Esami e memoria

Tu impari a parlare parlando, a studiare studiando,
a correre correndo, a lavorare lavorando

e, allo stesso modo, impari ad amare amando.
Tutti quelli che pensano di imparare in qualsiasi altro modo
stanno ingannando sé stessi.
(San Francesco di Sales)

Riprendiamo l’argomento della settimana scorsa, sospeso proprio per mancanza di concentrazione!

Cosa avrei potuto fare, anziché interrompere il tutto. Fumare una sigaretta?

Nooooo…..a parte il fatto che il fumo fa comunque male, in queste circostanze fa ancora peggio perché l’effetto vasocostrittore della nicotina provoca un minor afflusso di sangue al cervello e un apporto inferiore di nutrienti alle cellule cerebrali.

Bere un altro caffè?

Ne avevo già presi 3. No agli eccitanti: evitare gli eccessi di caffè, tè, cioccolato, cola. Naturalmente un buon caffè non uccide ma, come sempre, quello che nuoce è l’esagerazione.

Bere una birretta?

No, perché comunque avrebbe un blando effetto sedativo. Meno che mai indicate, quindi, grandi quantità di alcool, sia per i danni che arrecano sia perché, in dosi eccessive, provocano uno stato di eccitazione che spesso è l’anticamera dell’insonnia.

Invece, ben riposato, non ho avuto difficoltà a riprendere gli argomenti lasciati, a conferma del detto latino che afferma l’importanza del “repetita iuvant”. Nel frattempo ho fatto anche dell’altro e questo è un ulteriore suggerimento, per me doveroso: avere sempre altri interessi culturali, oltre quello strettamente legato allo studio. “Unum facere sed aliud non omittere”. Voglio dire che interessarsi sempre e solo alla materia del proprio corso di studi rischia di far fossilizzare lo studente, che invece ha bisogno di tenere sempre attive le proprie cellule cerebrali.

Applicarsi anche ad altro significa avere una certa larghezza di orizzonti e una buona elasticità mentale, il che non può che aiutare nell’apprendimento mnemonico e critico. Naturalmente senza esagerare, perché questa ampiezza di interessi e di orizzonti non deve produrre dispersioni.

Un piccolo cenno (da Bignami) sulla fisiologia della memoria.

Normalmente le informazioni sono (stipate) in 3 depositi differenti: la memoria sensitiva trattiene solo per pochi attimi le informazioni che provengono dagli organi di senso, scartandone il 75%. Del rimanente 25% meno dell’1% viene selezionato nell’area del linguaggio e immagazzinato nella memoria primaria, il deposito più limitato dell’encefalo, che lavora a breve termine e trattiene le informazioni per un arco temporale che va da pochi secondi ad alcuni minuti al massimo. La trasmissione dalla memoria primaria a quella secondaria è un processo delicato.

A decidere quale memoria debba essere trattenuta e quale scartata è l’ippocampo, che fa parte del sistema limbico, la zona del cervello deputata a gestire le emozioni, i comportamenti relativi ai bisogni primari, come mangiare, bere, procurarsi cibo, fare sesso. Ne deriva che l’apprendimento e l’oblio sono notevolmente influenzati dalle emozioni, positive o negative che esse siano.

Va da sé che, se non si prova interesse per una materia, la possibilità di apprenderla è scarsa. Al contrario, un apprendimento ludico e gioioso stimola la velocità di trasferimento dei dati nella memoria secondaria.

Insomma, bisognerebbe cercare di associare, alle nozioni che si vogliono memorizzare, emozioni positive e, quindi, trovare anche in una materia ostica dei motivi di interesse.

Ulteriore aiutino.

Vi è mai capitato, nonostante ore e ore passate sopra i libri, di avere la mente come una lavagna su cui tutto quello che provate a scrivere viene automaticamente cancellato?

