Pane

La vita è come il pane:
col trascorrere del tempo diventa più dura,
ma, quanto meno ne resta,
tanto più la si apprezza.
(Indro Montanelli)

Memoria delle civiltà più antiche, abbraccia e racconta la millenaria storia dell’umanità, accomunando, nella sua fragranza, le diversità dei tanti popoli che hanno realizzato lo sviluppo del genere umano.

Il pane, dunque, come bandiera. Anzi, al di sopra di qualsiasi bandiera. Perché se è pur vero che le bandiere sintetizzano in un’unica combinazione di colori e di simboli l’anima di una nazione, il pane fa molto di più: cambia la propria forma, il proprio colore, il proprio sapore, la propria consistenza di regione in regione, di città in città.

E’ il simbolo dei tanti luoghi che fanno un Paese, demarca le tradizioni, la storia, i valori. Traccia i confini delle diversità per poi unirli, in un unico grande caleidoscopio del gusto.

E’ risaputo che, se si vuole veramente conoscere un popolo, non ci si può fermare al vessillo che sventola sulle navi o nei palazzi delle istituzioni, ma ci si deve sedere a tavola e spezzare il pane in un gesto di comunione, che, non a caso, è diventato il simbolo di una religione.

Onnipresente sulle tavole, si accompagna sobriamente ma senza remore reverenziali a tutte le pietanze.

Di mille forme e mille sapori, riesce a caratterizzare l’inventiva dell’artigiano e gli aspetti tradizionali del luogo di produzione. Biondo, morbido, croccante, lungo o filoncino, piccolo o panino e poi soffiata, zoccoletto, mantovano, tartaruga, ciabatta, di Altamura, al sesamo, alle olive, e di altre mille forme e sapori, è il Diabolik dell’alimentazione capace, con I suoi innumerevoli volti, di presentarsi sempre con un’immagine nuova e al tempo stesso consolidata.

Pane, grissini o cracker? E ancora, meglio il toscano-umbro o i formati più piccoli? E poi, bianco o integrale? E i panini all’olio? I tipi a grande pezzatura, quelli della tradizione, sono da preferire. Certo, nulla vieta di passare, di tanto in tanto, ai panini all’olio e, perché no, alla pizza bianca o alla focaccia. Il pane “alla toscana” prodotto dalle farine di migliore qualità, è quello capace di dare il più elevato contributo di carboidrati (e si tratta quasi esclusivamente di amidi, e in minima percentuale di zuccheri semplici) limitando al minimo l’introito di grassi e, non ultimo, di sodio.

Già il passaggio a formati più fantasiosi e “difficili” da produrre, come la pur classica rosetta, comporta un introito lipidico quadruplo. Come già altrove ribadito, i carboidrati complessi sono propri della migliore qualità di cereali. Privarsene è un grande errore.

In grissini, cracker e simili, i lipidi aumentano esponenzialmente e, anche applicando certe equivalenze care agli integralisti delle diete dimagranti, tipo “30 grammi di cracker al posto di un etto di pane”, si va in perdita.

È vero che le calorie calano (da 280 a 130 circa) ma i grassi in entrata si moltiplicano di 6-7 volte. Inoltre, la capacità di sfamare, tipica del pane, è ben altra cosa rispetto a quella di cracker, grissini e simili, che, nella meno improbabile delle ipotesi, si trasformano in pericolosi “stuzzichini”.

L’aura di alimento dietetico rivestito dai “sostituti” del pane è immeritata. Si può pensare che cracker, grissini e fette biscottate facciano dimagrire solo se si compara, un po’ superficialmente, la “monodose” con la porzione usuale di pane di chi non è abituato a controllarsi.

Insomma, se il giorno che decido “da oggi mi metto a dieta”, riduco i miei usuali 120-150 g di pane a pasto al pacchettino da 30 g di cracker, e lì mi fermo, il trucco funziona. Altrimenti, cracker e altri sostituti del pane sono un’arma a doppio taglio. Rispetto all’alimento base, questi sono innanzitutto arricchiti di grassi. Inoltre, sono ricchi di sodio (anche quelli senza “sale in superficie”) in misura tale da scoraggiarne un uso frequente, considerando che la nostra razione alimentare è già troppo “salata” rispetto alle necessità dell’organismo.

In conclusione, essendo molto secchi e relativamente grassi, i cracker garantiscono un apporto calorico elevato in assoluto: 420-440 calorie per etto, contro le 300 del pane, ma tutt’altro che trascurabile, anche considerando la monoporzione. In merito al pane, oltre al grande beneficio per il palato, non è il caso di sottovalutare il volume, parametro importante per accontentare lo stomaco, ovvero generare un senso di sazietà.

PANE AZZIMO

La scoperta del fuoco, uno degli eventi più importanti e suggestivi nella storia dell’uomo. In ambito mitologico, Prometeo ruba il fuoco agli dei per darlo agli uomini. Con la scoperta del fuoco, l’uomo primitivo imparò a tostare i chicchi, rendendoli più gustosi e digeribili. In seguito, si accorse che sfregando tra due pietre i chicchi arrostiti di farro per liberarli dalla pellicola non commestibile che li riveste (glume), si produce una farina grossolana che può essere mescolata ad acqua per farne una pappa. Fu del tutto casuale scoprire che l’impasto di cereali e acqua, lasciato su una pietra rovente, si asciugava in una crosta appetitosa, una focaccia molto bassa, non lievitata, ovvero il primo pane.

Il pane, dunque, nasce azzimo, vale a dire senza enzimi, non lievitato. Sono molti i paesi che hanno tuttora il proprio pane non lievitato. Essendo a rigore senza lievito, per la legislazione italiana non dovrebbe essere considerato pane. Si va dall’italianissima piadina, crescentina o tigella, al chapat, pane tipico indiano (galletta di frumento integrale) il cui impasto è steso in dischi sottili e cotto su piastre a diretto contatto con il fuoco. Ci sono poi le “cachapas” venezuelane che presentano un impasto molto morbido e che sono simili alle crepes; si ottengono mescolando farina di mais con acqua e un po’ di sale. Ci sono poi le “tortillas” messicane, preparate anche con altri cereali e impastate con meno acqua per essere più croccanti.

Il pane azzimo è il pane della memoria, alimento Kashèr, corrispondente a precisi requisiti di conformità alla prescrizione biblica e, nell’immaginario collettivo, strettamente legato al popolo ebraico.

Azymos, privo di lievito, che in ebraico diventa “mazzah”, è il pane della purezza, preparato unicamente con farina di frumento e acqua, senza lievito e sale, considerati ingredienti impuri che avrebbero intaccato l’integrità del cibo da offrire al Signore: “Nessuna offerta di cereali in sacrificio a Jehova dovrà essere preparata con lievito” (Levitico 2, 11).

La digeribilità dopo la cottura dell’impasto è condizionata dalla quantità di acqua residua. Di solito il pane azzimo ha una cottura prolungata, utilizzata su forme molto sottili che consentono la cottura anche nella parte interna. Questo richiede una prolungata masticazione consentendo agli enzimi contenuti nella saliva di iniziare la digestione dell’amido già nella cavità orale.

La prossima settimana parleremo di riso.

One thought on “Pane

  1. E, come sempre, leggendoti acquisisco nuove informazioni. Grazie infinite caro Angelo e complimenti per il tuo blog. Ciao buon lavoro

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