Sport ed integratori

Lo sport non è solo una forma d’intrattenimento,
ma anche uno strumento per comunicare valori
che promuovono il bene della persona umana
e contribuiscono alla costruzione
di una società più pacifica e fraterna.”

Videomessaggio del Santo Padre
in occasione dell’apertura
della Coppa del Mondo 2014 in Brasile
Papa Francesco

In base alla mia esperienza, le nuove generazioni sono più attente al valore salutistico di un consumo intelligente ed informato. Spesso, però, questo atteggiamento si scontra con l’inadeguatezza e la contraddittorietà delle fonti d’informazione.
Nei limiti dello spazio del blog, provo a fare chiarezza sul corretto uso degli integratori in ambito sportivo.

Prima di tutto, un concetto basilare, frutto di una attenta lettura delle fondamentali pubblicazioni del professor Del Toma, e che riguarda tutta la popolazione che fa movimento e pratica attività sportiva amatoriale e non agonistica. E’ necessario educare le persone a scelte alimentari più consapevoli, in modo da cercare gli integratori là dove Madre Natura li ha posti, a disposizione di chiunque, senza dovere quindi ricorrere a quell’integrazione farmacologica che, eventualmente, va riservata a casi e situazioni particolari.

Sarebbe assurdo rinunciare a un piatto di pasta o accettare un prodotto dietetico “sostitutivo del pasto” piuttosto che ricavarsi del tempo per un’attività fisica abituale. Gli integratori diventerebbero in questo caso il ragionevole complemento di un irrazionale stile di vita.

Succede che, talvolta, un alimento possa far male, ma è piuttosto ingenuo pensare il contrario, ovvero che un particolare alimento (olio di oliva, cioccolato, pappa reale) possa far bene prescindendo dalla alimentazione restante. Obiettivo di quest’articolo è rendere consapevoli, soprattutto i giovani, del rapporto che unisce il cibo e la pratica sportiva, senza creare false aspettative riguardo ad alimenti o integratori “speciali” e senza, d’altro canto, voler sminuire il contributo che una dieta adeguata può fornire, sia in allenamento sia in gara.

Non ci dobbiamo attendere da un integratore alimentare, qualunque esso sia, la soluzione ai problemi derivanti da un allenamento inadeguato o inefficace. Non si devono accettare supinamente le assurde credenze alimentari di una minoranza di “palestrati” tra i quali circolano le più stupefacenti sciocchezze riguardo alle diete iperproteiche, agli integratori e, ancora peggio, all’uso scriteriato di ormoni e anabolizzanti vari.

Il potenziamento muscolare, ovvero l’incremento delle prestazioni di forza e di resistenza dei muscoli che coincide con l’ipertrofia muscolare, è frutto del tipo e della durata dell’allenamento e, sempre, delle caratteristiche genetiche dei singoli individui. Non serve triplicare la quota proteica né le dosi degli inutili, ancorché in taluni casi dannosi, aminoacidi ramificati o di altri integratori proteici.

In ambito sportivo amatoriale, è largamente sufficiente, per chiunque, come fabbisogno proteico giornaliero, un grammo di proteine per ogni chilo di peso. Per gli sportivi praticanti si potrebbe aumentare questa quota a 1.2-1.8 g. Tuttavia, al di sopra dei 2 g, sarebbe molto difficile, da parte dei sistemi enzimatici, incorporare l’azoto nelle proteine corporee e, per di più, sorgerebbero problemi di sovraccarico e di difficoltà di smaltimento delle scorie azotate.

Occorrerebbe, pertanto, un patrimonio ormonale supplementare per dare significato all’inutile e non innocuo sovraccarico proteico di certe diete. Questo è doping! (con tutte le conseguenze e i pericoli del caso..). Ma anche dosi elevate di varie sostanze, naturalmente contenute nei cibi, o di integratori acquistabili senza obbligo di ricetta medica, possono migliorare le riserve energetiche, la loro utilizzazione, ed un più rapido ripristino delle scorte esaurite.

Per quanto attiene i carboidrati, ad esempio, la premessa tecnica è che l’aumento del glicogeno muscolare consente all’atleta di mantenere una prestazione intensa per un periodo più lungo. La composizione della razione alimentare, forzata oltre le regole della fisiologia alimentare, può influenzare notevolmente la concentrazione di glicogeno nel muscolo.

Come già ricordato in altre occasioni, Paracelso sosteneva che, in medicina, è la dose che fa il veleno. Anche le molecole più innocue (perfino l’acqua) da sostegno vantaggioso possono poi, all’aumentare eccessivo del dosaggio, divenire una forzatura, destinata, col progredire del sovraccarico, a produrre effetti imprevedibilmente pericolosi.

Basti pensare che la medicina sportiva considera “doping” anche il riscontro nelle urine di una quantità di caffeina la cui concentrazione risulti superiore ai 12 microgrammi per millilitro. Questo dovrebbe corrispondere, all’incirca, all’assunzione di una decina di caffè, bevuti contemporaneamente e non nel volgere di un’intera giornata.

Certo, in ambito agonistico, ci sono, talora, varie ragioni che rendono assai più comoda, pratica e sicura, l’assunzione degli integratori.

Tanto per fare un esempio, ad un ciclista che sta correndo una tappa del Giro d’Italia, è necessario fornire carboidrati; ma questi non potrebbero certamente essere dati sotto forma di spaghetti. Mentre si sta pedalando, è senza dubbio più comodo assumere carboidrati in una forma più facilmente metabolizzabile e digeribile. Se poi si volessero prendere, con la carne, la creatina o gli aminoacidi a catena ramificata, se ne dovrebbero assumere quantitativi elevati.

La prossima settimana prenderemo in rassegna i singoli integratori.

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