Non vi rimane impresso niente di quello che studiate e ciò vi demoralizza e vi fa venire voglia di gettare la spugna? Ci soccorre, in questo senso, una gamma di prodotti della natura, che, si sa, è generosa nei confronti dell’uomo.

Un valido aiuto, quando ciò che si studia diventa difficile da assimilare e ricordare, proviene dalla floriterapia australiana.

La floriterapia si conferma il sistema naturale più indicato e congeniale per gli studenti alle prese con gli esami. Grazie alla capacità dei rimedi floreali di agire positivamente su tutta la sintomatologia legata allo stress, alla capacità di concentrazione e memorizzazione, all’ansia da prestazione, alla paura o al panico, diventa possibile avere un aiuto “ad ampio spettro” per rafforzare l’autostima, la fiducia in se stessi, le capacità cognitive, la positività e la forza di reazione per affrontare le più temute prove scolastiche. Vediamo nello specifico quali sono i rimedi indicati per gli studenti di tutte le età.

Tra i fiori australiani amici dell’apprendimento sottolineerei…

Bush Fuchsia fiore australiano

Bush Fuchsia: è uno dei rimedi per eccellenza per le difficoltà di apprendimento. Con questo prodotto si sono avuti buoni riscontri in quanto esso contribuisce alla chiarezza e alla precisione nell’esposizione verbale.

Isopogon è un fiore che sviluppa la memoria, utile quindi agli studenti che devono fare affidamento sulle proprie capacità mnemoniche. Esso aiuta a rispolverare le conoscenze acquisite e permette di trarre conclusioni dalle esperienze vissute, di recuperare le capacità che si credeva di aver perso e di meglio ricordare il passato.

Paw Paw: consente, a sua volta, ad assimilare nuove informazioni, proprio come quando si studia per un esame e le informazioni da elaborare sono tante e, a volte, poco comprensibili. Agisce in modo da permetterci di affrontare la mole di studio fornendo la calma e la chiarezza necessarie, senza lasciar spazio a forme di scoraggiamento.

Paw Paw fiore australiano

Sundew aiuta ad avere maggiore attenzione per i dettagli e una maggiore precisione, e si rende utile specie per i soggetti deconcentrati e irrequieti o in preda a forte confusione mentale. Sundew fa acquisire maggiore calma e capacità di focalizzazione,  rilassa la mente e rende più disponibili all’ascolto degli altri.

In bocca al lupo, quindi per i vostri esami.

La prossima settimana parleremo di miele.

Gli esami non finiscono mai

Per insegnare bisogna emozionare,
molti pensano che se ti diverti non impari.

Maria Montessori

Il buon Insegnante

L’aiutino, che poi è un indispensabile grande aiuto, è il Docente.

Bisogna valorizzare la professione, molto delicata, di insegnante. Buon insegnante è colui che svolge il proprio lavoro con passione, trasmettendo agli alunni l’interesse per lo studio e l’apprendimento.

Egli deve saper spiegare bene e con autorevolezza, motivare all’ascolto e allo studio, convincere anche i più distratti a seguire le lezioni e ad impegnarsi. Deve coinvolgere e gratificare l’allievo e deve creare un clima sereno, frutto, questo, del saper ascoltare i propri studenti. Ma, soprattutto, deve avere spiccate dote di empatia che gli permettano di governare le proprie emozioni e quelle degli studenti.

Carpe diem, cogliete l’attimo ragazzi,
rendete straordinaria la vostra vita.
Dal film “L’attimo fuggente”

Imparare a riconoscerle vuol dire, essenzialmente, provare a mettersi in discussione, ad accettarsi, ad aprirsi al confronto. Non a caso emozione deriva dal latino ”emotus”, participio passato di emovere, ovvero portar fuori, smuovere, scuotere.

