Pianeta Donna IV

L’affermazione di Ruskin, che le donne sono migliori degli uomini,
è un fatuo complimento che deve provocare in loro un amaro sorriso,
giacché non si dà altra situazione nella società
nella quale si accetti che il migliore
debba essere soggetto al peggiore.
Rita Levi Montalcini

Differenze di genere e patologie.

La cura medica sarà ineccepibile quando nella ricerca non si considererà soltanto la norma, cioè l’uomo. Infatti, oltre alle inequivocabili differenze anatomiche, le differenze di “genere” hanno un peso non indifferente e, tra queste, sono da annoverare anche le attitudini, i valori, i comportamenti e l’ambiente sociale.

Quindi, se un farmaco non è specificamente testato sulle donne, non si potrà mai conoscere, se non a posteriori, ovvero nel periodo successivo alla sua commercializzazione, la sua reale efficacia e sicurezza.

Anche oggi, molte delle linee guida sono impostate su studi condotti prevalentemente su maschi adulti e questo, ovviamente, determina una minore appropriatezza della cura nelle donne rispetto agli uomini, con un rischio reale che queste ricevano terapie inadeguate.

A parziale giustificazione di questa “discriminazione” concorre più di un fattore: da quelli di tipo etico, suggeriti dalla preoccupazione di esporre a rischi di tossicità donne potenzialmente fertili, procurando danni ai tessuti fetali, a quelli collegati alla difficoltà di arruolamento e mantenimento delle donne negli studi clinici.

Si tratta di una difficoltà causata dalle continue variazioni dei parametri fisiologici della donna, dovuti, anche, alle fluttuazioni ormonali la cui ciclica complessità mal si adatterebbe ai modelli standard tradizionali degli studi sperimentali (la cosiddetta “variabilità femminile” è una chiara espressione della complessità della realtà clinica). Infine bisogna considerare la resistenza delle donne a partecipare a studi clinici, probabilmente dovuta anche alle difficoltà connesse al ruolo della donna nella società.

Disuguaglianze di genere sono tuttora presenti in svariati ambiti clinici e sono tanto più concrete quanto più è ridotto il livello di benessere sociale. È ampiamente dimostrato, infatti, che un disagio socioeconomico riduce la probabilità di sottoporsi ai controlli necessari e che il genere femminile ha meno accesso ai servizi sanitari rispetto a quello maschile.

Ad onor del vero, anche gli uomini possono essere svantaggiati in termini di salute, riguardo al loro genere. Ad esempio, in merito alla salute emotiva, è rilevante l’esempio della depressione, spesso causa di ideazione e comportamenti suicidari.

Il numero dei suicidi, nella maggior parte dei Paesi occidentali, compresa l’Italia, è maggiore tra gli uomini, probabilmente a causa di una più ridotta diagnosi di depressione nel campo maschile.

Le donne sono le maggiori consumatrici di farmaci. La loro più lunga aspettativa di vita si traduce in un maggior numero di donne tra la popolazione anziana, motivo questo per cui le donne si ammalano di più. Di conseguenza toccano loro anni di vita di minore benessere fisico, laddove gli uomini “guadagnano” anni di vita in salute.

Ulteriori fattori che determinano questo aumento nel consumo dei farmaci tra le donne sono imputabili alla maggiore prevalenza, tra di esse, di sintomatologie dolorose (emicrania, dolori muscoloscheletrici) e al fatto che le donne sono mediamente più povere (è ben nota la relazione inversa tra povertà e salute).

Inoltre. i profondi mutamenti del ruolo sociale della donna hanno fatto sì che essa abbia acquisito comportamenti “non sani”, come, ad esempio, l’abitudine al bere e al fumare. Nella donna, infine, è presente la tendenza a medicalizzare gli eventi fisiologici della vita (mestruazioni, gravidanza, menopausa) con un maggior ricorso al medico rispetto all’uomo.

La maggiore prevalenza d’uso dei farmaci nella popolazione femminile si traduce in un maggior rischio di sviluppare effetti avversi, anche in virtù di una maggiore sensibilità femminile ad essi. Ciò è dovuto anche al fatto che si possono riscontrare differenze sostanziali, tra uomo e donna, nella metabolizzazione dei farmaci.

È per questa serie di ragioni che il danno epatico da farmaci, patologia spesso presente, risulta in tutto il mondo più frequente nelle donne, specialmente in età giovanile. Anche nella malattia epatica da alcol emergono differenze tra uomini e donne. La maggiore suscettibilità della donna è dovuta ad una sua minore capacità di metabolizzazione dell’alcol, che diminuisce ulteriormente con l’aumentare dell’età e in relazione alla quantità di alcol assunto.

Nell’ ambito delle patologie, la donna è più esposta ai problemi di autoimmunità. Non si hanno in merito risposte definitive, si presume che l’iperattività dell’apparato immunitario femminile si correli all’atavica necessità , per le donne , di potenziare i meccanismi immunitari per proteggersi dalle infezioni collegate al parto. In pratica, l’evoluzione ha selezionato donne dotate di un sistema immunitario tenace per poter debellare efficacemente i microrganismi patogeni presenti, soprattutto, nella fase post-partum.

In questo senso, un ruolo preminente nella regolazione del sistema immunitario è espletato dagli estrogeni, che sono in grado di stimolare efficacemente la risposta contro i virus. Il testosterone, invece, esercita un potere antinfiammatorio che tende a rallentare le risposte difensive.

Un ruolo significativo spetta al cromosoma X, che ospita numerosi tratti del codice genetico deputati al controllo dei meccanismi di difesa dell’organismo. La presenza di un unico cromosoma X nel sesso maschile sembra essere una concausa delle immunodeficienze, molto più presenti, appunto, tra i maschi.

A voler semplificare, l’organismo femminile “accende” il sistema immunitario. Quello maschile lo sopprime.

La prossima settimana riporterò ulteriori esempi di differenze nell’ambito dei due generi per poi tornare a problematiche più consone al blog, ovvero di impronta nutrizionale.

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