Educazione alimentare

Il dottore mi ha detto di smettere
di fare cene intime per quattro.
A meno che non ci siano le altre tre persone!

(Orson Welles)

La dietologia e, soprattutto, l’eccesso di peso sono temi diffusi ma tuttora intrisi di pregiudizi e di “sentito dire” piuttosto che di asserzioni debitamente convalidate.

Considerato che il rapporto nutrizione-salute dovrebbe riguardare tutti i cittadini, è inevitabile che se ne parli sempre di più.

Tuttavia, spesso, si ricorre a nutrizionisti improvvisati, figure di scarsa preparazione, prive di adeguate conoscenze, e più interessate a proporre soluzioni accattivanti, benché scientificamente fragili (presunti pregi o difetti dei singoli cibi, quante calorie in questo o quel piatto….).

Con altrettanta facilità si inseguono le “mode” alimentari (tuttora vengono proposti schemi incongruenti dal punto di vista dietetico, inutilmente punitivi o del tutto inefficaci nel trattamento “cronico” del sovrappeso e dell’obesità). Altra nota dolente sono le promozioni di erbe, tisane e altri, indefiniti, rimedi.

Certo, lo scopo della pubblicità non è quello di educare ma non per questo si dovrebbe permettere lo stravolgimento della realtà scientifica e la conseguente confusione di idee.

Spesso poi, anche in televisione, assistiamo a programmi o interviste da “bar sport della dieta”. Non posso nascondere la mia personale insofferenza verso ciò che la tv, troppo spesso, propone sul tema, apparentemente inesauribile, della gastronomia e delle diete.

In conclusione, dato il mio impegno di divulgatore e i miei studi in proposito, trovo profondamente sbagliato il modo in cui, troppo spesso, viene affrontato il tema “nutrizione”.

Sarebbe il caso di chiarire anche cosa si debba intendere per “porzione” adeguata dei principali alimenti.

Ad esempio, quando si va al ristorante, è opportuno ricordare che questi sono “esercizi di somministrazione” che, a differenza dei negozi, non sono tenuti a vendere secondo le richieste del cliente. Quindi, la quantità di porzione servita dipende dal buonsenso del ristoratore.

Sarebbe auspicabile che venisse ridimensionata la grammatura dei primi piatti (i cosiddetti ristoranti per camionisti servono quantità di pasta per lo meno doppie rispetto ai locali raffinati della nouvelle cousine), pur senza arrivare alla esasperazione dei microassaggi, magari di qualità diverse, ma con una troppo drastica riduzione quantitativa del vecchio, pur ormai eccessivo, primo piatto.

Proporre delle porzioni di pasta di 40-50 grammi, come talvolta si legge nelle DIETE IMPROVVISATE DI QUALCHE INCOMPETENTE, è quasi una provocazione che scoraggia anche gli obesi di migliore buona volontà.

Ma non è nemmeno ammissibile che un giovane sportivo ingerisca 180-200 grammi in una sola porzione, anziché suddividerli in due pasti. Oltretutto la consuetudine alle super-porzioni predisporrà ad un più facile ingrassamento quando, da adulti, si dovrà poi abbandonare o ridurre l’intensa attività fisica per entrare in una normale vita lavorativa.

È sempre difficile, per il dietologo, intervenire sull’abitudine a porzioni che dilatino troppo lo stomaco o che creino senso di sazietà con un apporto energetico non più necessario.

L’alimentazione umana è una cosa seria e i problemi del sovrappeso o della prevenzione dietetica non si risolvono con i discorsi, vaghi, dei non addetti ai lavori.

Ci saranno pure altri mezzi per ravvivare l’audience di alcuni programmi televisivi! È naturale che la Tv si sforzi di essere accattivante e che i conduttori non vogliano appesantire il tema trasformandolo in una tavola rotonda di esperti.

Tuttavia i pregiudizi e la disinformazione che dominano riguardo all’obesità riaffiorano, in queste occasioni, in una miriade di luoghi comuni che il vero esperto di turno non ha tempo e modo di smantellare. Questo tanto più perché l’obesità è più diffusa fra le classi sociali con più basso titolo di studio.

Il parere di una showgirl o di un giornalista, pur bravi, dovrebbe essere ininfluente ed invece risulta fuorviante per chi è vittima del problema e, magari, spera nel consiglio serio e specialistico di chi ha titolo per dibattere un tema che l’Oms considera tra i più gravi del momento.

Stiamo attenti a non approfittare della credulità dell’ascoltatore perché l’atto del mangiare non può, e non deve, essere ridotto ad un puro conteggio di calorie, di colesterolo o di zuccheri. Per l’essere umano mangiare dovrebbe significare molto più che nutrirsi.

La consuetudine alimentare ha implicazioni complesse e non va soffocata in un rituale rigido e ripetitivo come quello di una dieta, soprattutto quando la prescrizione non è fondata su elementi scientifici certi e non è proposta da veri specialisti della materia, gli unici consapevoli dei risvolti negativi insiti nei diktat di qualsiasi dieta.

Non sarebbe male se la corretta educazione alimentare partisse dai banchi di scuola, a cominciare, ad esempio, dalla corretta lettura delle etichette alimentari.

Un vecchio slogan che può essere recuperato è quello che recita:“Controlla il peso, controlla le etichette”.

Non si pretende che ciascuno di noi sia dotato di aggiornate conoscenze di biochimica e di metabolismo corporeo ma è importante offrire un ulteriore elemento di valutazione, da aggiungere a quello prioritario delle caratteristiche gastronomiche, magari per privilegiare negli acquisti le aziende che riportano l’etichetta nutrizionale anche quando questa sia facoltativa.

