ENODISSEA (atto secondo)

La scorsa settimana ho deciso di pubblicare in 3 puntate la poesia Enodissea,
apparentemente sganciata dalla tematica e finalità del blog.
Ma tale decisione non è stata casuale:

credo che ogni tanto ci sia veramente bisogno di coltivare la leggerezza nella nostra vita.
Ciò è ancora più importante per attenuare lo stress da rientro delle vacanze”.
Da metà settembre riprendiamo con un graduale ritorno alla normalità del blog.
Dr. Angelo Bianco.

E siccome finito è agosto nell’aria si annusa odor di mosto…….

Liberato fu da siffatto ingaggio
dopo anni di soprusi e torti;
indi partì con grande coraggio
alla volta del regno dei morti;
quivi alle anime sacrificio offrì,
giammai, però, di sangue ovino:
una profonda pozza scavò costì
per riempirla di rosso vino,
dall’alta gradazione, che molto piace
al vate Tiresia e alla madre Anticlea,
ad Agamennone, Achille, Aiace,
ossia al meglio della pugna achea.

Imprecando assai con tono
riprese del mare le incerte rotte,
perseguitato dal padre di Polifemo;
intanto, ogni dì bevendo, diminuiva la botte.

Copioso alcool era ormai nelle vene,
quando si avvicinava altra avventura
nella famosa isola delle Sirene
ove l’attendeva una prova molto dura;
quivi l’aere era inebriante
di forte guisa, irresistibilmente,
da lungi olezzando vino frizzante
da far perdere ad ognun la mente.

Essendo le perfide Sirene in agguato,
le nari ai suoi guerrieri Ulisse turò;
indi da Euriloco al palo fu legato
sicché l’essenza vineata in toto respirò.

Ah, qual non fu la sua sofferenza
nel percepir sì celestiale odore!
Si sarebbe tuffato con vera indecenza
per gustar quel nettare ore e ore.

Di Scilla e Cariddi attraversò lo stretto
tra mille correnti e gran turbolenza;
ma a bordo più non v’era diletto
essendovi ormai di vino carenza.

Giunsero ordunque con le asciutte gole
il prode Ulisse e i suoi soldati
nella mitica isola del Sole,
dai venti e dalle correnti trascinati.

Ivi non videro pascolanti
le sacre femmine dei bovini;
piuttosto apparvero invitanti
molte tinozze di fragranti vini
che toccar non si poteva, per carità!
per non provocare irritazione
nella gelosa divinità;
con conseguente grave punizione.

Ardua fu siffatta astinenza
sia per Ulisse che pei suoi comandati;
si volle quindi anticipar la partenza,
ma da lunga bonaccia rimasero bloccati.

Furon così costretti a solo guardare
vini dolci, novelli e frizzanti
senza, però, poterli assaggiare:
fosser Lambrusco, Barolo o Chianti,
Valpolicella, Primitivo o Frascati
o Barbera, Trebbiano, Soave,
vini rossi, bianchi o rosati,
il divieto, ahimè, restava grave.

Cedettero, infine, i reduci di Troia
e, incuranti di destino esecrabile,
si dieder tosto alla pazza gioia
con una bevuta inenarrabile.

A nulla valse la sacra iattura
che legata era a contegno blasfem(i)o;
finì in colossale ubriacatura
e il solo Ulisse si tenne astemio.

Mosser poscia le vele con tristo presagio,
riprendendo ancor brilli la via del mare;
e vi fu terribile naufragio
dal quale solo il re potè scampare.
Lottò nell’acqua tempestosa e grigia
quel povero resto di potenza achea
finchè giunse nell’isola Ogigia,
dimora di Calipso, dolce semidea.
Di lei egli fu intrepido amatore,
ma anche fornitore di altri doni:
divenne, infatti, il suo fido agricoltore
tra immense spalliere e alti tendoni.

Lontano dalla patria il nostro Ulisse
stette nei campi al lavoro e a trebbiare;
a lungo con la ninfa egli convisse,
trovando gaudio nel vendemmiare.
Infine da Ogigia egli si congedò
dando a Calipso saluti e baci;
su di una zattera per mare navigò
sino ad approdar nell’isola dei Feaci.
A riceverlo fu la bella Nausica,
che lo trovò esausto sulla spiaggia;
per lui fu ella più di un’amica
tanto da presentarlo alla reggia.

Qui abitavano i suoi genitori,
il re Alcinoo e la regina Arete:
noti entrambi come gran degustatori,
di vino avendo immane sete.
Lo fecer dunque mangiare e bere
i due inappuntabili regnanti;
e la sua storia vollero sapere
tra gustosi piatti e odorosi spumanti.
Fu così che di quel personaggio
ebbero completa conoscenza:
del suo nobile e reale lignaggio,
della sua enologica esperienza.

Il re Alcinoo, furbo assai,
con modi spicci e impertinenti,
volendo l’ospite partir, rispose: “Giammai!”
e lo collocò nei reali stabilimenti,
facendolo pigiare a più non posso,
utilizzando le sue vaste cognizioni
per incrementare il mosto rosso
ed ottener virtuose fermentazioni.
Il nostro eroe, ormai rassegnato,
patrie speranze in cuor suo non reca,
mentre il re se la gode beato
ad arricchir la sua enoteca.

Venerdì prossimo completeremo la goliardica trilogia.

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