Le emozioni contribuiscono al successo nell’apprendimento, al fare proprie le conoscenze e i significati. Se adeguatamente valorizzate dalla didattica, le emozioni possono trasformarsi in una risorsa, al pari del contenuto dell’azione formativa, perché l’alunno/studente non solo pensa ed elabora, ma “sente” e partecipa. Se l’insegnante/docente le mette in luce in modo efficace, facendole diventare parte della didattica, queste emozioni possono diventare una leva formidabile a sua disposizione, contribuendo a uno sviluppo che tenga presenti contemporaneamente, e in maniera equilibrata, gli aspetti razionali, emozionali e cognitivi.

Ogni relazione educativa tra insegnante-docente e alunno-studente deve essere incontro e scambio, partecipazione e alleanza, fiducia e stima, dialogo e comprensione. In questo clima ideale le emozioni non possono essere tralasciate. Per insegnare bisogna emozionare e soprattutto bisogna emozionarsi, nel vedere i giovani crescere intellettualmente.

E’ importante capire che l’impegno paga e, considerato che il primo impegno è quello dell’insegnante, i genitori non ne devono minare, agli occhi del figlio, l’autorevolezza. Anche perché l’insegnante, sicuro della propria autorità, può meglio concentrare la sua attenzione sugli studenti. Per un insegnante (dietologo) creativo, la didattica (dieta) non è solo trasmissione di informazioni ma soprattutto capacità di suscitare interesse e voglia di apprendere (educazione alimentare).

L’insegnante che sa comunicare sa anche motivare perché sa come incoraggiare e sostenere l’allievo nel suo percorso. Se attenzione e concentrazione mancano, neppure la migliore delle intelligenze può arrivare a dei risultati. Ritornando al discorso cruciale degli esami…

Gli esami

Esami di maturità, esami universitari, test di ammissione alle facoltà…per moltissimi studenti queste settimane sono estremamente faticose, cariche di stress e di ansia per le prove imminenti. Nozioni e pagine da memorizzare sembrano accumularsi inesorabilmente, di pari passo con la sensazione di non essere sufficientemente preparati, di non riuscire a concentrarsi e assimilare quello che si è studiato, di non farcela a ricordare tutto, di saperne meno degli altri. E così, man mano che si avvicina la data dell’esame, aumentano l’angoscia e la paura di non farcela, il timore del fallimento, la convinzione di essere respinti, il tutto accompagnato da una grande stanchezza fisica, difficoltà ad addormentarsi, mal di stomaco o colite di origine ansiosa, mal di testa da sovraccarico, irrequietezza, agitazione e tensione nervosa.

Ogni problema va affrontato prima in noi stessi, nella nostra coscienza.

Alla base del buon esito di un impegno scolastico c’è la serenità, così come alla base di un qualunque impegno nella vita c’è la consapevolezza di aver fatto fino in fondo il proprio dovere, senza alibi o scorciatoie. Va comunque detto che una moderata quantità di stress aumenta le nostre performance e ci rende più resistenti.

Un consiglio apparentemente banale: fare ordine interiore. Ordine significa concentrazione e disponibilità alla fatica. Studiare è faticoso. Molto faticoso.

Star seduti su “un libro”, rimanere concentrati per ore, afferrare i concetti, collegarli fra loro, farli propri, memorizzare, tutto ciò implica un rilevante impegno fisico e intellettivo che fa un po’ a pugni con l’allegra dispersione del tempo, con l’uscire, mandare messaggi agli amici, andare su Instagram o Facebook…

Studiare significa faticare.

Chi accetta questa realtà ha già risolto una gran parte del problema. Avere ordine significa avere un metodo di studio. Studiare con improvvisazione e frammentarietà produce dispersione del lavoro cosicché può capitare che, anche una pur rilevante quantità di studio, non porti a risultati apprezzabili.

Bisogna avere un metodo.

