Fritti di Carnevale

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Crostoli – Chiacchere

Venezia, sipario teatrale itinerante umano. A Venezia anche ai nostri giorni la febbre del carnevale è perenne e prosegue tutto l’anno. I misteri e le atmosfere dei tempi andati impregnano a tuttora euforicamente le calli. Una poesia di Carlo Goldoni dedicata al Carnevale rappresenta lo spirito della festa: “La stagion del Carnevale tutto il mondo fa cambiar. Chi sta bene e chi sta male, Carnevale fa rallegrar. Chi ha denari se li spende; chi non ne ha ne vuol trovar; e s’impegna, e poi si vende, per andarsi a sollazzar. Qua la moglie e là il marito, ognuno va dove gli par; ognun corre a qualche invito, chi a giocare e chi a ballar. Par che ognuno di Carnevale, a suo modo possa far, par che ora non sia male anche pazzo diventar. Viva dunque il Carnevale che diletti ci suol dar. Carneval che tutto vale, che fa i cuori giubilar.

Pifferi! Trombe! Tamburi! Colori! Grida! Suoni!! Visi! Risate! Facce di tutte le forme, di tanti tipi. Facce allegre, facce tristi, facce serie, facce d’artisti. Un continuo riconoscere e non riconoscere. Balli e canti. Il carnevale ci libera dalla formalità quotidiana. Un tourbillon di frenesie, note, odori, colori e sapori che accomunano tutti in un gioco dell’essere non essere se stessi ed altri. Liberarsi, svestirsi di quella routine che ci viene proposta nella quotidianità delle nostre giornate, di quel formalismo di cui magari ci “dobbiamo” vestire per apparire, ma che magari non vorremmo essere. Così ci aggrappiamo all’illusione di poter fermare il tempo almeno per un po’, per tornare bambini e per ritrovare quelle sensazioni di sogno che lo stress del vivere, la monotonia del giorno dopo giorno ha assopito quasi del tutto. Sceglieremo allora il nero per essere Zorro o i mille colori per trasformarci in Arlecchino. Ma anche mangeremo gli spaghetti con le mani come Pulcinella e saremo tutto ciò che la nostra fantasia ci proporrà di essere. E sarà opulenza sulla tavola di tutte le case per scongiurare i giorni tristi del digiuno quaresimale. Il Carnevale, destinato a precorrere e bilanciare i rigori della quaresima, è il momento dell’eccesso alimentare. Nelle settimane di penitenza, fino a Pasqua, non sarà più possibile, seguendo i precetti della Chiesa, mangiare carne e altri alimenti che eccitano i sensi (dall’espressione latina” carnem levare”). Ma etimologicamente si fa risalire il termine anche alla locuzione “carrum novalis”, ovvero un carro usato dai romani per celebrare l’inizio dei festeggiamenti. La sua saga è stata rielaborata partendo da pratiche più antiche e tradizioni che rimandano ai culti ancestrali di passaggio da inverno a primavera. Già nell’antico Egitto si era solito tenere periodi di festa in onore della dea Iside con la presenza di gruppi mascherati. La consuetudine dell’uso dei travestimenti era comune anche durante le feste in onore del Dio Dioniso con un temporaneo rovesciamento dell’ordine precostituito e con pratiche di dissolutezza. Le feste pagane si celebravano anche nell’antica Roma, durante le quali, oltre ad offrire sacrifici agli dei, si sovvertiva il normale ordine sociale e ci si dedicava a sfrenati festeggiamenti. Il motto era “semel in anno insanire licet”, ovvero, almeno una volta all’anno è lecito non aver freni. Lo spirito che animava le vecchie classi dirigenti latine o le oligarchie veneziane era simile: la concessione e l’illusione ai ceti più umili di poter burlare pubblicamente i ricchi, indossando una maschera sul volto. Una valvola di sfogo sull’esempio del “panem et circenses“ latino. L’avvento del cristianesimo non ha abbandonato questa festività, pur modificandone il significato: un momento per divertirsi prima della quaresima, periodo dell’anno dedicato alla purificazione in vista della Pasqua.

Maschere: “Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”. “Luigi Pirandello”.

“Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero”. “Oscar Wilde”.

