Tempo di esami

Alimentazione per chi studia

Studiare è luce, non studiare è oscurità.
(Proverbio russo)

Ne era passato di tempo. Gli anni, cinque, erano “volati”. Senza che nessuno di noi si fosse fermato, anche solo per un attimo, a ricordare il giorno in cui avevamo varcato la soglia di quel vecchio portone in legno marcescente, per alcuni tratti ancora ricoperto da scaglie rinsecchite di vernice grigia.

Che impressione ritornare con la memoria al passato e rivedersi con i calzoni corti, i capelli ben pettinati con la riga di lato, il viso imberbe da bravi ragazzi, timorosi, in fila per due, pronti alla nuova avventura. Il vetro della finestra ad arco, che occupava gran parte della parete di quella grande aula, all’interno dell’antico convento di suore, rifletteva un’immagine molto diversa.

Capelli lunghi, viso più maturo e, negli occhi, quella spavalderia che spingeva a guardare avanti, sempre e solo avanti. Le giornate cominciavano ad allungarsi. Eravamo di buon umore ed in classe tutto procedeva come al solito. Di tanto in tanto, e poi sempre più spesso, il dialogo con i professori diventava più una discussione tra amici. Il clima era di forte complicità. Era diventato simpatico persino il secchione della classe.

Fuori gli alberi fiorivano e gli uccelli danzavano nell’aria tra lo stormire delle foglie, ai caldi raggi del sole, in una natura che si risvegliava. Il tempo trascorso ci rendeva consapevoli del fatto che di lì a poco ci saremmo dovuti confrontare con la grande prova. La tensione era ormai palpabile. Mentre gli indumenti diventavano sempre più leggeri per il sopraggiungere della bella stagione, anche il tempo che ci separava dal fatidico appuntamento si accorciava e l’umore ne risentiva.

Ai discorsi sul calcio, sulle moto, sulle ragazze sempre più svestite, si sostituivano discussioni su argomenti di letteratura, storia, latino, filosofia, quasi declamati come fossimo stati attori di fronte ad un pubblico improvvisato. E a quel pubblico, di tanto in tanto, fermandoci, sembravamo chiedere un cenno di assenso, un segnale che ci desse coraggio. I giorni volavano e le notti si facevano più corte.

Poi, quasi all’improvviso, l’ultimo giorno di scuola. Ci salutammo frettolosamente, senza l’entusiasmo degli anni precedenti. Non si correva al mare, ma a casa a studiare. In molti ci accordammo per formare piccoli gruppi di studio e si cercava di fare tutto con grande serietà.

Poi giunse la vigilia, quel giorno non studiai ma gironzolai in moto per buona parte della giornata. Mi sentivo svuotato. Più che gli esami mi creava una leggera ansia il dopo. Non riuscivo a intravedere alcunché. Cosa sarebbe successo dopo? La sera, eravamo quasi tutti in centro a chiederci come sarebbe andata l’indomani. Ipotesi tante, rosee, nere. Ognuno azzardava la sua. Tirammo tardi. Poi, senza fretta, ognuno tornò a casa a dormire.

Quella notte il soffitto della mia camera divenne uno schermo sul quale scorsero le immagini del mio passato, del presente e di un futuro indefinito, sfumato, che in breve sarebbe stato già alle spalle, insieme al ricordo di una notte che si vive solo una volta nella vita.

L’intelletto si può sostenere a tavola?

Poiché gli esami incombono, spero possano tornare utili agli amici studenti alcuni suggerimenti. Pur non esistendo una dieta miracolosa, alimenti appropriati e un corretto stile di vita aiutano l’organismo per lo sprint finale. A colazione una porzione di latte accompagnato dai cereali (va bene anche il pane) aiuta a mantenere livelli di attenzione elevati.

Pensieri fruttuosi.

A merenda, uno yogurt o un frutto o una spremuta o un frullato, ma anche un gelato, preferibilmente alla frutta, potranno ricaricare l’organismo di energia subito disponibile oltre ad essere occasione per una momentanea (e si spera meritata) pausa di riposo. Pranzo e cena devono essere leggeri e da consumare lentamente: del resto già i latini ammonivano che “Plenus venter non studet libenter”.

I contorni vanno alternati. Tra le verdure privilegiare radicchio, spinaci, rucola, ricche di ferro e particolarmente utili per le ragazze che, soprattutto nella stagione calda, possono avere un flusso mestruale più abbondante con perdita consistente di questo minerale. Tra pranzo e cena alternare la pasta (o il riso), i minestroni, la carne, il pesce (meglio quello azzurro, più ricco di acidi grassi amici delle strutture cerebrali), formaggi, legumi.

