Polenta

È noto che i Romani vissero per lungo tempo non di pane ma di polenta.
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, I sec.

Dal mio cassetto dei ricordi

Quando si dice le sorprese della vita. Nulla faceva presagire quanto di lì a poco sarebbe successo e che avrebbe portato un nuovo raggio di sole nel tran tran della mia vita. L’invito a cena, a casa di amici, era stato un gesto di gentilezza molto gratificante. “Ci vediamo questa sera!”. Così ci eravamo lasciati in tarda mattinata con Diego.

E così, puntuale come la scadenza delle tasse, alle 19.30 mi accingevo a suonare il campanello della casa di Diego ed Anna, miei amici di vecchia data. La tavola imbandita denotava il gusto della padrona di casa per le cose belle e delicate. La luce, non troppo forte, illuminava in modo caldo e rilassante la sala. Presi posto in compagnia degli altri ospiti. Dopo le presentazioni di rito e lo scambio di qualche parola per socializzare, ecco che, dalla porta della cucina, fece il suo ingresso la sorpresa.

Quella che non avrei mai pensato di incontrare stava per entrare prepotentemente nella mia vita. La guardavo avanzare lentamente, così morbida, voluttuosa, di un bel colore biondo. Avessi potuto dare sfogo alle mie pulsioni (mi riferisco a svariati lustri orsono) le sarei saltato addosso. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da lei. La vedevo lì, in bella mostra, pavoneggiarsi nella sua morbida rotondità, ben conscia di essere desiderata da tutti. Ma gli altri già la conoscevano. Io no.

Ne avevo sentito parlare. Avevo letto di lei. Me ne ero fatto anche un’idea, un’opinione, ma la realtà superava la fantasia. Ora lei era lì e lo stupore era grande. Il cuore mi batteva forte, le tempie mi pulsavano. Volevo toccarla, ma non potevo. Che figura avrei fatto? Finalmente venne in mio soccorso la mia ospite, chiedendomi: “Angelo, ne vuoi?”. Ma è?…chiesi …..“Polenta”, rispose lei prima che potessi concludere la frase.

L’approccio alla la polenta è stato per me una vera folgorazione, un colpo di fulmine che mi ha dato delle sensazioni ben diverse, immagino, da chi è stato “tirato su” a polenta e latte. L’incontro è avvenuto a casa di amici, a Vicenza, dove vivono Diego e la moglie Anna, grande signora dei fornelli. Il paiolo di rame, la “frusta” e poi il lungo mestolo di legno sono, oltre all’acqua e alla farina di mais che può essere gialla o bianca (quest’ultima dal sapore più delicato e adatta al pesce), gli oggetti indispensabili perché il rito della polenta si compia.

I tempi lunghi necessari per lasciarla “pipare”, come si dice da queste parti, e il continuo mescolare rendono l’atmosfera magica e preparano al momento fatidico nel quale la polenta viene versata, con un abile gesto, sul ‘panaro’ di legno. Ed ecco che così il sole giallo è pronto per essere servito, tagliato in fette precisissime (a volte si usa anche il filo per questa operazione).

E per mantenerla calda, qualcuno la copre con un canovaccio, in modo che eventuali bis o tris di polenta conservino la stessa gradevolezza della prima porzione. Ma se si raffredda, abbrustolita, nel camino, può essere ancora più buona. Mettere sulle fette, bollenti e compatte, il formaggio Asiago fresco o una bella fetta di soppressa esalta gli aromi e i profumi del companatico.

Anna mi spiegava che la quantità esatta di farina da usare dipenderà dalla consistenza che si vuol dare alla polenta, oltre che dalla grossezza della farina stessa. È una farina che va cucinata molto a lungo, più di un’ora. Ho ancora davanti agli occhi il gesto di Anna, quando agitava il paiolo appeso sul camino per vedere se la polenta si staccava, perché era quello il momento giusto per toglierla dal fuoco.

Notai che l’ingrediente essenziale per preparare la polenta è, a parte la farina di mais, l’olio di gomito: occorre infatti mescolare energicamente (e sempre nello stesso verso) la farina, versata a pioggia nel paiolo, quando l’acqua bolle e bisogna farlo per tutto il tempo della cottura (1 ora circa), per evitare che si formino grumi. In epoca romana le “pulsae iulianae” erano polente esclusivamente a base di farro. Il grano saraceno (ancora attuale, denominata taragna), il miglio, il frumento, e anche castagne, sono stati alla base delle farine utilizzate per cucinare la polenta.

La sua versione più famosa, diffusa in tutto il Nord Italia, resta comunque la polenta classica ottenuta dalla farina di granoturco (gialla), più grossa, granulosa, e forse più saporita, che ben si sposa con i piatti di carne e i sughi non troppo ricchi. Nel Polesine e nel Delta del Po si trova anche la polenta bianca (da farina bianca, normalmente macinata più fine) considerata più delicata ed ottima per accompagnare i piatti a base di pesce o comunque pietanze dal gusto molto delicato.

Dal punto di vista nutrizionale il mais è un cereale ricco di amido, poco proteico, con buone quantità di fitosteroli, zinco, selenio, vitamina E e vitamine del gruppo B. Tuttavia esso è poverissimo di niacina: solo 1,9 mg per etto, meno delle metà rispetto al frumento integrale che ne contiene ben 5 mg per etto.

Nel XVI secolo l’uso della polenta come alimento base della popolazione più povera portò alla diffusione della pellagra, una grave forma di avitaminosi da carenza di niacina (vitamina PP), malattia, questa, sconfitta solo verso la metà del secolo scorso.

Prodotto di buona digeribilità e facile da masticare, è gradito anche alle persone in età avanzata. Ben si adatta ad essere abbinata a pietanze condite e sugose (salsicce, carni in umido, alcuni pesci, formaggi) in modo da preparare piatti unici completi dal punto di vista nutrizionale e la cui digeribilità, ovviamente, varia in funzione degli ingredienti utilizzati.

Al giorno d’oggi la polenta è utilizzata come sostituto del pane oppure come accompagnamento per piatti a base di carne, pesce o formaggi e non ha nulla da invidiare agli altri preparati a base di cereali, come appunto il pane e la pasta, di cui ricalca abbastanza da vicino il profilo nutrizionale. Non è come si suol credere un piatto “pesante”, ma assorbe facilmente i grassi presenti nei condimenti e negli altri cibi. Chi è a dieta abbia, perciò, l’accortezza di usarla con condimenti ipocalorici, con abbondanza di verdure, ma con poco olio.

La prossima settimana si parlerà di un altro orgoglio nazionale: la pizza.

Scrivi qui il tuo commento