Il Miele (parte terza)

Gli amanti, come le api, vivono nel miele


(Frase lasciata da un anonimo
nella Casa degli Amanti di Pompei)

L’Italia è in coda ai consumi pro-capite, 500 g annui a testa, contro la media europea che si attesta sui 650 g. Il consumo record, di circa 1.2 Kg a testa, si verifica in Germania, Francia e Grecia.

Perché ne consumiamo poco? Non certo per motivi medici…

Tuttavia, una precisazione è doverosa.

Il rapporto tra miele e diabete è insito nell’aggettivo mellito, “dolce come il miele”, in riferimento al sapore delle urine (un tempo non vi erano le analisi di laboratorio).

Per gli individui diabetici il miele può rappresentare una buona alternativa allo zucchero? Sostanzialmente la risposta è negativa. Il miele, essendo ricco di fruttosio, è più dolce dello zucchero, quindi come edulcorante può essere utilizzato a dosi inferiori.

Purtroppo però, essendo un alimento semiliquido, è dosabile con difficoltà.

Il miele è oltretutto ricco di vitamine, minerali ed altre sostanze utili per l’organismo mentre lo zucchero apporta calorie “vuote”, perché ricco di energia ma estremamente povero di micronutrienti.

Tuttavia molto simile è il quantitativo di zuccheri e calorie, elementi che devono essere attentamente valutati per il paziente diabetico, moderandone la quantità, in ragione del fatto che non conta solo la qualità dell’alimento (Indice Glicemico) ma anche il quantitativo ingerito (Carico Glicemico). I. G. del miele 55, saccarosio 61.

Le differenze nella risposta glicemica dell’organismo sono minime ed il miele va quindi consumato, da parte dei diabetici, con la stessa parsimonia dello zucchero.

Però, tralasciando i pazienti diabetici, al miele vanno riconosciute parecchie virtù. Produce 300 calorie/etto, contro i 400 del saccarosio, inoltre è di facile digeribilità e rapida assimilazione tanto che è considerato un integratore naturale per i soggetti sportivi.

La presenza di acqua rende il miele meno calorico dello zucchero, pregio non trascurabile nella stagione delle diete, specie in virtù del fatto che è dotato, altresì, di un superiore potere dolcificante. Ha solo il 18% di acqua, una quota proteica esigua derivata dai granuli di polline (0.6%), e, grazie all’alta concentrazione zuccherina, non necessita di trattamenti di conservazione.

Pur essendo un alimento che si preserva molto bene, si suggerisce di non prolungarne la conservazione oltre i due anni, al fine di evitare che perda le sue caratteristiche organolettiche.

Sul carrello dei formaggi il miele è oggi diventato un partner onnipresente, capace di smorzare i toni forti e di esaltarne gli aromi, soprattutto di quelli di capra e di pecora.

Propoli

Sostanza viscosa che le api raccolgono sulle gemme degli alberi, ricca di bioflavonoidi, galangina, apigenina, dal forte potere antimicrobico, nonché resine, cere, balsami.

Essa è prodotta alla fine della stagione di raccolta dei pollini, tra agosto ed ottobre, quando le api si preparano a fronteggiare l’inverno. In questo periodo ad alcune api bottinatrici viene affidato il compito di raccogliere la resina dai germogli di foglie e dalle cortecce di alcune specie di alberi; questa viene trasformata in propoli ed impiegata come materiale da costruzione e da difesa, per sigillare, proteggere e rinforzare gli alveari, ovvero si fissano i favi e si chiudono le fessure degli alveari. Con essa si “verniciano” le pareti interne dell’alveare, in particolare la camera della regina, che viene così disinfettata a dovere prima che inizi la deposizione delle uova.

Svariati test clinici hanno messo in evidenza il suo elevato potere antibatterico, antivirale ed antimicotico. L’attività antimicrobica è correlata alla concentrazione dei principi attivi, che però è estremamente variabile; è questa la ragione per cui diventa importante poter standardizzare i prodotti presenti in commercio. La propoli dimostra una buona attività antivirale di inibizione anche sui generi herpes simplex e alcuni virus respiratori.