Non necessariamente rigido, ma comunque certo e consolidato. Davanti ad un consistente carico di studio lo studente deve già sapere in anticipo come organizzarsi e affrontarlo. E’ evidente che alcuni presupposti metodologici sono ineliminabili. Lo sono la completezza dello studio (non saltare o minimizzare alcuni argomenti) e la determinazione nell’afferrare talune nozioni (passare oltre a ciò che non si è capito può essere deleterio). Lo stesso vale per l’analisi e la sintesi, riferita ad argomenti sia generali sia particolari (a cerchi concentrici), e per il collegamento logico tra le nozioni.

Ordine

Ordine significa anche mettersi nella condizione di avere la coscienza a posto riguardo al lavoro fatto. E’ del tutto evidente che ogni esame reca con sé anche una certa quota di imponderabilità. E, rispetto ad eventi imprevedibili e sfortunati, è meglio essere sereni, ossia sapere di aver fatto tutto il possibile per giungere preparatiti all’appuntamento.

La consapevolezza di aver fatto fino in fondo il proprio dovere rende tranquilli anche se non elimina il rischio che l’esame vada a male. In sostanza, non c’è una bacchetta magica, filtri, pozioni miracolose che possano risolvere i problemi. Bisogna lavorare sodo e bene, con ordine, e non cercare alibi in se stessi o al di fuori. Ricetta, questa, infallibile, ma faticosa, e, a quanto pare, non del tutto scontata.

Ma ……ho la sensazione di perdere la concentrazione! A questo punto, forse, è meglio che faccia un pisolino.

Riprenderemo la prossima settimana.

Tempo di esami

Alimentazione per chi studia

Studiare è luce, non studiare è oscurità.
(Proverbio russo)

Ne era passato di tempo. Gli anni, cinque, erano “volati”. Senza che nessuno di noi si fosse fermato, anche solo per un attimo, a ricordare il giorno in cui avevamo varcato la soglia di quel vecchio portone in legno marcescente, per alcuni tratti ancora ricoperto da scaglie rinsecchite di vernice grigia.

Che impressione ritornare con la memoria al passato e rivedersi con i calzoni corti, i capelli ben pettinati con la riga di lato, il viso imberbe da bravi ragazzi, timorosi, in fila per due, pronti alla nuova avventura. Il vetro della finestra ad arco, che occupava gran parte della parete di quella grande aula, all’interno dell’antico convento di suore, rifletteva un’immagine molto diversa.

Capelli lunghi, viso più maturo e, negli occhi, quella spavalderia che spingeva a guardare avanti, sempre e solo avanti. Le giornate cominciavano ad allungarsi. Eravamo di buon umore ed in classe tutto procedeva come al solito. Di tanto in tanto, e poi sempre più spesso, il dialogo con i professori diventava più una discussione tra amici. Il clima era di forte complicità. Era diventato simpatico persino il secchione della classe.

Fuori gli alberi fiorivano e gli uccelli danzavano nell’aria tra lo stormire delle foglie, ai caldi raggi del sole, in una natura che si risvegliava. Il tempo trascorso ci rendeva consapevoli del fatto che di lì a poco ci saremmo dovuti confrontare con la grande prova. La tensione era ormai palpabile. Mentre gli indumenti diventavano sempre più leggeri per il sopraggiungere della bella stagione, anche il tempo che ci separava dal fatidico appuntamento si accorciava e l’umore ne risentiva.

Ai discorsi sul calcio, sulle moto, sulle ragazze sempre più svestite, si sostituivano discussioni su argomenti di letteratura, storia, latino, filosofia, quasi declamati come fossimo stati attori di fronte ad un pubblico improvvisato. E a quel pubblico, di tanto in tanto, fermandoci, sembravamo chiedere un cenno di assenso, un segnale che ci desse coraggio. I giorni volavano e le notti si facevano più corte.

Poi, quasi all’improvviso, l’ultimo giorno di scuola. Ci salutammo frettolosamente, senza l’entusiasmo degli anni precedenti. Non si correva al mare, ma a casa a studiare. In molti ci accordammo per formare piccoli gruppi di studio e si cercava di fare tutto con grande serietà.

