Il riso (seconda parte)

Mangia il tuo riso, al resto penserà il cielo“.
Proverbio cinese.

L’estate è alle porte. Il sole è alto e ci inonda di calore e ovviamente del colore della felicità: il giallo.

Ma anche il colore delle risate: svariati studi dimostrano che il colore giallo accresce il buon umore aumentando la produzione di serotonina.

Riallacciandomi al discorso cromatico dell’ultimo articolo, il giallo, colore intenso, diventa accecante quando appartiene a un raggio di sole che il mio occhio si sforza di mettere a fuoco. Può avere la capacità di stordirmi se proviene dalla ondeggiante chioma di un’avvenente bionda. E’ fantastico come tinta di cravatta su un completo scuro.

Ma i miei ricordi d’infanzia lo collegano sempre al grano, ai campi che si stendevano, sconfinati, dietro casa mia e ai percorsi labirintici che mi inventavo attraversandoli, o alle cadute che si potevano fare, senza farsi male, tra le spighe, dopo corse estenuanti.

Queste sensazioni le ho rivissute assaggiando la polenta, dorata e fumante, scodellata con maestria nel “panaro” . Identica sensazione ho avvertito gustando il piatto più famoso e più giallo della cucina milanese, il “risott giald”, meglio conosciuto come risotto allo zafferano.

Il verde è invece il colore che ha dominato il panorama dalla finestra della mia stanza, da dove rivolgevo lo sguardo, tra una lezione e l’altra, alla distesa di ulivi che si intravedevano a perdita d’occhio, fino all’orizzonte.

Ma con atteggiamento onirico anche oggi sgrano gli occhi e ritrovo il colore dei miei alberi, nella sfumatura primaverile, in un delicato risotto veneto condito con piselli. Risi e bisi.

Sono tali e tanti i modi di cucinare il riso che ho cercato di assaggiare la maggior parte di queste varianti. E’ rosso come il tramonto sul mare il risotto trevigiano al radicchio. E’ cupo come il riflesso del crepuscolo dopo il temporale quello all’amarone nel veronese. E’ quasi incredibile per me, cresciuto a spaghetti pomodoro e basilico, dovermi ricredere e ritrovarmi a chiedere, ogni volta che posso, che gli inviti a cena siano a base di risotto.

La gara ai colori è sempre aperta. Da quello scuro della terra, nel risotto al tartufo dei colli Berici, alla tonalità più chiara di quello alle castagne piemontesi. Ma poi, nelle regioni del nord Italia, altre sfumature date da fave, zucca, bietole e funghi. Non posso tralasciare il nero, come il dorso di cinghiale che vidi da piccolo. Nero come la profondità della laguna veneta e la rifrazione dello specchio d’onda che osservo quando sono su un vaporetto e che ritrovo in un gustoso e scurissimo piatto di riso alle seppie.

Mantecato con sapienza, sempre sorprendente, posso eleggere quest’arcobaleno di gusti tra i miei favoriti e, saltuariamente, sostituirlo alla pasta di grano duro, senza alcun senso di colpa.

Come ribadito, il riso è il secondo cereale più consumato al mondo, dopo il grano. Il suo consumo è favorito, tra le popolazioni orientali, da ragioni prettamente climatiche. Le nostre zone sono più secche e più adatte alla coltivazione del grano. Quelle orientali sono più umide e si prestano meglio alla produzione del riso. In Italia le zone tipiche di coltivazione del riso sono il Vercellese, il Novarese ed il Pavese. Tornano alla mente le immagini dei filmati con le mondine chine, nelle risaie, a raccogliere con le mani le pianticelle di riso. Oggi la raccolta è totalmente meccanizzata e quindi la figura della mondina è rimasta soltanto un ricordo del passato.

Chiarezza per acquisti consapevoli, indice di trasparenza e serietà del produttore e del distributore.

Dal febbraio 2018 l’etichetta di origine obbligatoria permette di conoscere l’origine del grano impiegato nella pasta e del riso. Per vari motivi non sarò esaustivo. Mi preme tuttavia sintetizzare che, in Italia, vengono commercializzate numerose varietà di riso. La distinzione pratica più importante è fra riso completo e riso brillato. Il primo riguarda il chicco privato del rivestimento esterno più duro (la lolla), ma ancora rivestito del pericarpo e con il germe intatto. Il riso brillato è invece completamente spogliato, privato di sostanze nutritive e lucidato o “brillato”.

Il riso integrale, più ricco di fibre, sali, vitamine, conferisce alle insalate un gusto particolare ed è più adatto per le diete dimagranti perché dà un maggiore senso di sazietà, ma ha una cottura più lunga.

Continuando nella scelta: il riso superfino ha grani grossi e affusolati che assorbono meglio condimenti e sapori e non si incollano. Meno adatti al riso in insalata, il “comune”, perfetto per minestre e dolci; il “semifino” giusto per minestre e risotti; il “fino” adatto a risotti e contorni. Il riso parboiled, più ricco di sali e vitamine, è anch’esso adattissimo alle insalate perché regge bene la cottura. Il parboiled è ottenuto lasciando il chicco immerso in acqua per 1-2 giorni e sottoponendolo poi all’azione del vapore. Questo trattamento permette di spingere i composti idrosolubili (alcune vitamine contenute nel germe e nel tegumento) verso l’interno del chicco, prima della raffinazione, mantenendo integre le caratteristiche del riso integrale, fatta eccezione per le fibre. Questo processo fa sì che lo zucchero dell’amido venga assimilato più lentamente dall’organismo, determinando un rialzo più modulato della glicemia dopo il pasto.

Riso di gusto

La massima cinese che recita:”…è meglio che un uomo aspetti il suo cibo piuttosto che sia il cibo aspettare lui ….” si addice molto bene al riso, in particolare alla preparazione del risotto, perché il riso scotto non solo perde le sue proprietà nutritive ma anche le peculiarità gustative.

Eccovi altre regole da seguire per cercare di mantenere il più possibile i principi nutritivi del riso. Bisogna evitare di lavarlo prima dell’uso e di cuocerlo in acqua abbondante perché così facendo si può arrivare a perdere anche più del 50% delle vitamine B1 e PP originariamente presenti. Meglio, poi, privilegiare le cotture a vapore (che più di ogni altra cottura rispettano tutti i principi nutritivi del riso) ed evitare l’eccesso di condimenti.

Miti e leggende

Il tradizionale lancio del riso sul corteo nuziale, nasce da un vecchio rito greco secondo il quale, per propiziare la fertilità, si facevano piovere sulla coppia dei chicchi di riso. Il gesto aveva anche lo scopo di augurare loro prosperità. In Indonesia, invece, il lancio del riso serviva a trattenere l’anima dello sposo che altrimenti, subito dopo il rito, sarebbe fuggita via senza mai fare ritorno.

Su alcuni derivati del riso, quale la bevanda vegetale a base di riso, l’amido di riso, l’aceto di riso e l’olio di riso, torneremo più avanti.

Il prossimo venerdì parleremo di polenta.

Scrivi qui il tuo commento