Pubblicità e dieta

Vendere un prodotto senza fare pubblicità
è come ammiccare a una ragazza nel buio:
tu sai quello che stai facendo
ma nessun altro lo sa.
(Edgar Watson Howe)

Anni di lavoro sull’argomento mi hanno lasciato la convinzione, largamente diffusa in ambito scientifico, che sia irrazionale ed incongruo elaborare e proporre diete spersonalizzate, senza cioè tener conto delle particolarità del singolo soggetto.

Le diete elaborate in modo standardizzato non possono essere presentate come universalmente valide. Laddove una comunicazione commerciale dovesse proporre una dieta standard, essa dovrebbe, comunque, contenere un avvertimento al consumatore circa la necessità di verificare, con l’intervento di un medico o di un dietologo, se si tratti di una dieta adatta alle sue esigenze.

Gli integratori alimentari “dimagranti” devono, pertanto, essere scelti con grande attenzione. È bene sapere che non è ammissibile presentare i prodotti in questione come “dimagranti”. Il ruolo degli integratori finalizzati al controllo o alla riduzione del peso è al massimo quello di “coadiuvanti in diete ipocaloriche”.

Non si deve mai enfatizzare il concetto di dimagrimento come sinonimo di salute. Non è ammissibile il riferimento ad approvazioni o ad avalli scientifici. È necessario specificare, nel contesto dei messaggi, che l’uso dei prodotti in questione deve accompagnarsi ad un idoneo regime dietetico ipocalorico e ad un maggior livello di attività fisica, o evitando, comunque, comportamenti troppo sedentari.

La comunicazione commerciale degli integratori proposti per il controllo o la riduzione del peso non deve presentare diete spersonalizzate elaborate da esperti e proposte come universalmente valide. La stessa non deve avvalersi né di immagini né di testimonianze volte a confrontare la situazione precedente l’uso del prodotto con i risultati conseguiti. Le immagini del “prima” e del“dopo”, sono raramente affidabili.

La comunicazione deve evitare quantificazioni definitive dei risultati ottenibili in un determinato periodo di tempo (in termini di riduzione di peso, circonferenze e misure antropometriche, massa grassa, accumuli adiposi, ecc).

La promessa di far dimagrire velocemente. Salvo rarissimi casi, un dimagrimento troppo rapido è pericoloso per la salute. Di conseguenza, promettere perdite di peso in tempi brevi può non solo ingenerare attese sbagliate, ma anche indurre comportamenti scorretti.

La proposta non deve promettere risultati significativi in tempi rapidi e nemmeno traguardi ottenuti senza rinunce. L’impiego di un integratore finalizzato al controllo o alla riduzione del peso corporeo potrebbe avere un senso, e produrre effetti nella direzione voluta, solo nell’ambito di un regime dietetico che, per essere ipocalorico, comporta necessariamente delle rinunce (restrizione dell’introito energetico).

Contrasta con il principio di verità promettere risultati senza rinunce. Altre piccole avvisaglie, che dovrebbero indurre a stare “in campana” e diffidare: alcuni operatori poco affidabili potrebbero usare come forme di marketing il giudizio di fantomatici esperti stranieri oppure l’offerta di garanzia del risultato, magari garantendo il rimborso se non si perde il peso sperato. Decisamente da condannare l’illusoria e paradossale promessa di dimagrire nelle ore notturne , magari con l’uso di creme o indumenti speciali, il vanto di un generico “senza effetti collaterali” o “completamente naturale” e cose di questo genere.

Purtroppo, anche in natura, le sostanze pericolose non mancano. È ovviamente ingannevole l’affermazione che si possa perdere peso solo assumendo un certo prodotto, senza cambiare abitudini di vita (dieta e attività fisica). In questo tipo di comunicazione, inoltre, si deve evitare l’esplicita menzione di condizioni di peso “ideale”, linea “ideale” o simili. Questi messaggi non devono sottovalutare la delicatezza dell’argomento, in termini di comunicazione, rispetto alle psicopatologie alimentari. Tra l’altro, il concetto di peso “ideale” è stato ampiamente superato in quanto questo “parametro” si è dimostrato causa di errori terapeutici e di gravi malattie psicologiche.

Non si deve mai correlare l’accumulo di grasso con la ritenzione di liquidi né il peso corporeo con l’accumulo di gas intestinali. La comunicazione commerciale dei prodotti in questione non dovrebbe mettere in cattiva luce la dieta mediterranea ricca in carboidrati complessi. Infine, gli integratori propagandati per il controllo o la riduzione del peso possono vantare solo una generica azione coadiuvante, ma non rivendicare vantaggi, non dimostrati, che il loro impiego arrecherebbe ad eventuali sottogruppi particolari di soggetti con specifici problemi (ad esempio in merito alla fame nervosa, metabolismo lento, ecc.).

