Olio

Non soltanto il vino canta,
anche l’olio canta,
vive in noi con la sua luce matura
e tra i beni della terra
io seleziono,
olio,
la tua inesauribile pace,
la tua essenza verde,
il tuo ricolmo tesoro che discende
dalle sorgenti dell’ulivo.
(Pablo Neruda)

L’ulivo, con il suo tronco attorcigliato su se stesso e la sua figura contorta, sembra raffigurare, nel vegetale, la figura umana: la fatica di crescere, la difficoltà del vivere e le rughe del tempo. Forse è per questo che tale pianta è così cara agli uomini ed ha una valenza simbolica tanto ampia e diversificata, trasversale in tutte le culture. C’è probabilmente qualcosa di antico, una reminiscenza per certi versi genetica, che ci fa restare sempre ammirati e stupiti davanti alle distese di ulivi che ornano le colline di tanta parte della nostra Italia. Per chi, come me, viene da una regione dove la coltivazione dell’olivo è antica e le radici aggrovigliate e possenti di questa pianta sembrano quasi scavare nella storia dei popoli, parlare di olio è un po’ come fare un viaggio nel passato.

Percorrendo il paesaggio brindisino, attraverso il finestrino del treno, la mente si annulla e il pensiero corre al tempo in cui, ragazzo, la mattina presto accompagnavo il nonno a potare gli ulivi nei campi ancora grondanti di brina e rugiada. Ritornano alla memoria sensazioni inenarrabili. La fatica, le mani di un giovane indaffarate nella cura degli alberi secolari, le voci dei compagni di lavoro. Era finita l’estate e gli alberi, con i loro colori che viravano dal rosso al giallo, al marrone, cominciavano a disegnare le giornate di un senso malinconico per la stagione calda ormai passata. Era questo il tempo in cui, finita la vendemmia, ci si preparava ad adempiere a nuove fatiche. Così, tra le campagne, che tendevano al rosso, spiccavano gli ulivi: gli unici alberi secolari che erano ancora verdi e che, con il loro fusto contorto, apparivano come esseri viventi tormentati da spasmi d’amore. La vendemmia, resa piacevole dal clima generalmente caldo e dal frutto dolce, cedeva il posto alla raccolta delle olive che si effettua, quasi sempre, con un clima freddo e piovoso ed alla quale si associa il sapore decisamente amaro dell’oliva.

I ricordi si affacciano sempre più nitidi: quante storie racchiuse fra le rughe di quegli uomini bagnati dal sudore, quanta forza fra le dita gonfie e callose di quei manovali votati al lavoro e quanta dedizione trapelante da tutto il loro Essere! E ancora quanta stanchezza nei loro occhi ma quanta genuinità nel loro cuore! Rivivo la frenesia di quando le donne, puntuali, allo Zenit, portavano i fagioli conditi con l’olio di frantoio e anche pane e vino per ritemprare le forze. Aromi semplici ma perfetti, armonie piacevolissime che, ancora oggi, riassaporo nella mente e che, spesso, provo a comunicare con le “mie” diete.

Un breve riposo, all’ombra delle fronde, per poi riprendere il lavoro con rinnovato vigore. Fino al calar del sole. E poi ritornare a casa stanchi, ma felici. In attesa del nuovo giorno. Così, durante il rito della raccolta delle olive e della loro spremitura, l’ulivo diventa la Pianta Regina.

La raccolta, a seconda del clima e della latitudine, si effettua da novembre a febbraio. Il momento migliore per la raccolta delle olive da olio è quello della invaiatura, ovvero il tempo in cui l’oliva, da verde diventa prima violacea e poi nera. Il metodo della “brucatura” garantisce l’integrità delle piante e del frutto in quanto le olive vengono staccate a mano dall’albero. È certamente il sistema migliore per produrre un olio di qualità superiore. Per contro è anche il più costoso ed ormai in via di abbandono per carenza di manodopera. Anni or sono le “raccoglitrici donne” si posizionavano intorno alla pianta e iniziavano sin dalle prime ore dell’alba tale lavoro. Un compito certamente molto faticoso, ma non tale da intimorire le donne forti e tenaci di un tempo. Sacra, emozionante fatica, inevitabilmente connessa con l’appassionante prosperità della nostra terra.

Oggigiorno le “raccoglitrici umane” sono sostituite dalle “raccoglitrici meccaniche”: pettini, piccoli rastrelli. Tuttavia anche oggi, come tremila anni fa, sono presenti le stesse immutabili operazioni in questo lavoro agricolo, fra i più umili, ma nello stesso tempo fra i più nobili. E’ la perfetta simbiosi che esiste in ogni genuino rapporto d’amore, come lo è quello fra il buon agricoltore e la “sua” terra. Solo in nome di tutto ciò si compie qualsiasi fatica o sacrificio, con quel senso di rispetto che tutti dovremmo nutrire verso la “madre di tutte le cose”. La stagione della raccolta delle olive racchiude una sorta di parentesi di collettiva solidarietà, una carezzevole poesia che dà sapore al nostro esistere.

Un po’di viaggio nella storia.

