Il Miele (parte seconda)

Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa,
c’è miele e latte sotto la tua lingua
e il profumo delle tue vesti
è come il profumo del Libano.
(Cantico dei Cantici)

Un po’ di storia

Le prime tracce di arnie costruite dall’uomo risalgono al sesto millennio a.C. Il miele era già conosciuto in Egitto, Mesopotamia, antica Babilonia e Grecia, ed era una componente importantissima dei riti che prevedevano offerte votive alle divinità.

Virgilio, il massimo poeta della latinità, tratta, nel quarto capitolo delle “Georgiche”, l’argomento dell’apicoltura. Il mondo delle api ha ispirato pagine sublimi della letteratura latina.

Società matriarcale

L’ape è un insetto estremamente evoluto ed è definito eusociale. Essa vive in una società ben strutturata, l’alveare, che è organizzato per caste, tre, ognuna delle quali presenta caratteristiche proprie e ha compiti ben differenziati e precisi: l’ape regina, i fuchi e le api operaie, tutte indispensabili per il mantenimento dell’equilibrio dell’alveare e per il suo corretto sviluppo.

La maggior parte delle api è di genere femminile, lo sono la regina e tutte le operaie.

Solo l’ape regina, la madre di tutte le api di un alveare, è feconda. L’alimentazione della regina è particolare: essa è l’unica che viene nutrita per tutta la vita con pappa reale. La sua speciale alimentazione non è responsabile solo del suo diverso aspetto, ma anche della sua longevità. Un’operaia vive circa 4 settimane durante la stagione produttiva e non più di 6 mesi durante l’inverno. La regina, in alcuni casi, può sopravvivere fino a 5 anni, anche se in media non supera i 2-3 anni.

I suoi compiti

L’ape regina, essendo l’unica femmina fertile, deve preoccuparsi solo della deposizione delle uova. Nel periodo di piena espansione dell’ alveare, può deporre fino a 2000 uova al giorno! Alcuni studi, poi, hanno dimostrato che l’ape regina sarebbe in grado di capire quando è necessario deporre più uova da fuco per mantenere in equilibrio la popolazione dell’intero alveare.

Accoppiamento e fecondazione

Quando una regina esce dalla sua cella, è “vergine” ovvero non fecondata e, in questa condizione , non sarebbe di alcun aiuto allo sviluppo della colonia. Tra il 5° e il 15° giorno dopo la sua nascita, essa inizia dei voli di perlustrazione all’esterno dell’alveare, che culminano nel cosiddetto “volo nuziale”, verso il luogo dove si concentrano i fuchi, per l’accoppiamento.

Si sa per certo che durante un volo nuziale, la regina si accoppia con più fuchi. Più alto è il numero di fuchi che la fecondano, maggiore sarà la costanza nel tempo dell’ovodeposizione, il che consentirà un’alta variabilità genetica all’interno dello stesso alveare, cosa questa importante per la sua sopravvivenza e salute.

I fuchi non escono indenni dall’accoppiamento. Una volta che questo è terminato, i loro organi genitali vengono letteralmente strappati e questo ne comporta la loro morte.

Le api sono sensibili ai campi elettromagnetici

Che si tratti di una società matriarcale laboriosa e organizzatissima è notorio. Un po’ meno si sa che le api sono un indicatore di qualità ambientale straordinariamente sensibile. Esperimenti condotti nell’università tedesca di Landau suggeriscono, ad esempio, che le api possano essere gravemente minacciate dalle onde elettromagnetiche dei cellulari. Gli insetti, secondo queste ricerche, rifiutano di rientrare negli alveari se nei paraggi si trovano ripetitori o congegni elettromagnetici.

Ritornando ad un argomento già affrontato nel precedente articolo è opportuno ribadire che non tutte le specie botaniche sono adatte alla produzione di miele. L’Italia è senz’altro uno dei paesi con la più grande varietà di miele uniflorale che, quando molto puro, ha caratteristiche organolettiche diversissime tra loro. Tuttavia si può trovare che un miele uniflorale sia inquinato da altre varietà che ne diluiscono le caratteristiche.

Alcuni tipi di miele, venduti al supermercato, restano sempre liquidi, ma questa loro caratteristica potrebbe dipendere dall’aver subito trattamenti come la fusione o la pastorizzazione ad alte temperature. Una volta scaldato a più di 45°C, il miele non formerà mai più cristalli; si tratta di un processo che danneggia la carica enzimatica del prodotto e dunque ne intacca le proprietà.

Ulteriori fattori che possono incidere sulla cristallizzazione del miele

Temperatura: se lo si conserva al freddo, a temperature inferiori ai 10°C, la cristallizzazione sarà più rapida. D’estate lo stesso tipo di miele si cristallizza meno che d’inverno. Incidono sulla cristallizzazione anche l’umidità e la presenza di impurità. Se l’umidità è compresa tra il 17 e il 19%, la formazione di cristalli sarà più lenta. Se ci sono impurità come cera, polvere o corpi estranei, essi si comporteranno come nuclei di cristallizzazione e dunque i cristalli si formeranno più facilmente. Da ricordare che il miele derivante da nettari in cui prevale il fruttosio cristallizza più lentamente, come il miele di melata.

Se per motivi di gusto non si ama il miele cristallizzato, si può sempre scaldarlo per far sciogliere i cristalli, ma in questo modo il miele perderà molti dei suoi micronutrienti.

Miele di melata

I principali mieli di melata prodotti in Italia sono quello di Metcalfa, che prende il nome dall’insetto, e la melata di abete, prodotta dai vari insetti presenti, appunto, solo sugli abeti. Questi tipi di miele sono molto densi e scuri, non sono particolarmente dolci e tendono a rimanere liquidi per molto tempo.

La melata di abete bianco porta a un miele eminentemente da tavola, abbinabile anche a formaggi, sia freschi sia stagionati.

La prossima settimana completeremo l’argomento miele.

2 thoughts on “Il Miele (parte seconda)

  1. Parlare di api, oggi, è come parlare di insetti in via di preoccupante estinzione. Inquinamento, pesticidi e quant’altro sono di sicuro le cause principali della loro probabile fine, intaccando fortemente la biodiversità del nostro pianeta.E ancora urbanizzazione, campi magnetici e mutazioni climatiche decidono la sorte dei preziosi insetti impollinatori. E un rapporto delle nazioni unite e non solo, ha messo in evidenza come la loro scomparsa potrebbe avere effetti devastanti e di non ritorno per tutta l’umanità. Insomma la nostra vita dipende dalla loro e da moltissimi altri insetti impollinatori.Pertanto una campagna di sensibilizzazione a livello mondiale con il coinvolgimento di tutte le istituzioni sociali e politiche, non escludendo, anzi, un preciso impegno di responsabilizzazione del settore agricolo-industriale ed economico(pare già in corso, per la verità), aiuterebbe la loro e la nostra sopravvivenza. Un caro e fraterno saluto al nostro dott. Angelo. Grazie infinite. Cosimo.

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