Alla propoli vengono attribuite anche qualità antiallergiche, dovute alla combinazione di polline e principi attivi. La terapia prescritta in questi casi è di tipo “desensibilizzante”, cioè volta ad abituare gradualmente il sistema immunitario agli allergeni, in modo che, quando la stagione della fioritura libererà nell’aria grandi quantità di pollini, la reazione sarà meno intensa. Tuttavia è necessario porre molta attenzione alle percentuali di polline presenti nella propoli, perché, in base alla gravità della propria allergia e alle proporzioni tra i vari tipi di polline presenti, si può rischiare di andare incontro a reazioni allergiche indesiderate.

Non bisogna comunque somministrare propoli a bambini di età inferiore ai 3 anni.

Pappa reale.

Prodotto secreto dalle ghiandole faringee delle api nutrici, che hanno il compito di alimentare le larve dell’alveare durante i primi 3 giorni di vita. Solo quelle selezionate per diventare ape regina saranno alimentate con pappa reale per tutta la vita larvale.

La pappa reale contiene mediamente: 60-70% di acqua, un 12-15% di proteine, il 10-16% di zucchero, 3-6% di grassi, 2-3% di vitamine. La sua composizione varia a seconda della geografia e del clima.

La pappa reale va consumata di preferenza al mattino a digiuno, un po’ prima di colazione. E’ suggerito l’uso di pappa reale abbinata al miele, stemperandone la giusta quantità in un cucchiaino da minestra. L’utilizzo va ripetuto 2 o 3 volte all’anno per periodi di almeno 30 giorni a intervalli regolari.

Una nota di colore….

La tipica espressione “luna di miele” nasce da una particolare bevanda, definita “idromele” che nell’antichità veniva fatta bere agli sposi come augurio per propiziare l’arrivo di un figlio maschio.

La prossima settimana parliamo di estate.

Il Miele (parte seconda)

Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa,
c’è miele e latte sotto la tua lingua
e il profumo delle tue vesti
è come il profumo del Libano.
(Cantico dei Cantici)

Un po’ di storia

Le prime tracce di arnie costruite dall’uomo risalgono al sesto millennio a.C. Il miele era già conosciuto in Egitto, Mesopotamia, antica Babilonia e Grecia, ed era una componente importantissima dei riti che prevedevano offerte votive alle divinità.

Virgilio, il massimo poeta della latinità, tratta, nel quarto capitolo delle “Georgiche”, l’argomento dell’apicoltura. Il mondo delle api ha ispirato pagine sublimi della letteratura latina.

Società matriarcale

L’ape è un insetto estremamente evoluto ed è definito eusociale. Essa vive in una società ben strutturata, l’alveare, che è organizzato per caste, tre, ognuna delle quali presenta caratteristiche proprie e ha compiti ben differenziati e precisi: l’ape regina, i fuchi e le api operaie, tutte indispensabili per il mantenimento dell’equilibrio dell’alveare e per il suo corretto sviluppo.

La maggior parte delle api è di genere femminile, lo sono la regina e tutte le operaie.

Solo l’ape regina, la madre di tutte le api di un alveare, è feconda. L’alimentazione della regina è particolare: essa è l’unica che viene nutrita per tutta la vita con pappa reale. La sua speciale alimentazione non è responsabile solo del suo diverso aspetto, ma anche della sua longevità. Un’operaia vive circa 4 settimane durante la stagione produttiva e non più di 6 mesi durante l’inverno. La regina, in alcuni casi, può sopravvivere fino a 5 anni, anche se in media non supera i 2-3 anni.

I suoi compiti

L’ape regina, essendo l’unica femmina fertile, deve preoccuparsi solo della deposizione delle uova. Nel periodo di piena espansione dell’ alveare, può deporre fino a 2000 uova al giorno! Alcuni studi, poi, hanno dimostrato che l’ape regina sarebbe in grado di capire quando è necessario deporre più uova da fuco per mantenere in equilibrio la popolazione dell’intero alveare.