Un pianeta a sé stante è, poi, il campo minato dei social.

Affrontare l’argomento circoscrivendolo unicamente ai mezzi di comunicazione tradizionali, significa solo sfiorare il cuore del problema, perché è soprattutto il mondo dei social a essere il regno delle pratiche commerciali ingannevoli. Poiché si tratta di un settore delicato, nel quale la correttezza dell’informazione ha direttamente a che fare con la salute delle persone, dal momento che i messaggi possono indurre a comportamenti alimentari sbagliati, reputo opportuno che venga regolamentata anche la comunicazione degli “influencers”, come è già avvenuto in Francia.

Gli influencers spesso mascherano le finalità pubblicitarie dei contenuti che mettono in rete attraverso post, storie, video, balletti. Inoltre, sono soliti presentare i  prodotti e i servizi in un contesto tranquillizzante, manifestando il loro apprezzamento come se stessero dando consigli amichevoli o da esperti indipendenti, tutto questo sfruttando la buonafede dei “followers”.

Le regole ci sarebbero e già nel 2017 l’Antitrust è intervenuta spiegando che anche il marketing sui social deve conformarsi alle leggi in vigore e che “la pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale”. Al di là di aspetti sanzionatori, non certo di mia competenza, la mia idea è quella di sensibilizzare tempestivamente questi operatori sulla delicatezza dell’argomento trattato.

La prossima settimana parleremo in dettaglio dei cibi salutistici e delle definizioni in merito.

Integratori alimentari

La salute è quel qualcosa di intangibile
per cui la gente spende con riluttanza
il minimo indispensabile per mantenerla
ma per cui spenderebbe fino all’ultimo centesimo
per riconquistarla una volta che l’abbia perduta.
(Daniel Frake)

Provo ad estendere il discorso sugli integratori in senso lato, iniziando con una premessa.

Integratori si o no

Il primo quesito è: assumerli o no? Una volta chiarito questo, sarebbe poi da chiedersi: quando? Per quanto tempo prenderli?

Le sostanze necessarie alla nostra salute devono provenire da una dieta varia e completa. Gli integratori dovrebbero servire solo a completare la dieta, qualora essa, da sola, non bastasse. Se è vero che ogni vitamina e ogni minerale hanno precisi effetti ed indicazioni, è altrettanto vero che hanno le loro controindicazioni e potrebbero, perciò, risultare non adatte.

Non è consigliabile far da sé e scegliere quelle preparazioni in cui c’è “tutto”. Ogni indicazione specifica richiede elementi nutritivi precisi. Le integrazioni, pertanto, dovrebbero essere ammesse solo in certi periodi, per tempi brevi, e la loro assunzione non dovrebbe comunque mai essere a discapito della dieta. La supplementazione andrebbe in ogni caso limitata al tempo necessario a ritrovare l’equilibrio nutrizionale.

Per integratori si intendono quei “prodotti alimentari” destinati ad integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico. In particolare, ma non in via esclusiva, si tratta di aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in quantità pre-dosate. Sono pertanto considerati alimenti, non farmaci, e normati come tali, sebbene siano commercializzati sotto forma di capsule e pillole, polvere o in forma liquida. Sul tema, suggerisco sempre di prestare attenzione alle insidie della pubblicità.

Attenzione alla pubblicità

La pubblicità degli integratori alimentari non è sottoposta ad alcuna preventiva autorizzazione da parte del Ministero. È libera e sotto la responsabilità di chi ha posto in commercio il prodotto. Non si dovrebbe mai attribuire una qualche proprietà farmacologica a un integratore alimentare, ovvero, le affermazioni che fanno riferimento alla salute non devono essere mai riconducibili ad attività di cura e di modifica o miglioramento di condizioni patologiche. A tutela di quanto sopra detto, esiste un ente, lo Iap, Istituto di autodisciplina pubblicitaria, dotato di uno specifico codice.

