Si stava meglio quando si stava peggio?

Laudator temporis acti se puero
«lodatore del tempo passato, quando egli era fanciull
Orazio (Ars poetica, 173).

Riallacciandomi a quanto detto nel mio ultimo articolo sul blog, è molto comune osservare il prevalere del bias retrospettivo nei nostri ragionamenti. Questo fatto, non sempre verificato in modo critico, ci spinge ad attribuire l’origine di tale percezione a innovazioni recenti e definitive, come, ad esempio, Internet.

Niente di nuovo sotto il sole se è vero che Platone attribuiva la “nostalgia del declino” alla scrittura, se molti teologi guardavano all’invenzione della stampa come a un male e se, in tempi più recenti, persino l’autorevole “New York Times” contestava l’invenzione del telefono. Spesso, oggi, ci dimentichiamo di tutti quei “presagi” negativi legati, a suo tempo, alla comparsa delle automobili, del cinema, della televisione e, più di recente, del computer.

La tendenza è sempre quella del “laudator temporis acti”, ovvero: “In passato si stava peggio, ma si stava meglio”. Questo atteggiamento emerge spesso in quelle riflessioni da salotto che vedono, ad esempio, affermazioni del tipo: “Le donne di oggi non sono più quelle di una volta”, magari solo perché nei ricordi di noi maschietti, diversamente adolescenti, sono ancora presenti le mamme che ci rincorrevano per portarci la merenda.

Rientrando nell’attualità, nell’ “hic et nunc”, anziché lamentarsi con inutili piagnistei, ci si potrebbe chiedere cosa fare ora.

Ancor più che in passato, oggi, si richiede pratica e disciplina. La concentrazione può essere paragonata a un muscolo da tenere sempre attivo. Per mantenere un livello sostenuto di concentrazione riguardo a un compito da assolvere, è fondamentale gestire attentamente sia le distrazioni esterne sia quelle che emergono internamente, spesso scaturite dalla propensione naturale della nostra mente a divagare in modo autonomo.

È cruciale sottolineare che questa tendenza non deve essere necessariamente considerata negativa. È comune, per ognuno di noi, vivere momenti nei quali la mente si distrae nell’esecuzione di attività impegnative. Un breve intervallo può portare al riaffiorare di ricordi e pensieri che ci sottraggono, pur momentaneamente, alla nostra attività principale. Questo processo mentale non solo è naturale ma può anche arricchire il nostro pensiero e stimolare la creatività. Va notato che vagare con la mente non è da considerare alla stregua di un’interferenza dannosa, ma piuttosto come un fenomeno psicologico piuttosto comune.

Alcuni studiosi, come Van der Stigchel, suggeriscono che questa attività mentale di divagazione dovrebbe essere incoraggiata, specialmente in contesti in cui non è richiesta una concentrazione intensa. Ad esempio, quando ci troviamo in attesa in fila al supermercato, invece di optare per l’uso del cellulare o concentrarci su compiti secondari, il vagare con la mente può favorire una condizione momentanea di relax contribuendo così al nostro benessere mentale.

La mente libera può generare riflessioni profonde, connessioni inaspettate, e una pausa rigenerante prima di tornare a impegni più stringenti. Spesso le sfide legate alla concentrazione derivano principalmente da distrazioni esterne, che oggi sono più pervasive che mai. La presenza costante di stimoli, come le notifiche incessanti sul telefono cellulare, le schermate pop-up (che portano in media a controllare il cellulare circa 100 volte al giorno) e una miriade di spazi pubblicitari lampeggianti ovunque, rendono arduo mantenere una concentrazione prolungata.

Sebbene i nostri cervelli siano gli stessi che hanno guidato la rivoluzione da agricola a industriale, negli ultimi 200 anni circa, gli stimoli ambientali sono notevolmente mutati e aumentati. Niente di nuovo anche in questo se già Seneca, duemila anni fa, si lamentava di essere distratto da troppi stimoli. Questi nuovi stimoli, tuttavia, offrono anche la possibilità di controllare il nostro ambiente in modi precedentemente impensabili.

Affrontare le sfide della concentrazione non deve essere considerato come un problema insormontabile. Al contrario, può essere visto come un’opportunità di adattarsi e migliorare. Attraverso strategie mirate e consapevolezza dell’ambiente è possibile mitigare gli effetti distrattivi degli stimoli cui siamo soggetti e recuperare la capacità di concentrazione. In fondo, il problema non è intrinseco ma piuttosto legato al modo in cui gestiamo e interagiamo con l’abbondanza di stimoli a nostra disposizione.

Come minimizzare l’Utilizzo dei Social Media per Migliorare la Concentrazione?

Spesso, durante l’esecuzione di compiti che richiedono concentrazione, ci si rende conto che questa nostra preziosa risorsa sta diminuendo. In questo contesto, è consigliabile fare una pausa per rigenerare l’energia mentale. La domanda cruciale è: quale tipo di pausa è più efficace?

Una strategia consigliata è quella di ridurre al minimo le attività sui social media e tutte quelle interazioni che possono gravare pesantemente sulla nostra capacità di attenzione. Secondo lo psicologo cognitivo dell’Università di Utrecht, Van der Stigchel, una delle tecniche più redditizie è quella di uscire all’aperto e fare una passeggiata in un parco o in un ambiente che non richieda un carico eccessivo di attenzione.

Questo tipo di pausa permette al cervello di rilassarsi e ricaricarsi, preparandolo per un ritorno più efficace alla concentrazione richiesta dal lavoro.

Ma, cosa pensare del multitasking? Ne parleremo la prossima settimana.

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