Pianeta Donna

Una mamma è come un albero grande che tutti i suoi frutti ti dà: per quanti gliene domandi, sempre uno ne troverà. Ti dà il frutto, il fiore, la foglia, per te di tutto si spoglia; anche i rami si taglierà. Una mamma è come un albero grande.

Una mamma è come il mare. Non c’è tesoro che non nasconda. Continuamente con l’onda ti culla e ti viene a baciare. Con la ferita più profonda non potrai farla sanguinare: subito ritorna ad azzurreggiare. Una mamma è come il mare.

Una mamma è questo mistero. Tutto comprende, tutto perdona, tutto soffre, tutto dona, non coglie fiore per la tua corona. Puoi passare da lei come straniero, poi calpestarla in tutta la persona: ti dirà: “Buon cammin, bel cavaliero!”. Una mamma è questo mistero.

“Che cos’è una mamma”.
Francesco Pastonchi

Nel contesto del blog, ho deciso di affrontare un argomento vasto, il Pianete Donna, con particolare riguardo alle differenze di genere sotto il profilo medico e nutrizionale.

So già che l’argomento è per certi versi “spinoso”. Ma è una sfida che, a lungo meditata, proverò ad affrontare con particolare impegno.

Cercherò di essere preciso e documentato sotto vari punti di vista, da quello della ricerca a quello delle mutate condizioni sociali e della qualità della vita. Lo scopo è quello di evidenziare, ovunque si rivelino decisive, tutte le peculiarità femminili in qualunque contesto vengano considerate.

Mi piace esordire recuperando una riflessione “onirica”.

Il mattino era appena iniziato ma il sole riscaldava già l’aria e lo sentivo bene mentre pedalavo veloce lungo la strada che dalla casa di campagna dei miei genitori portava al paese. Il frinire delle cicale, fortissimo, sovrastava perfino il cigolio delle ruote della mia sgangherata, e per me troppo grande, bicicletta.

Guardavo il mare azzurro e la sua superficie increspata per le improvvise folate di vento. Dall’altra parte, le finestre delle case che si spalancavano al nuovo giorno mentre qualche radio diffondeva le musiche di una estate ormai agli sgoccioli e i banchi fuori dai negozi venivano riempiti di oggetti e souvenir colorati nella speranza di catturare, un’ ultima volta, l’attenzione dei pochi turisti rimasti.

Mi avvicinavo alla meta. Pedalavo e sudavo, ma i miei 12 anni non mi facevano certo pesare la fatica. Così, in compagnia di quel mare azzurro nel quale si specchiava, limpido, un cielo affollato di gabbiani, arrivavo a casa dei nonni. Al cancello, Musetto, un bastardino di media taglia e di colore grigio, si affrettava ad annunciare la mia presenza mentre, dalla finestra della cucina, mia nonna chiamava la zia Lucia perché mi venisse ad aprire.

Il latte era appena munto e le uova erano fresche di giornata. Una seconda colazione, arricchita da qualche fetta di pane casereccio e frutta di stagione, mi consentiva di ritemprare in men che non si dica il corpo e lo spirito. Era il tempo della spensieratezza. Le strade non erano trafficate e i miei genitori mi permettevano di andare a salutare i nonni anche fin verso l’imbrunire.

Le vacanze erano finite e la mia famiglia era tornata nella casa in paese a poca distanza da quella dei nonni. Certo, c’erano i compiti da fare, ma, a dovere compiuto, continuavo ad andare a trovarli. Una sera, però, qualcosa turbò l’atmosfera di quel mio piccolo paradiso.

Una vicina di casa dei nonni aveva avuto il settimo figlio. Era una donna matura, di circa quarant’anni, una quindicina in meno della nonna. I nonni erano andati a farle visita. Tornarono che le stelle brillavano in cielo e le galline si erano già appollaiate da tempo. Io e zia Lucia eravamo in cucina ma ancora non avevamo mangiato. Entrarono a viso basso, la nonna sottobraccio al nonno, tutti e due pensierosi. Sedettero senza dire una parola, a cena l’aria era pesante, regnava il silenzio…

Io non osavo parlare, nonostante la nonna ogni tanto mi sorridesse in modo bonario e, in un modo o nell’ altro, la serata trascorse finché alla fine mi ritirai nella camera che solitamente occupavo quando andavo a trovarli. Quella notte, però, non riuscivo a dormire. Tutto intorno era tranquillo. Anche le cicale avevano, finalmente, deciso di riposare. Ma un brusio sommesso al di là della parete a capo del mio letto mi incuriosì. A piedi scalzi uscii nel corridoio, cercando di non far cigolare la porta della camera. Il filtrare della luce sul pavimento indicava l’origine di quel brusio.

Avvicinai cautamente l’orecchio alla porta. A parlare era soprattutto il nonno: “ma lei è più giovane di te di 15 anni. La menopausa non è una tua colpa”. E’ la normalità per le donne e poi quattro figli sono una bella eredità che lasciamo al mondo”. Avevo capito cosa intristiva la nonna. Si sentiva vecchia. Solo una cosa mi sfuggiva: chi era Menopausa?

Non è una malattia, bensì un evento fisiologico. Compare nella vita di ogni donna, come la pubertà e come, per molte, la gravidanza. Tuttavia, “provocata” da una società fondata sui falsi miti della giovinezza e della bellezza, può rappresentare, nei soggetti più fragili, un handicap sociale.

Avremo modo di discutere dell’argomento, assieme ad altri, altrettanto pertinenti, dalla prossima settimana.

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