Pianeta Donna VII

Non c’è niente di più sexy di una donna che apprezza il cibo,
perché dimostra così di essere una donna libera.
(Nigella Lawson)

Provo ad approfondire alcuni aspetti che potrebbero giustificare le differenze di genere in ambito nutrizionale.

La domanda però è d’obbligo: esiste un cibo più adatto per l’uomo e uno più idoneo per la donna, ci sono alimenti preferiti da maschi e femmine, oppure queste differenze sono ascrivibili solo a stereotipi culturali e al marketing e noi tutti ne siamo vittime inconsapevoli?  E la narrazione che vede il maschio cacciatore e mangiatore di carne e la femmina raccoglitrice di frutta e verdura è il frutto di caratteristiche naturali, affinate dall’evoluzione, o è una falsa narrazione frutto di vecchi pregiudizi?

Attenendoci al presente, direi che oggi abbiamo un’alimentazione senza genere. Del resto, non occorre essere vegetariani o vegani per capire che nella società attuale si è verificato un cambio di passo generalizzato riguardo all’alimentazione. Questa cosa si può notare facilmente in una qualunque pausa pranzo al ristorante. Menu a base di insalatone, yogurt, primi piatti gluten free e frullati detox hanno soppiantato le bibite gassate, gli hamburger di carne e i panini al salame e non è certo per questo che, per esempio, viene minimamente messa in discussione la virilità del maschio che sceglie di assumere un certo tipo di cibo.

Più che la consapevolezza e le argomentazioni razionali sulle disparità di genere tra maschi e femmine, oggi sono sempre e comunque il marketing e la comunicazione a recitare un ruolo preminente. Se oggi pochi dubitano della mascolinità di un vegetariano, è perché interi scaffali dei supermercati sono approntati all’alimentazione sana e bio. Ma, a ben guardare, anche le riviste parlano quasi esclusivamente di questo tipo di percorso di benessere.

Pur tuttavia esiste ancora qualche differenza tra il cibo per uomo e quello per donna, perché, statistiche alla mano, le donne single riempiono il carrello della spesa con un 10% di verdura rispetto al 7% degli uomini single. Più che le differenze di genere, la scelta di cibo più o meno sano potrebbe dipendere da differenze sociali, età ed istruzione.

Secondo uno studio americano il “cibo spazzatura” con eccesso di grassi, bevande zuccherate e un minor consumo di frutta e verdura è un’abitudine prevalente di maschi giovani e poco istruiti e, analizzando l’alimentazione di quartieri a basso reddito, è stato rilevato come la vendita di cibi poco sani sia indotta prevalentemente dalla proliferazione di minimarket e negozi pertinenti.

Tornando alla nostra società, è una realtà, a mio parere bella, che in cucina la donna trovi il suo habitat “naturale”. L’atto del nutrire, d’altronde, è una delle propensioni che più caratterizzano la donna. Come sottolinea Licia Granello nel suo libro “Il gusto delle donne”, nutrire è un atto esclusivamente femminile. Nella lingua italiana esiste soltanto la nutrice, non il «nutore», così come c’è la balia ma non il «balio». Le donne sono sempre le vere artefici del piacere a tavola. Le donne nutrono, fanno la spesa, organizzano i pasti e riempiono le dispense, con certosina pazienza curano la qualità dei cibi, ricercando sapori antichi e sapori nuovi. Cibo. Pazienza. Atto di ricerca e condivisione.

Ma le donne hanno più gusto?

Si sostiene che le donne abbiano “gusti più delicati”, che, ad esempio, preferiscano “i vini fruttati” o che odino l’aglio. Quanto c’è di vero?

A voler essere pignoli, gusto non è sinonimo di sapore. Il sapore caratteristico di un cibo è una sensazione complessa che nasce dalla combinazione di sensazioni diverse. In effetti gusto e sapori sono molto diversi da persona a persona! Come mai? Caffè amaro o zuccherato? Cioccolato al latte o fondente? Perché alcune persone riescono a bere il caffè solo aggiungendovi due o tre cucchiaini abbondanti di zucchero, mentre altre lo bevono amaro senza batter ciglio? E perché alcuni amano il cioccolato più dolce, e altri apprezzano il fondente?

Conta molto l’atteggiamento mentale perché il gusto alimentare, indipendentemente dalle abitudini familiari e regionali, esprime anche emozioni inconsce. Ad esempio, la predilezione verso un sapore speziato di erbe aromatiche indica spesso una tendenza ad avventurarsi verso stati psicologici di una mente che cerca qualcosa di più naturale, forse anche più primitivo ed eccitante (un novello Ulisse a tavola). A sua volta, la cucina che mantiene sapori tenui dolciastri e consueti indica un bisogno di prudenza e di ricerca di sicurezza che sconsiglia l’avventura alimentare.

Alla capacità di percepire e apprezzare i gusti contribuiscono fattori sia genetici sia psicologici e ambientali. Per questo, mordendo una mela rossa, basta il suo colore a farcela sembrare ancora più gustosa e aromatica.

Il gusto, nel senso comune del termine, include anche l’olfatto. Questi aspetti sono già stati affrontati nel filone “cibo e sensi”.

Ma cosa intendiamo in genere per gusto nutrizionale e lo possiamo agganciare alla famosa frase latina. “de gustibus non est disputandum?.

Il gusto è il senso che ci permette di apprezzare il cibo e di percepire i sapori ed è essenziale per la sopravvivenza non solo dell’uomo ma della maggior parte degli animali. Ovviamente, esso influenza le scelte nutrizionali. Ad esempio, la percezione di molecole dolci permette di identificare e scegliere alimenti ricchi di energia da fornire al nostro corpo, mentre, la percezione dell’amaro è generalmente sgradevole. Questa percezione consente di identificare composti tossici e, in alcuni casi, velenosi e mortali.

Anche la percezione del sapore salato è di primaria importanza. Essa contribuisce a mantenere l’equilibrio elettrolitico del nostro organismo. Il nostro corpo perde costantemente ioni sodio (Na+) durante i processi escretori e secretori (principalmente urina e sudore) ed è proprio per queste ragioni che siamo attratti e amiamo il sale (cloruro di sodio, NaCl).

La percezione del gusto acido permette di valutare la maturazione dei frutti o la presenza di contaminazione microbica in un alimento (cosa che ci spinge a non mangiarlo) ma anche di proteggere il nostro corpo dal consumo di acidi in una concentrazione tale da danneggiare i nostri denti o il nostro sistema digestivo.

Per concludere, ricordo che uno studio danese condotto su un campione di studenti ha evidenziato che le ragazze riescono a percepire i sapori meglio dei ragazzi. I maschi avrebbero bisogno di cibi almeno il 10% più aspri e il 20% più dolci per raggiungere lo stesso livello di performance gustative delle femmine.

Mi piace concludere questo articolo sostenendo che le donne hanno più gusto degli uomini in quanto scelgono il cibo migliore per i loro figli!

La prossima settimana sottolineerò ulteriori distinguo, anche e soprattutto in merito alla mia esperienza nell’elaborare diete personalizzate di genere.

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