Mi risulta che i giovani studenti oggi vadano a letto molto tardi, magari dopo aver “cazzeggiato” sui social fino a notte fonda o rincasando tardissimo dalla discoteca (almeno quando si poteva). Non sono da trascurare le giuste ore di riposo, che permettono di liberare la mente dalle informazioni in eccesso raccolte nell’arco della giornata, consentendoci così di conservare solo quelle utili.

È bene dedicare un po’ di tempo anche all’esercizio fisico, sia per tenere a bada lo stress, vero nemico dell’esaminando, sia, anche, per sottrarre spazio alla sedentarietà, in qualunque forma essa si presenti. Un atteggiamento negativo nei confronti della prova che si sta per affrontare, un umore cattivo, il disinteresse verso la materia studiata, lo stress e il mancato relax nei giorni precedenti possono influire negativamente sull’esito dell’esame. Una adeguata attività motoria permette di scaricare la tensione. Fa bene allo studente, al suo corpo e alla sua psiche, confermando più che mai il detto di Giovenale “Mens sana in corpore sano”.

L’atteggiamento con cui si affronta un qualunque compito è estremamente importante al fine della qualità delle prestazioni. Il primo sforzo è proprio quello di tendere a un atteggiamento positivo, anche verso ciò che non piace. Infine, anche se è scontato, ribadendolo non commetto peccato mortale: studiare, magari entusiasmandosi.

La prossima settimana parleremo degli aiutini per lo studente, partendo dal… buon insegnante.

Educazione alimentare

Il dottore mi ha detto di smettere
di fare cene intime per quattro.
A meno che non ci siano le altre tre persone!

(Orson Welles)

La dietologia e, soprattutto, l’eccesso di peso sono temi diffusi ma tuttora intrisi di pregiudizi e di “sentito dire” piuttosto che di asserzioni debitamente convalidate.

Considerato che il rapporto nutrizione-salute dovrebbe riguardare tutti i cittadini, è inevitabile che se ne parli sempre di più.

Tuttavia, spesso, si ricorre a nutrizionisti improvvisati, figure di scarsa preparazione, prive di adeguate conoscenze, e più interessate a proporre soluzioni accattivanti, benché scientificamente fragili (presunti pregi o difetti dei singoli cibi, quante calorie in questo o quel piatto….).

Con altrettanta facilità si inseguono le “mode” alimentari (tuttora vengono proposti schemi incongruenti dal punto di vista dietetico, inutilmente punitivi o del tutto inefficaci nel trattamento “cronico” del sovrappeso e dell’obesità). Altra nota dolente sono le promozioni di erbe, tisane e altri, indefiniti, rimedi.

Certo, lo scopo della pubblicità non è quello di educare ma non per questo si dovrebbe permettere lo stravolgimento della realtà scientifica e la conseguente confusione di idee.

Spesso poi, anche in televisione, assistiamo a programmi o interviste da “bar sport della dieta”. Non posso nascondere la mia personale insofferenza verso ciò che la tv, troppo spesso, propone sul tema, apparentemente inesauribile, della gastronomia e delle diete.

In conclusione, dato il mio impegno di divulgatore e i miei studi in proposito, trovo profondamente sbagliato il modo in cui, troppo spesso, viene affrontato il tema “nutrizione”.

Sarebbe il caso di chiarire anche cosa si debba intendere per “porzione” adeguata dei principali alimenti.

Ad esempio, quando si va al ristorante, è opportuno ricordare che questi sono “esercizi di somministrazione” che, a differenza dei negozi, non sono tenuti a vendere secondo le richieste del cliente. Quindi, la quantità di porzione servita dipende dal buonsenso del ristoratore.

Sarebbe auspicabile che venisse ridimensionata la grammatura dei primi piatti (i cosiddetti ristoranti per camionisti servono quantità di pasta per lo meno doppie rispetto ai locali raffinati della nouvelle cousine), pur senza arrivare alla esasperazione dei microassaggi, magari di qualità diverse, ma con una troppo drastica riduzione quantitativa del vecchio, pur ormai eccessivo, primo piatto.

Proporre delle porzioni di pasta di 40-50 grammi, come talvolta si legge nelle DIETE IMPROVVISATE DI QUALCHE INCOMPETENTE, è quasi una provocazione che scoraggia anche gli obesi di migliore buona volontà.

Ma non è nemmeno ammissibile che un giovane sportivo ingerisca 180-200 grammi in una sola porzione, anziché suddividerli in due pasti. Oltretutto la consuetudine alle super-porzioni predisporrà ad un più facile ingrassamento quando, da adulti, si dovrà poi abbandonare o ridurre l’intensa attività fisica per entrare in una normale vita lavorativa.

È sempre difficile, per il dietologo, intervenire sull’abitudine a porzioni che dilatino troppo lo stomaco o che creino senso di sazietà con un apporto energetico non più necessario.

