Diete alla moda

C’è qualcosa di profondamente soddisfacente
nel condividere un pasto.
Mangiare in compagnia,

spezzare il pane insieme,
è una delle esperienze umane più antiche

e fondamentalmente unificanti.

Barbara Coloroso

Dieta Hunza

Nel riprendere l’articolo del blog sui longevi, desidero fare un cenno all’alimentazione degli Hunza, il popolo più longevo del pianeta. Essi vivono nel Pakistan del nord, ai piedi della catena Himalayana. La loro alimentazione è prevalentemente vegetariana, basata su cereali come l’orzo, il miglio e il grano saraceno. Mangiano molta frutta, specialmente albicocche, ma anche more, pesche, pere, melograni, mele, ciliegie e noci. Si nutrono inoltre di pane integrale, germogli e germe di grano.

Alla luce di queste informazioni e della mia esperienza ho deciso di essere flessibile nell’elaborare le diete per venire incontro alle esigenze individuali. Tuttavia, quando mi viene lasciata libertà di manovra mi allineo alla dieta Mediterranea tradizionale, evitando le tendenze recenti.

E’ importante sottolineare che mangiare in stile mediterraneo non è solo una questione dettata dal fatto che si è residenti in Italia. Se ci si è orientati verso cibi ultra-trasformati, molto industrializzati e raffinati, non si può certo parlare di una vera dieta mediterranea. La dieta mediterranea, anche adattata ai giorni nostri, è salutare, gustosa e, facile da seguire.

Allora: perché complicarsi la vita con strane diete?

Non entrerò nel dettaglio di tutte le recenti diete alla moda, chiamate “FAD diet”. Il termine “fad” etimologicamente significa “mania, capriccio” e potrebbe essere tradotto come “dieta alla moda” o “dieta del momento”. Le diete FAD sono una definizione generica che racchiude molte delle diete di cui sentiamo parlare da anni, seguite anche dalle celebrità e imitate in tutto il mondo. Questi regimi diventano famosi rapidamente per poi svanire naturalmente, perché spesso sono basati su errori grossolani a livello nutrizionale. Secondo il mio punto di vista le diete FAD hanno un’accezione negativa, perché spesso promettono risultati veloci ed eclatanti, che sembrano troppo belli per essere veri.

Ma è proprio così?….

Alcune di queste diete FAD possono sembrare “professionali” ma, in realtà si basano su studi parziali, osservazioni limitate o esperienze troppo ristrette. Tuttavia vengono ancora promosse  come rivoluzionarie. In molto casi diventano addirittura “pericolose” perché cercano di ribaltare i principi della scienza ufficiale nell’ambito dell’alimentazione. Dobbiamo prendere con cautela anche le diete “privative”, che eliminano completamente specifici alimenti o addirittura interi gruppi alimentari.  Questo diete miracolose sembrano efficaci soprattutto se si acquistano integratori e prodotti commercializzati dal brand associato. Già!

Ma facciamo un po’ di ironia, perché l’argomento lo merita. Eviterò di mettere troppa “carne al fuoco”, perché ho molti amici vegetariani. Cercherò inoltre di non avere nemmeno troppi “grilli per la testa”, ma, ovviamente, neppure nel piatto.

E’ eticamente corretto ribadire che le informazioni, le opinioni, le esperienze degli esperti o pseudo-esperti sono pur sempre convincimenti personali che spesso sfociano in posizioni filosofiche o simili a quelle politiche. Le affermazioni autorevoli sono valide solo se supportate da una ricerca di base adeguata e non influenzate dalle proprie credenze. Il settore ha bisogno di esperti professionisti che siano competenti e soprattutto indipendenti e senza conflitti di interesse.

Studi scientifici

Quando si parla di studi scientifici, di pubblicazioni su riviste autorevoli e di protocolli di cura mirati, le testimonianze individuali, positive o negative che siano, non hanno rilevanza scientifica. La medicina e ancor di più la dietetica non procedono basandosi solo su testimonianze. Non siamo a Lourdes ma in un contesto di ricerca universitaria.