Tutti dovrebbero sapere che l’ordine dei componenti citati in etichetta è obbligatoriamente decrescente, in base al peso; perciò il prodotto citato per primo è sempre quello presente in quantità maggiore, mentre le voci successive si riferiscono a ingredienti che hanno un peso progressivamente inferiore e perciò meno influente, almeno sul piano energetico.

Mi auguro che sia la scuola a dare sistematicamente ai ragazzi le nozioni fondamentali riguardo al ruolo della nutrizione. Se non altro per evitare che sia poi la pubblicità, per sua stessa natura non neutrale, a fornire in forma accattivante ma poco obiettiva (basti pensare a quello che si afferma e promette in tema di dimagrimento) quelle nozioni di base sul ruolo degli alimenti che non possono essere più ignorate in una società avanzata.

Sappiamo tutti che la scuola è sovraccarica di impegni formativi ma è pure ora di sfoltirla di alcune forme di inutile nozionismo per inserire argomenti decisivi per il loro ruolo nel garantire una buona qualità e aspettativa di vita. Con il massimo rispetto per Attilio Regolo e le date delle guerre puniche, ritengo che memorizzare queste cose non possa dare frutti (almeno come ricaduta sociale) neppure lontanamente comparabili con la sola lettura degli ingredienti nutrizionali di un alimento.

È inoltre necessario trasmettere ai ragazzi anche la cultura del movimento fisico e dello sport attivo. Negli ultimi 60 anni la spesa “calorica” di una giornata media della nostra vita si è ridotta molto più di quanto non si sia ridotto l’introito energetico.

Mangiamo meno calorie dei nostri nonni ma questo non basta a compensare la restrizione della spesa calorica dovuta alla sedentarietà ed ai comfort della vita di oggi. E, soprattutto per quanto riguarda i ragazzi, la dieta non può essere penalizzata ulteriormente (ma riequilibrata sì).

E’ necessario, invece, rieducare i giovani ad una attività fisica regolare, quale il camminare, e alla pratica di un qualsiasi sport di movimento.

Non sarebbe male se la scuola cominciasse a dare maggiore importanza anche alle, sempre troppo poche, ore di educazione fisica e magari riproporle in forma più moderna e accattivante. Anche perché fare una sana attività fisica stimola a fare una sana colazione, migliora i rendimenti scolastici ….

Di alimentazione, di nutrigenomica, intendo parlare ancora in modo dettagliato. Ma la prossima settimana passiamo ad un argomento “attuale” ….. gli esami scolastici

3 thoughts on “Educazione alimentare

  1. “Educazione alimentare” e “L’importanza della sana alimentazione” (del 14 maggio scorso) questi due articoli, ricchissimi di informazione, sono quelli che io considero di una reciprocità fondamentale. Li collocherei tra gli imperdibili. E non perché gli altri espressi dal dott. Angelo abbiano una caratura diversa, ma che li considero gemellare, uno l’immagine speculare dell’altro. Se si aggiunge poi il rigore scientifico con cui sono stati trattati, i due articoli sopra segnalati, allora non possiamo davvero farne a meno,sottolineandone la bontà, se consideriamo il “bailamme” in un settore dove improvvisati divulgatori senza scrupoli(non mi stanco di ripeterlo) non sempre preparati a livelli ottimali(e magari spinti da ben altri scopi) riescono a farsi strada. I risultati possiamo anche solo immaginarli. Comprendiamo così, allora, tutto il disappunto del dott. Angelo e ne condividiamo i timori. Pertanto, secondo il Nostro, l’educazione alimentare deve essere un processo informativo il cui principale obiettivo è di migliorare lo stato nutrizionale della popolazione al fine di promuovere adeguate abitudini alimentari, eliminando atteggiamenti in conflitto o in dissonanza con una sana e corretta alimentazione, costituendo il primo intervento preventivo a tutela della salute e dell’armonia psico-fisica. Secondo il Nostro, quindi, alimentarsi correttamente è soprattutto il risultato di coordinate psicologiche, sociali, culturali(e anche politiche) che insieme concorrono a formare “l’atteggiamento” alimentare. Una corretta e sana alimentazione, sembra voler ribadire il Nostro, non punta solo sulla qualità e quantità di ciò che mangiamo, ma coinvolgendo, per armonizzarsi all’intera persona, ambito psicologico, relazionale e ambientale. Da qui l’urgenza, giustamente, del dott. Angelo, di coinvolgere principalmente, come non mai, tutte le istituzioni scolastiche ed educative di un territorio, partendo dalle programmazioni dei singoli docenti, dai programmi didattici informativi con la stessa dignità delle altre classiche discipline, mediante l’ausilio di opportuno materiale didattico e di ricerca. Quindi la scuola, fa capire il dott. Angelo, può e deve, senza esitazione svolgere un ruolo centrale di divulgazione a 360°, dove il cibo venga considerato come vera e propria materia di studio(coinvolgendo anche le famiglie), rafforzando ancor più il legame tra studenti e famiglie. Ecco allora la necessità da parte della scuola di lavorare in sinergia, e prima ancora, sia sul nucleo familiare che sul singolo studente. Sensibilizzate così le famiglie alle problematiche alimentari, potranno senza dubbio aiutare i figli nell’assumere le giuste e corrette abitudini alimentari. Questo tema, so già, sarà approfondito dal Nostro nel prossimo articolo. In attesa saluto e ringrazio cordialmente il dott. Angelo. Cosimo (mimino).

  2. Lieber Dr. Bianco, dies ist wieder ein sehr unterhaltsamer Artikel zu einem eigentlich ernsten Thema. Sehr gut ist auch das Vorwort über Orson Wells. So präsentiert kann man Ihre guten Hinweise mit viel Amüsement zur Kenntnis nehmen. Ich bin gespannt auf die Fortsetzung.

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