Fin dai tempi più remoti gli uomini hanno apprezzato e amato l’ulivo, attribuendogli una valenza emblematica e sacrale, tanto che esso può essere considerato a buon diritto il simbolo della natura e delle culture mediterranee. Orgogliosamente noi apparteniamo alla civiltà dell’ulivo, che si estende lungo quella fascia mediterranea che comprende la Spagna, il Marocco, la Tunisia, la Libia, l’Egitto, la Turchia, la Grecia…, ovunque si realizzino le condizioni delle 3 S: Sasso, Sale, Sole.

OLIO EVO (extravergine d’oliva)

Da sempre usato per condire cibi e cibo esso stesso, anticamente veniva normalmente impiegato per altri usi. Gli atleti se ne servivano per ungersi prima delle gare. In casa si consumava per le lampade nella serale battaglia contro l’oscurità. Omero nei suoi poemi citando l’olivo lo assurse a simbolo di pace e di vita. Era d’olivo il gigantesco tronco per mezzo del quale Polifemo venne accecato da Ulisse e dai suoi compagni. Il letto nuziale di Ulisse era di legno d’ulivo. Esso, simbolo di un’unione tenace e duratura, rappresentò la prova di identità per riconquistare le grazie dell’amata Penelope.

L’importanza anacronistica di essere vergine…..ovvero…l’extravergine creato da una vergine. Atena, figlia di Zeus, vergine ambiziosa ed intraprendente, col suo prodigioso giavellotto fa spuntare un albero d’olivo e vince la disputa nei confronti di Poseidone per il possesso dell’Attica.

Nella religione cristiana la pianta d’olivo ricopre molte simbologie.

Dal racconto biblico del diluvio universale, il ramoscello d’ulivo, riportato a Noè dalla colomba, assunse due significati: simbolo di rigenerazione della terra che ritornava alla vita ma anche simbolo di pace per la sancita alleanza e riconciliazione tra Dio e gli uomini.

L’olivo, sempre nel corso del tempo biblico, è scelto per rappresentare il contatto diretto tra Dio e l’uomo: Gesù il Cristo è l’Unto, il Messia che, attraverso il suo sacrificio, diventa strumento di concordia e di pace per tutta l’umanità. (Il Messia, di fatto e di nome, deriva dall’ebraico masiah, cioè Unto. Proprio come Cristo, che in greco significa la stessa cosa). In quest’ottica l’olivo diventa pianta sacra e sacro è anche l’olio che viene dal suo frutto, le olive. Non a caso l’olio di oliva è il Crisma, usato nelle liturgie cristiane dal Battesimo all’estrema unzione, dalla Cresima alla consacrazione dei nuovi sacerdoti.

La simbologia dell’olivo ritorna anche nei Santi Vangeli: Gesù fu ricevuto calorosamente dalla folla che agitava foglie di palma e ramoscelli d’olivo. L’arbusto nodoso fu la triste cornice dell’ultima preghiera di Gesù a Dio Suo padre sul monte degli Ulivi, nel podere detto Getsemani, letteralmente “frantoio”.

La seconda “puntata” sull’olio verrà pubblicata venerdì prossimo.

4 thoughts on “Olio

  1. Tentare di esaurire tutto ciò che c’è da sapere sull’olio di oliva in generale od extravergine in particolare credo riesca difficile .E credo ancor più difficile dopo tutto quanto ha saputo esprimere,anche se sinteticamente ma esaustivamente ,il dott. Angelo.Certamente ogni punto che il Nostro ha affrontato giustamente può beneficiare di vigorosi ampliamenti molti dei quali richiederebbero tempi e spazi notevoli ma che soddisferebbero la curiosità di molti . Certamente alcuni aspetti si conoscevano,ma andando più in profondità (ne ho fatto l’esperienza) si rimane sbalorditi di quanto ancora c’è da scoprire.Il tema del dott Angelo,come tutti quelli già pubblicati,servono, dunque, non solo a far riscoprire aspetti dimenticati ma a farne emergere altri,alimentando interesse e curiosità.E non è poco se pensiamo al Nostro come ad un autentico trascinatore che mai stanca,ma che anzi stuzzica e stimola,contribuendo a togliere quel torpore della mente e della volontà,quella pigrizia intellettuale che,tronfia, presume di sè,giacendo in abitudini o comportamenti mentali ,oserei dire stagnanti,salvo poi a risvegliarsi scuotendosi dal primitivo intorpidimento. Siamo di fronte a quell’arte della maieutica di socratica memoria,metodo o criterio infallibile e universale. Ed è ciò che si verifica in ogni serio lettore nel momento in cui impatta col vigore intellettivo e professionale del nostro Mèntore. Un banco di prova,insomma,un occasione, una salutare opportunità per mettere a punto o collaudare il proprio sistema operativo .Grazie dott Angelo e ,come sempre, alla prossima. Cordialmente Cosimo(Mimino).

  2. Lieber Dr. Bianco, das ist wieder ein interessanter und unterhaltsamer Artikel, vielen Dank dafür. Sehr gut geschrieben und bebildert, ich freue mich auf nächsten Freitag.

  3. Caro Angelo, è davvero un piacere leggere i tuoi racconti che portano la mente a vivere quei momenti così come sono stati descritti.
    Buon lavoro, Renata

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