Il mettersi la maschera per spacciarsi con altre identità è di per sé una bugia, la volubilità del momento connaturata nell’argomentare, nel chiacchierare. Ogni paese ha poi avuto maschere peculiari, iconiche, con un proprio costume: Balanzone, Stenterello, Rugantino, Rosaura, Pulcinella, Pierrot, Pantalone, Meneghino, Gianduja, Colombina.

Ricetta Frittelle di carnevale - Le Ricette di Buonissimo
Frittelle

Da un album di foto, il ricordo ingiallito di un bambino dagli occhi vispi e dal viso mascherato. Le mani poggiate al piano di marmo del tavolo della cucina a scrutare il ritmico movimento dell’impastare. Sotto lo sguardo affettuoso della mamma. Poco lontano lo scoppiettare dell’olio reclamava le pastelle che avrebbe modellato per creare dolci di tutte le forme. Di fianco le abili mani della cara nonnetta pronti ad elargire cucchiaini di quel cremoso affetto che poi sarebbe servito per colmare il vuoto delle bionde frittelle. Nonnina Agata che tosto si trasformava in una zelante cameriera allorquando giungeva il momento di servire a tavola tutto ciò che era stato sapientemente preparato. Carnevale: periodo di grandi fritture. Dissolutezza anche alimentare? È il periodo in cui si usano dolcetti che in tutta Italia sono sinonimi di Carnevale, pur avendo nomi e varianti differenti in ambito regionale: cenci, crostoli o galani, fritole, graffe, frappe, bugie, chiacchiere, castagnole. In ultima analisi le antiche “frictilia”, fritte nel grasso di maiale e preparate dalle donne romane per festeggiare i Saturnali, festività che corrispondevano al nostro Carnevale. L’usanza della frittura deriva anche dal fatto che in gennaio/febbraio la natura e le pratiche agricole prevedevano la macellazione dei maiale con conseguente abbondanza di strutto. Ideale, a quei tempi, come grasso per frittura. Come comportarci con le fritture? Qual è la cottura che rispecchia meglio tale clima di effervescenza? La frittura già di per sé nell’ambito della cottura degli alimenti è un eccesso, una stravaganza alimentare portata al limite. La scenografia della frittura, la danza dell’alimento messo nell’olio bollente, il suo piroettare e scoppiettare: tutto è sovraeccitato. Non bisognerebbe mai friggere a temperature inferiori a 160°C ma nemmeno superiori a 180°C. Occorre friggere gli alimenti un poco alla volta, a piccoli pezzetti, in modo da ridurre il tempo di cottura ed ottenere così una migliore resa. Quale olio privilegiare? Gli oli di qualità per una buona frittura sono l’olio di girasole alto oleico (selezione di semi di girasole particolarmente ricchi di acido oleico), l’olio di arachidi, ma soprattutto l’olio extravergine di oliva. La tradizione voleva i suddetti dolci fritti nello strutto. Poi, col tempo, molti cuochi hanno preferito l’olio di arachidi, dal sapore abbastanza neutro. L’olio di oliva viene oggi raccomandato perché sopporta la temperatura più elevata, richiesta da questo tipo di cottura, senza raggiungere il punto di fumo (per l’olio evo intorno ai 180°C), tecnicamente il punto nel quale un grasso si altera e perde il colore, generando composti (acroleina in primis) di cattivo sapore e per lo più tossici. Una temperatura compresa tra i 160 e i 180° è sufficientemente alta per evitare che le frittelle si impregnino e nello stesso tempo assicurare una giusta cottura. L’olio extravergine contiene vitamina E e i polifenoli, antiossidanti che esercitano un’efficace protezione contro i fenomeni di degradazione in frittura dovuti all’ossigeno. Una ricerca spagnola (Granada) ha evidenziato che con un olio evo adeguato alcune verdure rilasciano copiosamente la frazione fenolica, sostanza preziosa antiossidante. Uno studio effettuato presso l’università di Napoli ha evidenziato che dopo una frittura ben condotta di 7-8 minuti con olio evo, da ogni 100 g di patatine fritte è stato possibile estrarre tra i 3 e gli 8 mg di sostanze fenoliche antiossidanti. In più si è scoperto che sia le patate che le verdure mantengono le loro proprietà nutritive in maniera superiore se fritte nell’olio evo che cotte in acqua. Il discorso si complica e peggiora se al posto dell’olio evo vengono adoperati alcuni tipi di olio di semi. Recente ulteriore scoperta: un lavoro pubblicato sulla rivista Journal of Medicinal Food afferma che il contenuto glicemico degli alimenti si riduce notevolmente se essi sono cotti nell’olio. Poniamo come esempio le patate: durante la frittura si tende a formare in esse amidi resistenti non assorbibili, mentre la classica cucina in padella porta alla formazione di amidi parzialmente digeribili dall’apparato digerente. La frittura non nuoce nemmeno alla bilancia, purché si mettano in pratica alcuni accorgimenti. Opportuno utilizzare sempre olio nuovo, evitando di riciclare l’olio già usato, in quanto anche alle temperature moderate una certa decomposizione avviene inevitabilmente. Sicché, utilizzando più volte lo stesso olio, esso si arricchisce sempre più di nocivi acidi grassi liberi. La frittura è sicuramente, e non solo dai golosi incalliti, uno dei metodi di cottura più amati. A tanta bontà corrisponde tuttavia un rovescio della medaglia meno gradevole: il notevole apporto di calorie. D’altronde cos’altro sperare da una cottura che prevede l’immersione completa dell’alimento in un grasso? È risaputo che le cose buone della vita o fanno male o sono immorali. O, ancor peggio per la nostra società, fanno ingrassare. “George Bernard Shaw”. Tuttavia oggi la frittura è stata “sdoganata” anche sotto il profilo salutistico. L’alimento fritto non entra mai in contatto diretto con l’acqua in cui si disperdono soprattutto le vitamine idrosolubili. Inoltre il breve tempo di cottura permette di non danneggiare le vitamine più termosensibili. La crosticina croccante esterna che si forma protegge l’alimento dall’ossigeno, portando a perdita di vitamina C e vitamine del gruppo B solo del 20%. Il ridotto contatto con l’ossigeno protegge anche i grassi buoni, omega 3. L’olio deve essere abbondante (1 litro per 100 g di prodotto) e l’alimento deve essere freddo, in quanto maggiore sarà la differenza tra la temperatura dell’olio e quella dell’alimento, meno grasso sarà assorbito dalla frittura. Auspicabile tamponare con carta paglia (che non cede sostanze chimiche all’alimento) subito dopo aver estratto i cibi dal grasso di frittura per ridurre l’assorbimento di olio. La fase di asciugatura prima della frittura è fondamentale. Un cibo troppo bagnato fa diminuire rapidamente la temperatura dell’olio e rovina la consistenza della panatura. Il fritto è inoltre più digeribile rispetto ad altri tipi di cottura in quanto l’alimento si disidrata ed è più facilmente aggredibile dai succhi digestivi. Infine la frittura mantiene l’integrità dell’alimento perché essendo una modalità di cottura rapida, i nutrienti presenti nell’alimento non vengono eliminati dal calore (vengono preservati anche gli omega 3 del pesce). L’alimento deve essere poco rivestito. I cibi infarinati assorbono la metà del grasso rispetto agli alimenti impanati.