Accoppiamento e fecondazione

Quando una regina esce dalla sua cella, è “vergine” ovvero non fecondata e, in questa condizione , non sarebbe di alcun aiuto allo sviluppo della colonia. Tra il 5° e il 15° giorno dopo la sua nascita, essa inizia dei voli di perlustrazione all’esterno dell’alveare, che culminano nel cosiddetto “volo nuziale”, verso il luogo dove si concentrano i fuchi, per l’accoppiamento.

Si sa per certo che durante un volo nuziale, la regina si accoppia con più fuchi. Più alto è il numero di fuchi che la fecondano, maggiore sarà la costanza nel tempo dell’ovodeposizione, il che consentirà un’alta variabilità genetica all’interno dello stesso alveare, cosa questa importante per la sua sopravvivenza e salute.

I fuchi non escono indenni dall’accoppiamento. Una volta che questo è terminato, i loro organi genitali vengono letteralmente strappati e questo ne comporta la loro morte.

Le api sono sensibili ai campi elettromagnetici

Che si tratti di una società matriarcale laboriosa e organizzatissima è notorio. Un po’ meno si sa che le api sono un indicatore di qualità ambientale straordinariamente sensibile. Esperimenti condotti nell’università tedesca di Landau suggeriscono, ad esempio, che le api possano essere gravemente minacciate dalle onde elettromagnetiche dei cellulari. Gli insetti, secondo queste ricerche, rifiutano di rientrare negli alveari se nei paraggi si trovano ripetitori o congegni elettromagnetici.

Ritornando ad un argomento già affrontato nel precedente articolo è opportuno ribadire che non tutte le specie botaniche sono adatte alla produzione di miele. L’Italia è senz’altro uno dei paesi con la più grande varietà di miele uniflorale che, quando molto puro, ha caratteristiche organolettiche diversissime tra loro. Tuttavia si può trovare che un miele uniflorale sia inquinato da altre varietà che ne diluiscono le caratteristiche.

Alcuni tipi di miele, venduti al supermercato, restano sempre liquidi, ma questa loro caratteristica potrebbe dipendere dall’aver subito trattamenti come la fusione o la pastorizzazione ad alte temperature. Una volta scaldato a più di 45°C, il miele non formerà mai più cristalli; si tratta di un processo che danneggia la carica enzimatica del prodotto e dunque ne intacca le proprietà.

Ulteriori fattori che possono incidere sulla cristallizzazione del miele

Temperatura: se lo si conserva al freddo, a temperature inferiori ai 10°C, la cristallizzazione sarà più rapida. D’estate lo stesso tipo di miele si cristallizza meno che d’inverno. Incidono sulla cristallizzazione anche l’umidità e la presenza di impurità. Se l’umidità è compresa tra il 17 e il 19%, la formazione di cristalli sarà più lenta. Se ci sono impurità come cera, polvere o corpi estranei, essi si comporteranno come nuclei di cristallizzazione e dunque i cristalli si formeranno più facilmente. Da ricordare che il miele derivante da nettari in cui prevale il fruttosio cristallizza più lentamente, come il miele di melata.

Se per motivi di gusto non si ama il miele cristallizzato, si può sempre scaldarlo per far sciogliere i cristalli, ma in questo modo il miele perderà molti dei suoi micronutrienti.

Miele di melata

I principali mieli di melata prodotti in Italia sono quello di Metcalfa, che prende il nome dall’insetto, e la melata di abete, prodotta dai vari insetti presenti, appunto, solo sugli abeti. Questi tipi di miele sono molto densi e scuri, non sono particolarmente dolci e tendono a rimanere liquidi per molto tempo.

La melata di abete bianco porta a un miele eminentemente da tavola, abbinabile anche a formaggi, sia freschi sia stagionati.

La prossima settimana completeremo l’argomento miele.