In merito, attingendo alle fonti dello Iap, i punti salienti e incontrovertibili riguardo agli integratori sono:

  1. Evitare l’impiego di “personale di settore” (medici, farmacisti, dietologi, ecc.) che, grazie all’autorità e al credito riscosso presso il pubblico per il proprio ruolo professionale, potrebbe avallare una generale efficacia dei prodotti e diminuire il livello di critica nella scelta dei consumatori, in relazione alle proprie esigenze individuali, variabili da individuo a individuo.
  2. Non si dovrebbero mai citare eventuali approvazioni da parte di Società o Associazioni scientifiche.
  3. Non è consentito l’uso di espressioni quali “clinicamente testato”, oppure “test clinici dimostrano che…”, e simili, che potrebbero indurre in errore il destinatario del messaggio circa l’ambito e la portata degli studi effettuati e,comunque, circa la natura del prodotto pubblicizzato, attribuendogli proprietà terapeutiche o farmacologiche;
  4. Non è ammesso nemmeno riportare dati scientifici emersi da ricerche bibliografiche, condotte su uno o più dei costituenti del prodotto, mentre è consentita, a corredo delle affermazioni contenute nell’annuncio, la citazione circostanziata e veritiera dei risultati specifici di test di tollerabilità, o di efficacia, effettuati sui prodotti pubblicizzati. Il tutto a patto che si tratti di test effettuati secondo criteri e metodologie accettati dalla comunità scientifica. Per completare il filone degli integratori in senso lato, sarebbe poi da precisare che eventuali messaggi relativi a prodotti che dovessero vantare proprietà anti-età non devono indurre a sottovalutare il ruolo di un sano stile di vita con la conseguente rimozione dei fattori di rischio.
  5. Non si può, pertanto, attribuire al solo uso del prodotto l’effetto di prevenzione o di ritardo dell’invecchiamento.
  6. La comunicazione commerciale non può assolutamente indurre a credere che con un integratore sia possibile fronteggiare l’impotenza maschile. In quest’ambito non è infrequente incorrere in prodotti che millantano effetti stimolanti riguardo alle prestazioni fisiche e sessuali, il tutto rivolto, in particolare, al pubblico maschile. Talora, alcuni prodotti vengono addirittura proposti in alternativa ad un trattamento terapeutico.

Inoltre, tutti i messaggi dedicati agli integratori dovrebbero tener conto del ruolo coadiuvante che questi prodotti possono rivendicare, ruolo riconducibile ad effetti di tipo tonico, senza tuttavia indurre a sottovalutare l’esigenza di un controllo medico per una precisa valutazione della condizione di chi li assume e, dove necessario, di un corretto approccio terapeutico.

Un tempo, il rischio era che alcune aziende “diversamente ingenue” pagassero la solita multa, sovente di importo ridicolo, emessa a campagna pubblicitaria ormai cessata e a prodotto venduto, approfittando dell’ingenuità dei compratori, con l’aggravante di ricominciare, di lì a poco, con nuove campagne pubblicitarie e nuovi spots ingannevoli. Il mio messaggio vuole però essere incoraggiante.

Per fortuna in Italia, a vigilare perché quanto da me descritto non accada, c’è Federfarma e, da circa un anno, Integratori Italia, il settore degli integratori che fa parte dell’Associazione Unione Italiana Food e FederSalus, che rappresenta svariate aziende della filiera degli integratori alimentari, confluite in Unione Italiana Food. Il loro obiettivo dichiarato è quello di rafforzare la rappresentanza di una filiera di cui l’Italia è eccellenza assoluta, per produzione e consumi, che si chiama Integratori & Salute.

Pigliate ‘na pastiglia …

Mi concedo una pausa di riflessione su una considerazione collettiva talora quasi “dopante” riguardo a certi integratori. Vi è oggi una sorta di ricorso irrazionale al cibo-talismano, alla pillola per tutto. In effetti, se si vuole, ci sono pillole per tutti e per ogni circostanza.

Dietro l’ossessione da pillole spesso, però, si nasconde, in modo nemmeno tanto celato, un malessere della vita. Nella nostra società, nessuno vuole più accettare la sofferenza. Perfino l’ansia del parlare in pubblico, a volte, viene trattata ricorrendo ad un “aiuto”. Ma anche l’appuntamento con una ragazza può procurare un’ansia ingovernabile senza pillola. Per non parlare della paura di un rifiuto in quest’ambito, dell’ansia da prestazione, etc.

Così, di pastiglia in pastiglia, il confine tra normale e patologico sfuma. Il doping diventa abitudine, il farmaco quotidianità. A questo punto, da medico dietologo, mi son posto questa domanda. Perché non valorizzare il placebo, quella reazione psicochimica morbida in quanto endogena? Dei prodotti dimagranti, così come degli alimenti funzionali, parlerò nei prossimi articoli.