Alcol e i giovani

A volte pensavo al fegato,
ma lui non parlava mai,
non diceva mai:
“Smettila, tu stai ammazzando me e io ammazzerò te!”
Se avessimo il fegato parlante
non avremmo bisogno degli Alcolisti Anonimi.
Charles Bukowski

Era lì, in bella mostra, nel mobile della Tv, e la sua elegante confezione lo distingueva in modo netto dal resto della compagnia, in verità, alquanto anonima. Non ne ricordo né il nome, né il profumo e neppure il sapore. Ma non riuscirò mai a dimenticare il suo colore, glicine, colore che da allora non sopporto.

Tutto era iniziato a casa dei miei zii di Roma. Da piccolo, infatti, prima dell’inizio della scuola, trascorrevo d’abitudine due o tre settimane di settembre da loro, nella capitale. Erano pieni di premure per me.

Zia Jolanda, la sorella di mio padre, mi viziava oltre misura e mi teneva sempre con sé, quando faceva la spesa, durante le faccende domestiche, in ogni momento della giornata.

Zio Enrico, il marito, spesso assente per lavoro, quando rientrava, per stanco che fosse, era sempre pronto a giocare con me. E non era raro uscire con lui, a tarda sera, con la sua Lancia Appia grigio scuro, per andare a prendere un gelato in centro. Era un uomo colto e pieno di interessi, prova ne erano le sue annotazioni culturali, sulla storia e sulle bellezze di Roma, ad ogni angolo di strada, vicolo o piazza che si attraversasse.

Completavano la famiglia le mie due cugine, Sara e Gloria. Con Sara, più grande, era difficile legare, mentre con Gloria, di soli due anni più giovane me, c’era molta complicità. Mi aveva fatto conoscere molti dei suoi amici nel quartiere e, dopo pranzo, andavamo spesso insieme ai giardini del rione. Ebbene, il mio incontro con quel nettare del colore del glicine avvenne proprio lì, a casa dei miei zii. L’occasione fu una cena con amici nella quale non mancò il tocco finale………il liquore.

Nettare dolcissimo. Amore al primo sorso. A noi piccoli, però, era consentito solo un piccolo assaggio. Per quella sera tutto fini lì. Ma quella bottiglia faceva su di me l’effetto del canto delle sirene su di Ulisse nel suo viaggio di ritorno a Itaca. Dopo quella occasione feci in modo di passare sempre più spesso davanti a quella bottiglia che calamitava così tanto la mia attenzione.

E, infine, un giorno che per qualche ora fui lasciato a casa da solo, accadde l’inevitabile. Ero troppo piccolo per resistere alla tentazione e così mi lasciai andare a qualche piccolo assaggio. Di certo esagerai perché, all’ improvviso, fui preso da una fortissima nausea.

Gli zii, rientrati, non riuscivano a spiegarsi come mai non avessi voglia di guardare la Tv quella sera…..Le vacanze poi finirono e la sola cosa che mi rese accettabile lasciare i miei cari parenti fu la certezza che non mi sarei più trovato di fronte a quella bottiglia del colore del glicine.

Sono passati molti anni e, ora, l’esperienza mi suggerisce di affermare che non conviene ricorrere al proibizionismo come forma di prevenzione e dissuasione dal consumo di alcol. L’ideale sarebbe cercare di educare alla salute già nell’età scolastica, adottando programmi di facile comprensione, e ricorrere a campagne di comunicazione e di sensibilizzazione al problema della alcoldipendenza.

Oltre che informare, lo scopo fondamentale è quello di far presenti i tabù sociali, alla stregua di quanto accade in Nord Europa, dove mettersi al volante dopo aver bevuto più di una birra o di un bicchiere di vino è ritenuto un atto grave, di cui vergognarsi, ed è considerato reato.

Spesso il consumo di alcol avviene fuori dai pasti. Cresce l’abuso tra i giovani che purtroppo hanno scarsa conoscenza dei rischi. E’ risaputo che l’adolescenza è un periodo di grandi sconvolgimenti ormonali, fisici ed emotivi, di passaggio dall’essere bambini al mondo degli adulti. E proprio in questo periodo della vita, per i giovani, è fondamentale essere parte di un gruppo.

Il che significa abbracciare tutte le scelte e le mode che il gruppo impone, anche quelle che poi così corrette e così sane non sono. E tra le mode, o meglio, tra le cattive abitudini diffuse in adolescenza c’è l’eccessivo consumo di alcol.

I giovani sono molto vulnerabili, sia per la loro ridotta capacità di metabolizzare l’alcol sia perché il consumo eccessivo può causare un rallentamento dello sviluppo mentale ed emotivo. Non a caso l’Oms raccomanda la totale astensione dall’ alcol fino ai 15 anni stabilendo che nessuno, in quella fascia di età, dovrebbe essere sollecitato all’uso, anche moderato, di bevande alcoliche.