L’alimentazione umana è una cosa seria e i problemi del sovrappeso o della prevenzione dietetica non si risolvono con i discorsi, vaghi, dei non addetti ai lavori.

Ci saranno pure altri mezzi per ravvivare l’audience di alcuni programmi televisivi! È naturale che la Tv si sforzi di essere accattivante e che i conduttori non vogliano appesantire il tema trasformandolo in una tavola rotonda di esperti.

Tuttavia i pregiudizi e la disinformazione che dominano riguardo all’obesità riaffiorano, in queste occasioni, in una miriade di luoghi comuni che il vero esperto di turno non ha tempo e modo di smantellare. Questo tanto più perché l’obesità è più diffusa fra le classi sociali con più basso titolo di studio.

Il parere di una showgirl o di un giornalista, pur bravi, dovrebbe essere ininfluente ed invece risulta fuorviante per chi è vittima del problema e, magari, spera nel consiglio serio e specialistico di chi ha titolo per dibattere un tema che l’Oms considera tra i più gravi del momento.

Stiamo attenti a non approfittare della credulità dell’ascoltatore perché l’atto del mangiare non può, e non deve, essere ridotto ad un puro conteggio di calorie, di colesterolo o di zuccheri. Per l’essere umano mangiare dovrebbe significare molto più che nutrirsi.

La consuetudine alimentare ha implicazioni complesse e non va soffocata in un rituale rigido e ripetitivo come quello di una dieta, soprattutto quando la prescrizione non è fondata su elementi scientifici certi e non è proposta da veri specialisti della materia, gli unici consapevoli dei risvolti negativi insiti nei diktat di qualsiasi dieta.

Non sarebbe male se la corretta educazione alimentare partisse dai banchi di scuola, a cominciare, ad esempio, dalla corretta lettura delle etichette alimentari.

Un vecchio slogan che può essere recuperato è quello che recita:“Controlla il peso, controlla le etichette”.

Non si pretende che ciascuno di noi sia dotato di aggiornate conoscenze di biochimica e di metabolismo corporeo ma è importante offrire un ulteriore elemento di valutazione, da aggiungere a quello prioritario delle caratteristiche gastronomiche, magari per privilegiare negli acquisti le aziende che riportano l’etichetta nutrizionale anche quando questa sia facoltativa.

Tutti dovrebbero sapere che l’ordine dei componenti citati in etichetta è obbligatoriamente decrescente, in base al peso; perciò il prodotto citato per primo è sempre quello presente in quantità maggiore, mentre le voci successive si riferiscono a ingredienti che hanno un peso progressivamente inferiore e perciò meno influente, almeno sul piano energetico.

Mi auguro che sia la scuola a dare sistematicamente ai ragazzi le nozioni fondamentali riguardo al ruolo della nutrizione. Se non altro per evitare che sia poi la pubblicità, per sua stessa natura non neutrale, a fornire in forma accattivante ma poco obiettiva (basti pensare a quello che si afferma e promette in tema di dimagrimento) quelle nozioni di base sul ruolo degli alimenti che non possono essere più ignorate in una società avanzata.

Sappiamo tutti che la scuola è sovraccarica di impegni formativi ma è pure ora di sfoltirla di alcune forme di inutile nozionismo per inserire argomenti decisivi per il loro ruolo nel garantire una buona qualità e aspettativa di vita. Con il massimo rispetto per Attilio Regolo e le date delle guerre puniche, ritengo che memorizzare queste cose non possa dare frutti (almeno come ricaduta sociale) neppure lontanamente comparabili con la sola lettura degli ingredienti nutrizionali di un alimento.

È inoltre necessario trasmettere ai ragazzi anche la cultura del movimento fisico e dello sport attivo. Negli ultimi 60 anni la spesa “calorica” di una giornata media della nostra vita si è ridotta molto più di quanto non si sia ridotto l’introito energetico.

Mangiamo meno calorie dei nostri nonni ma questo non basta a compensare la restrizione della spesa calorica dovuta alla sedentarietà ed ai comfort della vita di oggi. E, soprattutto per quanto riguarda i ragazzi, la dieta non può essere penalizzata ulteriormente (ma riequilibrata sì).

E’ necessario, invece, rieducare i giovani ad una attività fisica regolare, quale il camminare, e alla pratica di un qualsiasi sport di movimento.

Non sarebbe male se la scuola cominciasse a dare maggiore importanza anche alle, sempre troppo poche, ore di educazione fisica e magari riproporle in forma più moderna e accattivante. Anche perché fare una sana attività fisica stimola a fare una sana colazione, migliora i rendimenti scolastici ….

Di alimentazione, di nutrigenomica, intendo parlare ancora in modo dettagliato. Ma la prossima settimana passiamo ad un argomento “attuale” ….. gli esami scolastici