Poi giunse la vigilia, quel giorno non studiai ma gironzolai in moto per buona parte della giornata. Mi sentivo svuotato. Più che gli esami mi creava una leggera ansia il dopo. Non riuscivo a intravedere alcunché. Cosa sarebbe successo dopo? La sera, eravamo quasi tutti in centro a chiederci come sarebbe andata l’indomani. Ipotesi tante, rosee, nere. Ognuno azzardava la sua. Tirammo tardi. Poi, senza fretta, ognuno tornò a casa a dormire.

Quella notte il soffitto della mia camera divenne uno schermo sul quale scorsero le immagini del mio passato, del presente e di un futuro indefinito, sfumato, che in breve sarebbe stato già alle spalle, insieme al ricordo di una notte che si vive solo una volta nella vita.

L’intelletto si può sostenere a tavola?

Poiché gli esami incombono, spero possano tornare utili agli amici studenti alcuni suggerimenti. Pur non esistendo una dieta miracolosa, alimenti appropriati e un corretto stile di vita aiutano l’organismo per lo sprint finale. A colazione una porzione di latte accompagnato dai cereali (va bene anche il pane) aiuta a mantenere livelli di attenzione elevati.

Pensieri fruttuosi.

A merenda, uno yogurt o un frutto o una spremuta o un frullato, ma anche un gelato, preferibilmente alla frutta, potranno ricaricare l’organismo di energia subito disponibile oltre ad essere occasione per una momentanea (e si spera meritata) pausa di riposo. Pranzo e cena devono essere leggeri e da consumare lentamente: del resto già i latini ammonivano che “Plenus venter non studet libenter”.

I contorni vanno alternati. Tra le verdure privilegiare radicchio, spinaci, rucola, ricche di ferro e particolarmente utili per le ragazze che, soprattutto nella stagione calda, possono avere un flusso mestruale più abbondante con perdita consistente di questo minerale. Tra pranzo e cena alternare la pasta (o il riso), i minestroni, la carne, il pesce (meglio quello azzurro, più ricco di acidi grassi amici delle strutture cerebrali), formaggi, legumi.

Mi risulta che i giovani studenti oggi vadano a letto molto tardi, magari dopo aver “cazzeggiato” sui social fino a notte fonda o rincasando tardissimo dalla discoteca (almeno quando si poteva). Non sono da trascurare le giuste ore di riposo, che permettono di liberare la mente dalle informazioni in eccesso raccolte nell’arco della giornata, consentendoci così di conservare solo quelle utili.

È bene dedicare un po’ di tempo anche all’esercizio fisico, sia per tenere a bada lo stress, vero nemico dell’esaminando, sia, anche, per sottrarre spazio alla sedentarietà, in qualunque forma essa si presenti. Un atteggiamento negativo nei confronti della prova che si sta per affrontare, un umore cattivo, il disinteresse verso la materia studiata, lo stress e il mancato relax nei giorni precedenti possono influire negativamente sull’esito dell’esame. Una adeguata attività motoria permette di scaricare la tensione. Fa bene allo studente, al suo corpo e alla sua psiche, confermando più che mai il detto di Giovenale “Mens sana in corpore sano”.

L’atteggiamento con cui si affronta un qualunque compito è estremamente importante al fine della qualità delle prestazioni. Il primo sforzo è proprio quello di tendere a un atteggiamento positivo, anche verso ciò che non piace. Infine, anche se è scontato, ribadendolo non commetto peccato mortale: studiare, magari entusiasmandosi.

La prossima settimana parleremo degli aiutini per lo studente, partendo dal… buon insegnante.

Educazione alimentare

Il dottore mi ha detto di smettere
di fare cene intime per quattro.
A meno che non ci siano le altre tre persone!

(Orson Welles)

La dietologia e, soprattutto, l’eccesso di peso sono temi diffusi ma tuttora intrisi di pregiudizi e di “sentito dire” piuttosto che di asserzioni debitamente convalidate.