Nonostante mi occupi da diversi anni di prevenzione e terapia dietetica, non ho mai stilato una dieta uguale all’altra. Sono convinto che ognuno debba trovare il proprio equilibrio alimentare basandosi su prove ed esperienze personali. Per esperienza personale so che qualsiasi regime ipocalorico fa perdere peso. Ma è importante valutare se è sostenibile, salutare e duraturo nel tempo. Sono contrario ai dogmi.

Nonostante sia culturalmente predisposto a promuovere i principi della dieta mediterranea, riconosco che ancora oggi esistono sulla Terra popolazioni come gli esquimesi che consumano pochissimi carboidrati e per lo più proteine e grassi. Nel nostro contesto penso che il problema sia rappresentato principalmente dagli zuccheri raffinati e dal junk food.

La paura dei carboidrati

E’ possibile che la paura dei carboidrati nel mondo anglosassone derivi dal fatto che stiamo parlando di cibi diversi. Ad esempio il pane italiano, specialmente se integrale, richiede masticazione perché ha una consistenza completamente diversa. Il pane britannico invece è la classica fetta da toast, morbida e facile da masticare, con tutte le implicazioni che ne derivano. Lo stesso vale per la pasta italiana, che ha origini da farine di alta qualità e viene cotta al dente e non cotta troppo e immangiabile per noi buongustai, come in altri paesi.

Questo aspetto non è irrilevante nemmeno per i dietologi. Un consiglio amichevole: se si desidera chiedere aiuto e consulenza in questo campo, non valutare l’efficacia di un trattamento solo in base alla quantità di peso perso nel minor tempo possibile, ma controlla anche il curriculum del professionista a cui ti rivolgi. Inoltre: sii vigile. Il campo è pieno di insidie e ci sono troppi ciarlatani.  

Scegli un professionista competente

Nel concludere vorrei sottolineare come sempre che ogni individuo è unico e le esigenze nutrizionali possono variare da persona a persona. Pertanto, invece di seguire ciecamente diete alla moda o regimi rigidi, è consigliabile lavorare con un professionista competente che tenga conto delle tue specifiche esigenze e ti aiuti a trovare un equilibrio alimentare sano e sostenibile nel lungo termine tramite un approccio personalizzato e ben informato.

Per le prime due settimane di luglio parlerò di bikini, prova bikini e significati affini.

Dieta e longevità

Non si può pensare bene,
amare bene, dormire bene,
se non si è mangiato bene.
Virginia Woolf

Quale ruolo gioca il cibo nella longevità?

Blue zone

Il termine “blue zone” fu coniato da alcuni ricercatori che scoprirono delle zone del pianeta caratterizzate da un’aspettativa di vita straordinaria. Dopo verifiche meticolose, e svariate indagini, nei primi anni 2000, il demografo belga Poulain e l’epidemiologo italiano Pes identificarono alcuni villaggi, nell’area montuosa dell’Ogliastra, nei quali viveva un numero di centenari decisamente superiore alla media. Per segnare quest’area sulla cartina, Poulain e Pes, usarono un pennarello blu. Da questo derivò il nome “blue zone”.

Negli anni successivi, le ricerche di Poulain e Pes si estesero a tutto il mondo, portando alla luce altre zone blu. Oltre alle caratteristiche anagrafiche, in questi luoghi, a stupire, è la qualità della vita degli abitanti. Di questi luoghi, sorprende soprattutto il fatto che la demenza senile vi sia quasi sconosciuta . Parlando di zone blue, infatti, non si prende in esame solo la longevità intesa come arco di vita, ma anche come tempo di vita attiva, partecipativa, e qualitativamente degna di essere vissuta.

Queste zone blu sono: l’Ogliastra, regione montuosa della Sardegna, l’isola di Ikaria in Grecia, la prefettura di Okinawa in Giappone e la penisola di Nicoya in Costa Rica e probabilmente anche Loma Linda, in California.

