di comunicare efficacemente.

Questo è anche il leitmotiv di questo blog. In quest’articolo, però, farò un’eccezione e, anziché enfatizzare gli aspetti positivi degli alimenti, come da prassi, preferisco lanciare un allarme nei confronti di certe insidie alimentari.

L’argomento è proprio: CIBO SPAZZATURA

La locuzione “cibo spazzatura”, nella forma inglese “junk food” è stata coniata già nel 1951 da Michael Johann Jacobson.

Essa indica un cibo considerato non sano a causa del suo bassissimo valore nutrizionale e dell’elevato contenuto di grassi o zuccheri o additivi.

Si definisce “processato” il cibo destinato alla produzione di massa che, attraverso una lavorazione industriale, ha una lunga vita da scaffale (o da freezer o frigorifero) e che, proprio per questa ragione, contiene diversi additivi che lo mantengono emulsionato.

Ma cosa lo rende meno sano?

In merito, per Robert Lustig, pediatra dell’università della California a San Francisco ed esperto di obesità infantile, sono svariati i motivi per i quali i cibi processati sono alimenti meno salutari.

Solitamente il cibo spazzatura ha una elevata densità calorica, del tutto inappropriata al nostro attuale stile di vita, per lo più sedentario. Inoltre ha uno scarso valore nutrizionale in quanto: offre un basso apporto di vitamine e sali minerali e un mediocre rapporto tra omega 3 e omega 6, sbilanciato verso questi ultimi.

Ciò favorisce lo stress ossidativo, ovvero una sorta di infiammazione cronica delle cellule. Può contenere acidi grassi trans, coinvolti in modo negativo nella produzione di colesterolo cattivo (Ldl). Apporta un quantitativo ridotto di fibre. E’ pieno di additivi, per lo più conservanti ed emulsionanti. Spesso è eccessivamente salato. Contiene troppo fruttosio “industriale”.

In pratica: meglio non esagerare.

Diversi studi hanno dimostrato che, se esposto a dosi troppo elevate di cibo spazzatura, il nostro corpo reagirebbe come fosse di fronte a un’infezione batterica.

Tra l’altro pare che, quando l’organismo si abitua al cibo spazzatura, il solo ritorno a una dieta sana potrebbe non essere sufficiente per arrestare il processo infiammatorio. Studi su animali hanno testimoniato inoltre che, in animali già sensibilizzati, piccole quantità di junk food erano sufficienti a scatenare nuovamente la risposta immunitaria e i processi infiammatori, responsabili, tra l’altro, di malattie come il diabete di tipo II.

Ulteriori studi, ad onor del vero non completamente dettagliati, ipotizzano che l’assunzione di cibi ultra-processati sia correlata all’obesità, in quanto questi spingono a mangiare di più. Pare che ciò sia dovuto a meccanismi sensoriali, evocati dagli alimenti ultra-processati, che ci indurrebbero a mangiare con più foga.

Al contrario, chi si nutre di cibi non processati mostra bassi livelli di grelina, un ormone che stimola la fame e quantità elevate dell’ormone PYY, riduttore dell’appetito.

Inoltre un’alimentazione troppo ricca di cibi processati, grassi e zuccherati influisce sulla funzionalità dell’ippocampo, la parte del cervello coinvolta nella memoria e nella modulazione dell’appetito. Un gruppo di volontari sani e normopeso, sottoposti a una settimana di “dieta ” satura di cibo spazzatura, ha riportato difficoltà a ricordare e ad esercitare il controllo dello stimolo della fame.

Abbiamo detto che il cibo spazzatura contiene troppi zuccheri, grassi, sale, additivi ed è povero di vitamine. Una dieta in cui questi cibi abbiano la prevalenza, a scapito di cibi freschi, è stata collegata all’obesità e a un aumento di diabete, di pressione arteriosa e di colesterolo, tutti a loro volta fattori di rischio per le malattie cardiovascolari.

Ma aumentano anche il rischio di tumori?

Un team di istituzioni di ricerca di Francia e Brasile, pur tenendo conto di altri fattori di rischio conosciuti, tra cui l’età, la storia familiare, il fumo e la quantità di attività fisica, ha comunque riscontrato un aumento specifico del rischio di tumore attribuibile a questo tipo di alimentazione. Anche in questo caso però è opportuno sottolineare che si tratta di uno “studio osservazionale”, che non ravvisa un nesso preciso di tipo causa ed effetto tra un singolo tipo di cibo e il cancro.

Sarebbe scorretto quindi affermare che il consumo saltuario di cibi spazzatura incida significativamente sullo stato di salute delle persone. I danni sistemici che questi junk food apportano all’organismo sono piuttosto il frutto di un consumo abituale e non è quindi il caso di allarmarsi se, ad esempio, se ne limita il consumo ad una volta al mese.

Ma perché questo tipo di alimentazione ha successo?

Innanzitutto è da rilevare che questi cibi costano poco. Calcoli sia pur approssimativi evidenziano che in linea di massima il cibo spazzatura costa almeno la metà e nutre 1/10 rispetto al pasto mediterraneo. Però….fa ingrassare il doppio… Poi, è comodo e, al palato non allenato, risulta buono. Senza un’adeguata educazione alimentare è difficile intuire per quale motivo, anche nelle scuole, i ragazzi debbano preferire uno yogurt bianco o una porzione di frutta a certe bustine coloratissime e….

Riprendo poi un concetto a me particolarmente caro: non si può affidare l’educazione alimentare alla pubblicità o ad una etichettatura “virtuosa”. Per combattere l’obesità bisogna intervenire da subito, prevenendola già nei bambini. E occorre che ci sia un sodalizio inequivocabile tra istituzioni, scuola e genitori.

Nutrire dovrebbe ritornare ad essere l’atto di amore per antonomasia. A cominciare dall’allattamento materno…

A venerdì prossimo