Considerato che il rapporto nutrizione-salute dovrebbe riguardare tutti i cittadini, è inevitabile che se ne parli sempre di più.

Tuttavia, spesso, si ricorre a nutrizionisti improvvisati, figure di scarsa preparazione, prive di adeguate conoscenze, e più interessate a proporre soluzioni accattivanti, benché scientificamente fragili (presunti pregi o difetti dei singoli cibi, quante calorie in questo o quel piatto….).

Con altrettanta facilità si inseguono le “mode” alimentari (tuttora vengono proposti schemi incongruenti dal punto di vista dietetico, inutilmente punitivi o del tutto inefficaci nel trattamento “cronico” del sovrappeso e dell’obesità). Altra nota dolente sono le promozioni di erbe, tisane e altri, indefiniti, rimedi.

Certo, lo scopo della pubblicità non è quello di educare ma non per questo si dovrebbe permettere lo stravolgimento della realtà scientifica e la conseguente confusione di idee.

Spesso poi, anche in televisione, assistiamo a programmi o interviste da “bar sport della dieta”. Non posso nascondere la mia personale insofferenza verso ciò che la tv, troppo spesso, propone sul tema, apparentemente inesauribile, della gastronomia e delle diete.

In conclusione, dato il mio impegno di divulgatore e i miei studi in proposito, trovo profondamente sbagliato il modo in cui, troppo spesso, viene affrontato il tema “nutrizione”.

Sarebbe il caso di chiarire anche cosa si debba intendere per “porzione” adeguata dei principali alimenti.

Ad esempio, quando si va al ristorante, è opportuno ricordare che questi sono “esercizi di somministrazione” che, a differenza dei negozi, non sono tenuti a vendere secondo le richieste del cliente. Quindi, la quantità di porzione servita dipende dal buonsenso del ristoratore.

Sarebbe auspicabile che venisse ridimensionata la grammatura dei primi piatti (i cosiddetti ristoranti per camionisti servono quantità di pasta per lo meno doppie rispetto ai locali raffinati della nouvelle cousine), pur senza arrivare alla esasperazione dei microassaggi, magari di qualità diverse, ma con una troppo drastica riduzione quantitativa del vecchio, pur ormai eccessivo, primo piatto.

Proporre delle porzioni di pasta di 40-50 grammi, come talvolta si legge nelle DIETE IMPROVVISATE DI QUALCHE INCOMPETENTE, è quasi una provocazione che scoraggia anche gli obesi di migliore buona volontà.

Ma non è nemmeno ammissibile che un giovane sportivo ingerisca 180-200 grammi in una sola porzione, anziché suddividerli in due pasti. Oltretutto la consuetudine alle super-porzioni predisporrà ad un più facile ingrassamento quando, da adulti, si dovrà poi abbandonare o ridurre l’intensa attività fisica per entrare in una normale vita lavorativa.

È sempre difficile, per il dietologo, intervenire sull’abitudine a porzioni che dilatino troppo lo stomaco o che creino senso di sazietà con un apporto energetico non più necessario.

L’alimentazione umana è una cosa seria e i problemi del sovrappeso o della prevenzione dietetica non si risolvono con i discorsi, vaghi, dei non addetti ai lavori.

Ci saranno pure altri mezzi per ravvivare l’audience di alcuni programmi televisivi! È naturale che la Tv si sforzi di essere accattivante e che i conduttori non vogliano appesantire il tema trasformandolo in una tavola rotonda di esperti.

Tuttavia i pregiudizi e la disinformazione che dominano riguardo all’obesità riaffiorano, in queste occasioni, in una miriade di luoghi comuni che il vero esperto di turno non ha tempo e modo di smantellare. Questo tanto più perché l’obesità è più diffusa fra le classi sociali con più basso titolo di studio.