Premesso che non esiste un consumo di alcol benefico, in generale, personalmente, sottolineo che i giovani sotto i 18 anni non dovrebbero bere affatto, lo stesso vale per coloro che si mettono alla guida, o assumono farmaci, e per le donne in gravidanza o in fase di allattamento.

La fascia tra i 16 e i 18 anni è probabilmente la più esposta, perché da una parte non è tutelata dalla legge come i ragazzi più giovani (sotto i 16 anni esiste il divieto di somministrazione di bevande alcoliche), dall’altra non possiede ancora in modo completo né la capacità di metabolizzare l’alcol, né la maturità necessaria per affrontare responsabilmente il consumo di bevande alcoliche.

È quindi particolarmente importante far nascere e crescere nei giovani una cultura del consumo di alcol legata ad uno stile di vita sano e corretto e a valori positivi di socialità e convivialità.

Non va tralasciato nemmeno l’aspetto dell’ambito familiare, il primo luogo di acquisizione dei giusti comportamenti. In una famiglia in cui si beva in maniera moderata, durante i pasti, o per festeggiare un’occasione particolare, i figli tenderanno più difficilmente ad associare il consumo di alcolici a comportamenti trasgressivi o scorretti e senza controllo.

Anche a casa, tra i messaggi educativi che si trasmettono ai figli, dovrebbe sempre essere presente un’adeguata conoscenza dell’alcol e delle bevande che lo contengono e la consapevolezza degli effetti negativi che un eventuale consumo inadeguato dello stesso può provocare a se stessi e agli altri.

Mi ripeto: cercare di dissuadere un adolescente dall’accostarsi all’alcol attraverso la proibizione a consumarlo è inutile e può diventare controproducente. L’età adolescenziale, infatti, è, di per se, caratterizzata dalla tendenza ad atteggiamenti critici e, più in generale, alla ribellione, oltre che dalla naturale ricerca dei propri limiti.

L’unica possibilità per tenere i giovani al riparo dal rischio dell’eccesso di consumo di alcol è quella di stimolare in loro un’adeguata consapevolezza del limite che separa l’uso dell’alcol dal suo abuso, e la conseguente capacità di comportarsi in modo corretto a riguardo.

La prossima settimana completeremo l’argomento “alcol”

3 thoughts on “Alcol e i giovani

  1. Come sempre inappuntabile il nostro dott.Angelo.Lodevole l’iniziativa perchè,pur sembrando un argomento desueto come tutti ormai sanno,l’uso e abuso di alcol tra i giovani costituisce una vera e propria emergenza sociale di cui non si finisce mai di sottolinearne la pericolosità, e i rischi sulla salute insieme allo sviluppo di una sicura dipendenza sono notevoli,perchè, come è noto, anche l’alcol è una droga.Una moda,uno stile di vita che caratterizza soprattutto l’età adolescenziale.Le motivazioni più frequenti,si sa,vanno dal volersi sentire parte di un gruppo al desiderio di provare emozioni forti e vivere continue occasioni di sballo.Per sfuggire a un disagio ci si precipita in un altro.Si segue,all’incirca ,un modello di comportamento che in America viene chiamato “Binge Drinking” che insieme al fumo porterebbe a superare tutti i sentimenti negativi,frutto di una società compromessa,malata e a sentirsi così più indipendenti e adulti con una maggiore visibilità sociale. Fuga? Carenza di autentici valori morali? Attrazione per l’effimero? Infinite saranno le risposte perchè altrettanto infinite le convinzioni e magari tutte plausibili,come quelle di una gioventù fragile,una società corrotta, disorientata e senza “radici” (in rotta di collisione col passato).Naturalmente un sincerissimo “mea culpa” è doverosissimo e che riguarda noi adulti per le numerose scelte sbagliate ,sociali,etiche e politiche del recente passato che hanno incoraggiato e fomentato il loro malessere.Un grido d’aiuto per molto tempo ignorato.Internet poi, i messaggi pubblicitari e subliminali e l’uso e consumo del “carpe diem” ,si sa,possono essere in grado di manipolare le coscienze dei più fragili,offrendo surrogati modelli di comportamento fittizzi e surrettizzi o subdoli.Grazie ancora dott.Angelo per lo spunto offerto che può sembrare apparentemente trito e ritrito ,ormai esaustivo nel suo genere , che,in definitiva, non abbia più nulla da raccontare .invece… Alla prossima. Cosimo(mimino).

  2. Sempre molto interessante e veritiero! io ho avuto la fortuna di avere dei genitori che hanno saputo di farmi conoscere il vino, dopo i tredici anni, ma con le dovute cautele e con il loro esempio:gustare il vino ma con la dovuta parsimonia! dopo i diciotto anni il papà mi fece assaggiare un goccio di grappa dal suo piccolo bicchierino,allora era d’uso dopo cena.Non mi sono mai appassionata al vino, ne tanto meno ai liquori.Infatti quando cucino sono sempre incerta che vino aggiungere alla cottura delle pietanze.

    Mi spiace che non apprezzi il colore del glicine, che invece io adoro, sia il colore che la pianta!
    Cordiali saluti.

    Jone

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