Cent’anni di non solitudine.

In tutti questi luoghi, gli anziani, non sono assolutamente persone sole e rassegnate, non sono certo “rinchiuse” in case di cura, ma svolgono un ruolo attivo nella comunità e con essa mantengono strette relazioni sociali. In tutte queste aree, non è ancora stato scoperto un singolo fattore determinante in grado di spiegare il perché di una percentuale così elevata di longevi ma è ormai certo che questo non dipenda solo da una buona genetica di base. Gli studiosi hanno ipotizzato che questa condizione di longevità e di buona salute generale dipenda da una serie di fattori, tra i quali la dieta.

Riepilogo i fattori che i ricercatori hanno elencato come determinanti:

  • Condurre una vita semplice.
  • Coltivare forti relazioni familiari e sociali.
  • Nutrire la propria spiritualità.
  • Rimanere fisicamente attivi fino a tarda età, nel lavoro o in attività extralavorative quali ad esempio la coltivazione di un orto.
  • Avere sempre un progetto (forte senso di appartenenza alla comunità, curare e tramandare lavori, usi e costumi del luogo ecc.).

Quanto agli aspetti alimentari:

Alcune caratteristiche alimentari di base, rintracciate dai ricercatori, nonostante la lontananza geografica di queste zone fra loro, sono:

  • Una dieta prevalentemente vegetale, basata, quasi esclusivamente, su prodotti locali, stagionali e spesso coltivati in proprio. Le verdure sono l’alimento presente ad ogni pasto e in abbondanza e non certo come striminzito contorno.
  • Il consumo dei legumi è quasi quotidiano, come lo è anche il consumo di proteine di origine animale, ma, quest’ultimo, in quantità moderate (uova, formaggi, carne e pesce).
  • Il consumo degli zuccheri semplici è minimo. I dolci compaiono nella dieta solo in occasione di feste annuali come il Carnevale o il Natale, oppure in ricorrenze eccezionali come i matrimoni ecc.

La dieta è sempre e per tutti, moderata in quantità. Tanto per capirci, nell’entroterra sardo, gli anziani sono abituati a consumare una cena leggera all’imbrunire, mentre a Okinawa è diffuso il detto “hara haruchi bu”, che significa: “mangia fino a riempire otto parti su dieci” dello stomaco, e non oltre.

L’alimentazione locale si basa, inoltre, sull’autoproduzione del cibo ed è molto ricca di nutrienti utili alla prevenzione, con quasi il triplo di antiossidanti, vitamine e minerali, rispetto ai prodotti della grande distribuzione.

Tanto per fare un esempio, in Sardegna gli animali vengono tenuti al pascolo in ogni stagione. Essi mangiano in prevalenza il cibo che la natura ha stabilito per loro, ovvero erba e fieno. La loro dieta viene integrata solo in piccola percentuale con mangimi a base di cereali. Tutto questo fa sì che la carne e il latte di questi animali siano più sani rispetto a quelli degli animali tenuti negli allevamenti intensivi e al chiuso. La dieta dei centenari di Okinawa, tanto per fare dei confronti, ha delle differenze rispetto a quella dei sardi. I vegliardi nipponici si nutrono soprattutto di verdure, cereali integrali, alghe e pesce. La base dell’alimentazione, a Okinawa, è il riso integrale cotto al vapore. Questo riso è presente ad ogni pasto, compresa la colazione. In alternativa viene usata la “soba”, cioè un impasto di grano saraceno integrale.

Anche nelle altre zone blu la dieta è caratterizzata dalla moderazione. Sempre pochi eccessi. Inoltre, un’abitudine che accomuna diversi gruppi di centenari è l’assunzione dei pasti principali e degli eventuali spuntini, in un arco di 12 ore, per poter beneficiare di altrettante ore di digiuno notturno, un digiuno intermittente “ante litteram”.

La prossima settimana completerò questo viaggio nel mondo delle diete e dei popoli.