Il parere di una showgirl o di un giornalista, pur bravi, dovrebbe essere ininfluente ed invece risulta fuorviante per chi è vittima del problema e, magari, spera nel consiglio serio e specialistico di chi ha titolo per dibattere un tema che l’Oms considera tra i più gravi del momento.

Stiamo attenti a non approfittare della credulità dell’ascoltatore perché l’atto del mangiare non può, e non deve, essere ridotto ad un puro conteggio di calorie, di colesterolo o di zuccheri. Per l’essere umano mangiare dovrebbe significare molto più che nutrirsi.

La consuetudine alimentare ha implicazioni complesse e non va soffocata in un rituale rigido e ripetitivo come quello di una dieta, soprattutto quando la prescrizione non è fondata su elementi scientifici certi e non è proposta da veri specialisti della materia, gli unici consapevoli dei risvolti negativi insiti nei diktat di qualsiasi dieta.

Non sarebbe male se la corretta educazione alimentare partisse dai banchi di scuola, a cominciare, ad esempio, dalla corretta lettura delle etichette alimentari.

Un vecchio slogan che può essere recuperato è quello che recita:“Controlla il peso, controlla le etichette”.

Non si pretende che ciascuno di noi sia dotato di aggiornate conoscenze di biochimica e di metabolismo corporeo ma è importante offrire un ulteriore elemento di valutazione, da aggiungere a quello prioritario delle caratteristiche gastronomiche, magari per privilegiare negli acquisti le aziende che riportano l’etichetta nutrizionale anche quando questa sia facoltativa.

Tutti dovrebbero sapere che l’ordine dei componenti citati in etichetta è obbligatoriamente decrescente, in base al peso; perciò il prodotto citato per primo è sempre quello presente in quantità maggiore, mentre le voci successive si riferiscono a ingredienti che hanno un peso progressivamente inferiore e perciò meno influente, almeno sul piano energetico.

Mi auguro che sia la scuola a dare sistematicamente ai ragazzi le nozioni fondamentali riguardo al ruolo della nutrizione. Se non altro per evitare che sia poi la pubblicità, per sua stessa natura non neutrale, a fornire in forma accattivante ma poco obiettiva (basti pensare a quello che si afferma e promette in tema di dimagrimento) quelle nozioni di base sul ruolo degli alimenti che non possono essere più ignorate in una società avanzata.

Sappiamo tutti che la scuola è sovraccarica di impegni formativi ma è pure ora di sfoltirla di alcune forme di inutile nozionismo per inserire argomenti decisivi per il loro ruolo nel garantire una buona qualità e aspettativa di vita. Con il massimo rispetto per Attilio Regolo e le date delle guerre puniche, ritengo che memorizzare queste cose non possa dare frutti (almeno come ricaduta sociale) neppure lontanamente comparabili con la sola lettura degli ingredienti nutrizionali di un alimento.

È inoltre necessario trasmettere ai ragazzi anche la cultura del movimento fisico e dello sport attivo. Negli ultimi 60 anni la spesa “calorica” di una giornata media della nostra vita si è ridotta molto più di quanto non si sia ridotto l’introito energetico.

Mangiamo meno calorie dei nostri nonni ma questo non basta a compensare la restrizione della spesa calorica dovuta alla sedentarietà ed ai comfort della vita di oggi. E, soprattutto per quanto riguarda i ragazzi, la dieta non può essere penalizzata ulteriormente (ma riequilibrata sì).

E’ necessario, invece, rieducare i giovani ad una attività fisica regolare, quale il camminare, e alla pratica di un qualsiasi sport di movimento.

Non sarebbe male se la scuola cominciasse a dare maggiore importanza anche alle, sempre troppo poche, ore di educazione fisica e magari riproporle in forma più moderna e accattivante. Anche perché fare una sana attività fisica stimola a fare una sana colazione, migliora i rendimenti scolastici ….

Di alimentazione, di nutrigenomica, intendo parlare ancora in modo dettagliato. Ma la prossima settimana passiamo ad un argomento “attuale” ….. gli esami scolastici