Orbene approfittiamo di questi giorni per giustificare travestimenti e stravaganze, ma anche qualche peccato di gola da “semel in anno”.

Siamo fritti! Ma ogni tanto è meglio che non “arrivare bolliti”… Ovviamente mirando alla qualità, alla quantità e alla combinazione del pasto. E’ immotivata dunque l’affermazione che la frittura con olio di oliva rende l’alimento più pesante. La sensazione erronea è dovuta agli aromi e profumi penetranti dell’olio di oliva, assenti in molti altri tipi di oli, per lo più “deodorati”. E’ bene evitare di aggiungere spezie o sale ai cibi da friggere, poiché accelerano la disgregazione dei grassi. Salare solamente al momento del consumo. Il sale richiamando acqua rovinerebbe la formazione della crosta e renderebbe morbido e non croccante il fritto. Comunque, anche con tutti i migliori accorgimenti è raccomandabile limitare la frittura ad una volta a settimana. Auspicabile abbinare il fritto con le verdure amare che contengono sostanze detox supportando il lavoro epatico. Le fibre in esse contenute riducono l’assorbimento delle sostanze tossiche.

Il vostro amico dietologo sarà disposto “in questi giorni” ad assolvervi dai peccati di gola. Il cibo è e deve rimanere sempre e comunque un piacere e non un conteggio arido di calorie. Appetiti, passione, desideri. Buon Carnevale!

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